Finisce qui la Terza giornata e incomincia la
Quarta, nella quale, essendo re Filostrato, si tratta di coloro i cui amori
ebbero infelice fine.
QUARTA
GIORNATA – INTRODUZIONE
(La quarta giornata ha come
introduzione la difesa che il Boccaccio fa della sua opera. Infatti quando sono
state pubblicate le prime novelle, senza che l’opera fosse stata ancora
compiuta, si è sollevato un vero vespaio di critiche).
Carissime donne, protagoniste
indiscusse del mio lavoro, mi rivolgo a voi, affermando che non mi sarei mai
aspettato di provocare tanta invidia. Essa, di solito, colpiva solo le alte
torri e le alte cime degli alberi (gli autori di opere importanti). Le mie sono
soltanto “novellette” , da me scritte non solo in fiorentino volgare e in
prosa, ma anche in uno stile assai umile e dimesso, che non avrebbero dovuto,
assolutamente, suscitare tanto scalpore. Invece hanno ragione i saggi quando
dicono che solo la miseria è senza invidia sulla terra.
Alcuni hanno criticato le
“novellette” dicendo che a me piacciono troppo le donne e non è onesto che
voglia rallegrarle; altri, ancor peggio, che voglio addirittura lodarle ;
altri, ancora, hanno trovato sconveniente che, a quarant’anni, io vada dietro a
sciocchezze come il ragionar di donne o rendermi loro gradito, mentre sarebbe
più saggio dedicarmi alla poesia e cercare di guadagnarmi il pane. Infine,
altri mi hanno accusato di aver detto menzogne, perché le cose da me raccontate
sono andate diversamente. Tutto ciò viene detto per danneggiare la mia fatica.
Attaccato e lacerato da ogni parte
dai morsi dell’invidia, intendo rispondere in maniera leggera e garbata ai miei
denigratori per togliermeli dalle orecchie e voglio farlo subito. Infatti sono
solo alla terza giornata, ad un terzo della mia fatica ,ed ho già tanti
oppositori che quando giungerò alla fine
saranno moltiplicati, in modo che non potrò sconfiggerli assolutamente.
Ma ,prima di rispondere a coloro
che mi criticano, in mia difesa, voglio raccontare non una novella intera, per
non mescolarmi con i narratori del gruppo, ma una piccola parte di un racconto
incompiuto e , perciò, di gran lunga inferiore a quelli raccontati dall’allegra
brigata.
Viveva a Firenze, diverso tempo
addietro, un uomo chiamato Filippo Balducci, di umili origini, ma ricco e ben
avviato, che aveva una moglie che molto amava, ricambiato.
Avvenne che la donna morì,
lasciandolo con un figlioletto di due anni.
Filippo, non riuscendo a consolarsi
per la morte della moglie, decise di allontanarsi dal mondo e di dedicarsi al
servizio di Dio, insieme col figlio.
Date tutte le ricchezze in
elemosina, se ne andò sopra il monte Asinaio (Senario). Lì si mise col figlio
in una piccola grotta, vivendo di elemosine, di preghiere e di digiuni.
Cresceva il figlio senza fargli
vedere alcuna cosa mondana che potesse distrarlo e gli parlava sempre di Dio e
dei Santi, insegnandogli soltanto le preghiere. In tal modo lo tenne per molti
anni nella grotta senza farlo mai uscire.
Qualche volta Filippo andava a
Firenze per incontrarsi con i suoi benefattori.
Un giorno il figlio, che aveva
ormai diciotto anni, gli chiese di condurlo a Firenze per fargli conoscere gli
amici suoi e di Dio. Disse anche che, essendo giovane, in caso di necessità,
poteva ,in seguito ,andare lui a Firenze, mentre il padre, anziano, poteva
rimanere nella cella.
L’uomo, pensando che il figlio era
ormai grande e abituato a servire Dio, lo condusse con sé.
Giunti a Firenze, il giovane,
vedendo i palazzi, le case, le chiese, molto si meravigliò e fu preso da una
grande curiosità. Mentre camminavano, si imbatterono in un gruppo di donne
giovani e belle che venivano da una festa di nozze. Il giovane chiese al padre
chi fossero e il padre rispose che erano una cosa cattiva.
Alla domanda del figlio “Come si
chiamano” ,rispose “Elle si chiamano papere”. La curiosità del giovane non si
placò, anzi egli chiese ,insistentemente, al padre di portarsi nella loro cella
quelle papere. Aggiunse che le avrebbe imbeccate, che non aveva mia visto una
cosa così piacevole e che quelle erano belle come gli angeli dei dipinti che,
poco prima , gli aveva mostrato.
Il vecchio rispose “Non voglio; tu
non sai come si imbeccano” e si pentì amaramente di averlo condotto a Firenze.
A questo punto, lascio sospesa la
novella e continuo la mia difesa affermando che i miei denigratori ritengono
che mi dia troppo da fare per piacere
alle donne e che le donne mi piacciono.
Confesso apertamente che ciò è vero
e, se la loro bellezza e la loro leggiadria colpì un giovane eremita che non le
aveva mai viste, come ciò non doveva avvenire a me che ,fin da fanciullo, avevo
provato la dolcezza degli amori giovanili.
Mi possono rimproverare solo coloro
che non provano gli stimoli naturali dell’amore e di questi mi curo poco.
Quelli che mi criticano non sanno che anche gli anziani, con i capelli bianchi,
sentono ancora gli impulsi amorosi. Ne sono testimoni Guido Cavalcanti, Dante
Alighieri, Cino da Pistoia che, anche da vecchi, desiderarono essere graditi
alle donne. E ,se non mi allontanassi troppo dall’argomento da trattare, potrei
portare ancora molti esempi di uomini antichi e valorosi che nell’antichità
vollero compiacere alle donne.
E se devo stare con le Muse del
Parnaso, anche le Muse sono donne e mi hanno aiutato a comporre quei mille
versi, scritti in gioventù. Inoltre, pur scrivendo cose umilissime, non mi
allontano né dal monte Parnaso, né dalle Muse. E, nel passato, con le loro
favole, i poeti vissero fino a tarda età, mentre molti, che cercavano le
ricchezze, morirono giovani.
Riguardo, poi , a quelli che mi
accusano di alterare la realtà, li
invito a portare prove concrete ,e ,se ho mentito, mi correggerò, in caso
contrario, continuerò senza curarmi di loro.
Avendo già risposto abbastanza,
procederò volgendo le spalle al vento che soffia, con l’aiuto di Dio e delle
gentilissime donne.
Il vento della calunnia, a volte,
spirando come un turbine, non smuove la polvere, altre, se la smuove e la porta
in alto sopra le teste degli uomini, sulle corone dei re e degli imperatori,
sopra i palazzi e le alte torri, aumenta la fama di chi è calunniato.
Se già ero intenzionato a
compiacere le donne, dopo le calunnie lo sarò ancora di più, perché opero
seguendo le leggi della natura. Perciò tacciano gli invidiosi e i calunniatori,
che, se non si sanno riscaldare muoiano assiderati e mi lascino in pace.
Ma, poiché abbiamo molto divagato,
ormai è tempo di ritornare al punto da cui siamo partiti e riprendere l’ordine
della narrazione già cominciato.
Già era giorno e le stelle erano
scomparse, quando Filostrato fece andare tutta la brigata in giardino, poi
pranzarono, si riposarono ed, infine ,si posero tutti a sedere vicino alla
bella fontana, e ,su suo ordine , Fiammetta cominciò a raccontare.
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RispondiEliminasiete molto bravi a parafrasare siete per caso studenti dell'università?
RispondiEliminaComplimento
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