giovedì 24 aprile 2014

TERZA GIORNATA - CONCLUSIONE

TERZA GIORNATA – CONCLUSIONE

Dopo che Dioneo ebbe finito la sua novella, seguita da molte risate, La regina (Neifile) si tolse la corona dal capo e la pose, allegramente, sulla testa di Filostrato, aggiungendo che bisognava vedere se il lupo guidava meglio le pecore di come le pecore avevano guidato i lupi.
Ridendo il giovane rispose che, se gli si fosse dato ascolto, i lupi avrebbero insegnato alle pecore a mettere il Diavolo in Inferno non peggio di come aveva fatto Rustico con Alibech, ma i giovani non erano lupi e le donne, lì presenti, non erano pecore.
Neifile e Filostrato continuarono per un po’ a scambiarsi battute frizzanti.
Poi, il giovane, tralasciando il motteggiare, chiamò il maggiordomo per sapere come stavano le cose.
Quindi, rivolto alle donne, precisò che le novelle della quarta giornata avrebbero trattato “di coloro i cui amori ebbero infelice fine”. La scelta di quella materia era dovuta al fatto che Filostrato era sempre stato soggetto all’Amore, ma i suoi amori erano sempre finiti male, e cosi  temeva che sarebbe andata fino alla morte, come, appunto, diceva il suo nome “Filostrato”, cioè prostrato (abbattuto dall’amore).
Alzatosi in piedi, licenziò tutti fino all’ora di cena.
Il giardino era bello, il sole era tiepido e molti si misero ad inseguire i caprioli.
Dioneo e la Fiammetta cantavano, Filomena e Panfilo giocavano a scacchi; chi faceva una cosa ,chi un’altra, finché non venne l’ora di cena. Messe le tavole intorno alla fontana, tutti cenarono con gran piacere.
Filostrato, come già avevano fatto le regine che lo avevano preceduto, comandò a Lauretta di danzare e di cantare una canzone. E Lauretta cominciò a cantare una canzone triste e patetica che bene si adattava alla malinconia della sera e al motivo dominante della quarta giornata, in cui si sarebbe trattato degli amori che ebbero infelice fine.
La ballata era il lamento di una fanciulla malinconica che ,rimasta vedova, sposò in seconde nozze un giovane geloso che la teneva prigioniera di uno solo, lei che era venuta al mondo per la gioia di molti. La donna si pentiva del matrimonio e rimpiangeva il suo primo amante, che non poteva dimenticare.
La canzone di Lauretta fu interpretata diversamente dai presenti. Alcuni, alla milanese ,con senso pratico, ritennero che era meglio un buon porco che una bella ragazza, altri intesero con maggiore intelligenza.
Terminata la canzone, Filostrato fece portare molte grosse candele per illuminare la notte. I canti continuarono fin dopo la mezzanotte, poi, su comando del re, ciascuno ritornò nella sua stanza.







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