giovedì 1 maggio 2014

FINE TERZA GIORNATA - QUARTA GIORNATA - INTRODUZIONE

 Finisce qui la Terza giornata e incomincia la Quarta, nella quale, essendo re Filostrato, si tratta di coloro i cui amori ebbero infelice fine.




















 QUARTA GIORNATA – INTRODUZIONE

(La quarta giornata ha come introduzione la difesa che il Boccaccio fa della sua opera. Infatti quando sono state pubblicate le prime novelle, senza che l’opera fosse stata ancora compiuta, si è sollevato un vero vespaio di critiche).
Carissime donne, protagoniste indiscusse del mio lavoro, mi rivolgo a voi, affermando che non mi sarei mai aspettato di provocare tanta invidia. Essa, di solito, colpiva solo le alte torri e le alte cime degli alberi (gli autori di opere importanti). Le mie sono soltanto “novellette” , da me scritte non solo in fiorentino volgare e in prosa, ma anche in uno stile assai umile e dimesso, che non avrebbero dovuto, assolutamente, suscitare tanto scalpore. Invece hanno ragione i saggi quando dicono che solo la miseria è senza invidia sulla terra.
Alcuni hanno criticato le “novellette” dicendo che a me piacciono troppo le donne e non è onesto che voglia rallegrarle; altri, ancor peggio, che voglio addirittura lodarle ; altri, ancora, hanno trovato sconveniente che, a quarant’anni, io vada dietro a sciocchezze come il ragionar di donne o rendermi loro gradito, mentre sarebbe più saggio dedicarmi alla poesia e cercare di guadagnarmi il pane. Infine, altri mi hanno accusato di aver detto menzogne, perché le cose da me raccontate sono andate diversamente. Tutto ciò viene detto per danneggiare la mia fatica.
Attaccato e lacerato da ogni parte dai morsi dell’invidia, intendo rispondere in maniera leggera e garbata ai miei denigratori per togliermeli dalle orecchie e voglio farlo subito. Infatti sono solo alla terza giornata, ad un terzo della mia fatica ,ed ho già tanti oppositori che  quando giungerò alla fine saranno moltiplicati, in modo che non potrò sconfiggerli assolutamente.
Ma ,prima di rispondere a coloro che mi criticano, in mia difesa, voglio raccontare non una novella intera, per non mescolarmi con i narratori del gruppo, ma una piccola parte di un racconto incompiuto e , perciò, di gran lunga inferiore a quelli raccontati dall’allegra brigata.
Viveva a Firenze, diverso tempo addietro, un uomo chiamato Filippo Balducci, di umili origini, ma ricco e ben avviato, che aveva una moglie che molto amava, ricambiato.
Avvenne che la donna morì, lasciandolo con un figlioletto di due anni.
Filippo, non riuscendo a consolarsi per la morte della moglie, decise di allontanarsi dal mondo e di dedicarsi al servizio di Dio, insieme col figlio.
Date tutte le ricchezze in elemosina, se ne andò sopra il monte Asinaio (Senario). Lì si mise col figlio in una piccola grotta, vivendo di elemosine, di preghiere e di digiuni.
Cresceva il figlio senza fargli vedere alcuna cosa mondana che potesse distrarlo e gli parlava sempre di Dio e dei Santi, insegnandogli soltanto le preghiere. In tal modo lo tenne per molti anni nella grotta senza farlo mai uscire.
Qualche volta Filippo andava a Firenze per incontrarsi con i suoi benefattori.
Un giorno il figlio, che aveva ormai diciotto anni, gli chiese di condurlo a Firenze per fargli conoscere gli amici suoi e di Dio. Disse anche che, essendo giovane, in caso di necessità, poteva ,in seguito ,andare lui a Firenze, mentre il padre, anziano, poteva rimanere nella cella.
L’uomo, pensando che il figlio era ormai grande e abituato a servire Dio, lo condusse con sé.
Giunti a Firenze, il giovane, vedendo i palazzi, le case, le chiese, molto si meravigliò e fu preso da una grande curiosità. Mentre camminavano, si imbatterono in un gruppo di donne giovani e belle che venivano da una festa di nozze. Il giovane chiese al padre chi fossero e il padre rispose che erano una cosa cattiva.
Alla domanda del figlio “Come si chiamano” ,rispose “Elle si chiamano papere”. La curiosità del giovane non si placò, anzi egli chiese ,insistentemente, al padre di portarsi nella loro cella quelle papere. Aggiunse che le avrebbe imbeccate, che non aveva mia visto una cosa così piacevole e che quelle erano belle come gli angeli dei dipinti che, poco prima , gli aveva mostrato.
Il vecchio rispose “Non voglio; tu non sai come si imbeccano” e si pentì amaramente di averlo condotto a Firenze.
A questo punto, lascio sospesa la novella e continuo la mia difesa affermando che i miei denigratori ritengono che  mi dia troppo da fare per piacere alle donne e che le donne mi piacciono.
Confesso apertamente che ciò è vero e, se la loro bellezza e la loro leggiadria colpì un giovane eremita che non le aveva mai viste, come ciò non doveva avvenire a me che ,fin da fanciullo, avevo provato la dolcezza degli amori giovanili.
Mi possono rimproverare solo coloro che non provano gli stimoli naturali dell’amore e di questi mi curo poco. Quelli che mi criticano non sanno che anche gli anziani, con i capelli bianchi, sentono ancora gli impulsi amorosi. Ne sono testimoni Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Cino da Pistoia che, anche da vecchi, desiderarono essere graditi alle donne. E ,se non mi allontanassi troppo dall’argomento da trattare, potrei portare ancora molti esempi di uomini antichi e valorosi che nell’antichità vollero compiacere alle donne.
E se devo stare con le Muse del Parnaso, anche le Muse sono donne e mi hanno aiutato a comporre quei mille versi, scritti in gioventù. Inoltre, pur scrivendo cose umilissime, non mi allontano né dal monte Parnaso, né dalle Muse. E, nel passato, con le loro favole, i poeti vissero fino a tarda età, mentre molti, che cercavano le ricchezze, morirono giovani.
Riguardo, poi , a quelli che mi accusano di alterare la realtà,  li invito a portare prove concrete ,e ,se ho mentito, mi correggerò, in caso contrario, continuerò senza curarmi di loro.
Avendo già risposto abbastanza, procederò volgendo le spalle al vento che soffia, con l’aiuto di Dio e delle gentilissime donne.
Il vento della calunnia, a volte, spirando come un turbine, non smuove la polvere, altre, se la smuove e la porta in alto sopra le teste degli uomini, sulle corone dei re e degli imperatori, sopra i palazzi e le alte torri, aumenta la fama di chi è calunniato.
Se già ero intenzionato a compiacere le donne, dopo le calunnie lo sarò ancora di più, perché opero seguendo le leggi della natura. Perciò tacciano gli invidiosi e i calunniatori, che, se non si sanno riscaldare muoiano assiderati e mi lascino in pace.
Ma, poiché abbiamo molto divagato, ormai è tempo di ritornare al punto da cui siamo partiti e riprendere l’ordine della narrazione già cominciato.

Già era giorno e le stelle erano scomparse, quando Filostrato fece andare tutta la brigata in giardino, poi pranzarono, si riposarono ed, infine ,si posero tutti a sedere vicino alla bella fontana, e ,su suo ordine , Fiammetta cominciò a raccontare.







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