domenica 24 gennaio 2016

DECIMA GIORNATA - CONCLUSIONE

DECIMA GIORNATA – CONCLUSIONE

La novella di Dioneo era finita e le donne ne avevano molto discusso, chi dicendo una cosa, chi un’altra, lodando o biasimando una cosa o un’altra.
Il re ,levato il viso verso il cielo, vide che il sole stava tramontando ed era l’ora del vespro. Senza alzarsi, disse “ O eleganti donne, conoscete bene che dagli uomini sapienti è stimato grande senno non solo ricordare le cose passate o conoscere le presenti, ma prevedere le cose future.
Come voi sapete, domani saranno quindici giorni che noi uscimmo da Firenze per poter prendere ristoro e salvarci la vita, fuggendo le malinconie, i dolori e le angosce, che affliggono la nostra città ,da quando è scoppiata la peste. A mio parere, abbiamo agito onestamente, sebbene siano state narrate novelle liete e che spingevano al piacere e si sia mangiato, bevuto, suonato e cantato( cose tutte che avrebbero potuto spingere le menti deboli a cose poco oneste). Nessuna azione, nessuna parola, nessuna cosa da biasimare da parte vostra e nostra è stata detta o fatta. Mi è sembrato di vedere e sentire onestà, concordia, amicizia fraterna; il che mi ha dato grande gioia. Perciò, affinché lo stare troppo tempo insieme non si trasformi in fastidio e nessuno possa criticare il nostro dimorare insieme troppo a lungo, avendo tutti noi avuto l’onore di reggere la compagnia, onore che io ancora esercito, ritengo opportuno, se siete d’accordo, di ritornare là da dove partimmo.
Questo eviterà che la nostra brigata, di cui intorno si è sentita notizia, possa aumentare così da toglierci ogni gioia. Dunque, se approvate, conserverò la corona donatami fino alla nostra partenza, fissata da me per domani mattina. Se poi deciderete diversamente, già so chi devo incoronare per il giorno seguente.”.
Dopo molte discussioni tra le donne e i giovani, tutti decisero di fare ciò che il re aveva proposto.
Il re, allora, chiamato il siniscalco, stabilì con lui cosa dovesse fare per la mattina seguente.
Poi, licenziata la brigata fino all’ora di cena, si alzò in piedi. Anche le donne e gli altri si alzarono e fecero vari giochi per divertirsi.
Venuta l’ora di cena, pranzarono allegramente. Dopo cena cominciarono a suonare e a cantare.
Mentre la Lauretta danzava, il re comandò alla Fiammetta di cantare una canzone.
E Fiammetta cominciò a cantare la canzone della gelosia dicendo :
Se l’amore venisse senza gelosia
io sarei la donna più lieta del mondo.
Se la giovinezza di un bell’amante
deve appagare una donna,
o il valore o il coraggio o la prodezza
o il senno, la nobiltà, l’eloquenza raffinata,
o le imprese compiute,
io sono colei che, essendo innamorata,
vedo tutte queste virtù nel mio amore.
Ma, siccome penso che
altre donne sono sagge come me,
tremo di paura
e credo al peggio:
ritengo che le altre desiderino
colui che mi ha rapito l’anima.
E così colui che è la mia somma fortuna
mi fa, sconsolata,
sospirare molto e vivere male.
Se io sentissi che il mio signore è fedele
quanto è valoroso,
non sarei gelosa:
ma si vedono tante donne
che invitano ad amare,
che io ritengo colpevoli tutti gli uomini.
Questo mi addolora e morirei volentieri,
e sospetto di chiunque lo guardi
e temo che me lo porti via.
In nome di Dio, dunque, prego
ciascuna donna che non
mi rechi questa offesa;
perché, se ve ne sarà alcuna
che con le parole, i cenni e le dolcezze
mi procurerà questo dolore,
se lo saprò, possa essere sfregiata,
se non le farò piangere
amaramente tale follia.


Come la Fiammetta ebbe finito la canzone, Dioneo, che le era al lato, ridendo, le chiese di far conoscere a tutte il suo amante, in modo da evitare che qualcuna potesse tentarlo, ignorando che apparteneva a lei.
Dopo di ciò, cantarono anche le altre, fino a metà notte, poi tutti andarono a riposare.
Come apparve il nuovo giorno, avendo il siniscalco già mandato via ogni loro bagaglio, ritornarono a Firenze, guidati dal loro re.
I tre giovani lasciarono le sette donne in Santa Maria Novella, da dove erano partiti, dopo averle salutate, e si dedicarono ad altre attività.
Le donne, quando piacque loro, se ne tornarono alle proprie case.










sabato 9 gennaio 2016

DECIMA GIORNATA - NOVELLA N.10

DECIMA GIORNATA – NOVELLA N.10

Il marchese di Salluzzo, costretto dalle preghiere dei suoi uomini a prender moglie, per prenderla di suo gusto , sceglie la figliuola di un contadino da cui ha due figli, i quali le fa credere di aver ucciso. Poi le dice di non amarla più e di aver preso un’altra moglie, portandole in casa la propria figliuola come se fosse sua moglie. Avendola cacciata di casa in camicia, vede che ella sopporta ogni cosa con pazienza. Per questo la riprende in casa più cara che mai, le mostra i suoi figli ,ormai grandi, e come marchesa la onora e la fa onorare.

Finita la lunga novella, che era piaciuta a tutti, Dioneo, ridendo, disse che il buon uomo che aspettava la notte seguente per far abbassare la coda ritta del fantasma, avrebbe pagato pochi soldi per tutte le lodi che esse rivolgevano a messer Torello.
Poi, dato che toccava solo a lui raccontare, cominciò dicendo che, come a lor tutte era chiaro, quel giorno era stato dedicato a re, a sultani e a gente di quel genere. Non si sarebbe, dunque, allontanato di molto perché voleva parlare di un marchese, non per la di lui magnificenza, ma per la sua matta bestialità.
Anche se , alla fine, la vicenda si concluse per il meglio, non consigliava a nessuna di loro di seguire quell’esempio.
Molto tempo prima, tra i marchesi di Salluzzo, vi fu ,come capofamiglia, un giovane chiamato Gualtieri.
Costui, essendo senza moglie e senza figli, spendeva il suo tempo nell’andare a caccia di uccelli e di altri animali, né aveva alcuna intenzione di prender moglie e si riteneva per questo molto saggio.
I suoi sudditi più volte lo pregarono di ammogliarsi, affiché egli non rimanesse senza eredi e loro senza signore.
Si offrirono di trovargliene una che discendesse da padre e madre di nobili origini, che potesse accontentarlo.    
Ad essi Gualtieri rispose che era ben deciso a non prendere mai moglie, per timore di potersi imbattere in una donna non adatta a lui. Il dire che gli avrebbero scelto una donna che avesse come garanzia i costumi del padre e della madre, non lo rassicurava perché quella era una sciocchezza. Infatti, spesso, le figliuole erano dissimili dai padri e dalle madri.Li voleva accontentare, ma voleva scegliere una moglie che gli piacesse, in modo che, se le cose fossero andate male, doveva prendersela solo con sé stesso.
Aggiunse che voleva trovarsela egli stesso e che la sua sposa doveva essere onorata da tutti loro.
I suoi uomini risposero che erano contenti, l’importante era che prendesse moglie.
Già da tempo erano piaciuti a Gualtieri i costumi di una povera giovinetta, che abitava in un villaggio vicino a casa sua. Gli sembrò molto bella e ritenne che con lei avrebbe vissuto una vita felice.
Decise, quindi, di volerla sposare e, fattosi chiamare il padre, che era poverissimo, si accordò di prenderla in moglie. Fatto ciò, radunò tutti i suoi amici e disse loro che stava per soddisfare il loro desiderio.
Gli avevano promesso che sarebbero stati contenti ed avrebbero onorato qualsiasi donna avesse scelto. Era giunto il momento per lui di mantenere la sua promessa ed anche per loro.
Aveva trovato una giovane che gli piaceva lì vicino, intendeva prenderla in moglie e portarla a casa di lì a poco.
Pensassero loro a preparare una bella festa di nozze per poterla ricevere con onore, in modo che fossero tutti soddisfatti di aver rispettato le promesse fatte.
I suoi sudditi, ben lieti,assicurarono che avrebbero rispettato e onorato la moglie del loro signore.
Poi tutti si misero a preparare le nozze, fastose e ricche,invitando i loro amici, i parenti e gli altri gentiluomini del luogo. Lo stesso fece Gualtieri ,che fece ,inoltre, cucire ricchi abiti, provandoli su una giovane che fisicamente gli sembrava che somigliasse alla giovinetta che stava per sposare.
Oltre a ciò, predispose cinture e anelli e una ricca e bella corona e tutto ciò che si addiceva ad una novella sposa.
Giunto il giorno fissato per le nozze, Gualtieri verso le otto di mattina montò a cavallo insieme con alcuni che erano venuti ad onorarlo e, avendo organizzato ogni cosa, disse” Signori, è giunto il momento di andare a prendere la novella sposa”.
Si misero in viaggio e, dopo poco, giunsero alla villetta.
Nei pressi della casa del padre trovarono la giovane che tornava dalla fonte con l’acqua, in gran fretta per andare a vedere la sposa di Gualtieri.
Come il gentiluomo la vide ,la chiamò per nome, cioè Griselda, e domandò dove fosse il padre. Ella, timidamente, rispose che era in casa.
Gualtieri, entrato in casa, trovò il padre di lei, che si chiamava Giannucolo, e gli disse “ Sono venuto per sposare la Griselda, ma prima le voglio fare alcune domande, in tua presenza”.
Le chiese se, una volta diventata sua moglie, si impegnava a compiacerlo, a non turbarsi per qualunque cosa egli dicesse o facesse ,ad essere sempre obbediente ed altre cose simili.
Allora Gualtieri ,presala per mano, la condusse fuori, alla presenza di tutta la sua compagnia, la fece spogliare ignuda e rapidamente le fece vestire e calzare con gli abiti che aveva fatto fare, e sui capelli, spettinati com’erano, fece mettere la corona.
A tutti , che lo osservavano stupiti, spiegò che quella era la donna che aveva scelto come moglie, se ella lo voleva come marito.
Poi, rivolto a lei, che se ne stava vergognosa ed incerta, le disse “ Griselda, mi vuoi come marito?”.
Ed ella rispose “ Signor mio, si”.
Ed egli disse “ Ed io voglio te per mia moglie”. Ed in presenza di tutti la sposò.
La fece montare su un cavallo e la condusse a casa, dove fu fatta una festa di nozze ricca e bella, come se fosse stata la figlia del re di Francia.
La giovane sposa mutò con gli abiti anche l’animo e i costumi.
Oltre che bella divenne anche attraente, piacevole e garbata, tanto che non sembrava essere stata figlia di Giannicolo e guardiana di pecore, ma piuttosto la figlia di un nobile signore.
Ciò faceva meravigliare ogni uomo che l’aveva conosciuta prima.
Inoltre era servizievole e obbediente al marito, tanto che egli si riteneva il più contento e appagato uomo del mondo.
Anche verso i sudditi del marito era tanto garbata e gentile che non c’era nessuno che non l’amasse e la onorasse, pregando per la sua salute.
Tutti, mentre prima dicevano che il loro signore era stato poco saggio a prenderla in moglie, ora lo ritenevano molto saggio perché aveva saputo vedere le grandi virtù della donna, nascoste sotto i poveri panni e l’abito contadino.
In breve, Griselda seppe conquistarsi l’affetto e la stima di tutti i sudditi.
Non molto dopo le nozze ella ingravidò e partorì una bambina, con grande gioia di Gualtieri.
Poco dopo , il marchese ebbe uno strano pensiero; volle provare con cose intollerabili la pazienza della moglie.
Dapprima la ferì con parole, dicendole che i sudditi non erano contenti di lei per la sua umile condizione, perché generava figli di umile origine, che erano scontenti della figlia che era nata e mormoravano continuamente.
Udendo quelle parole, la donna, senza cambiare espressione o buone intenzioni, disse “ Signor mio, fa di me quello che ritieni più onorevole per te e ti dia più consolazione; io sarò contenta ben sapendo che sono inferiore a loro e non sono degna dell’onore che mi facesti”.
Gualtieri apprezzò molto quella risposta, vedendo che la moglie non si era insuperbita per la condizione ,cui era stata elevata.
Poco tempo dopo disse alla moglie che i sudditi non potevano sopportare la fanciulla nata da lei e le mandò un servo che, con viso molto triste, le disse “ Madonna, il mio signore mi ha comandato di prendere la vostra figliuola per………” e più non aggiunse.
La donna, udendo le parole ,vedendo il viso del servitore e ricordando le promesse da lui fatte, comprese che al servo era stato ordinato di uccidere la figlia.
Prese la bimba dalla culla, la baciò, la benedisse e, sebbene sentisse nel cuore un gran dolore, senza cambiare espressione del viso, la pose in braccio al servitore ,dicendogli “Tieni, fa ciò che il tuo signore ti ha ordinato, ma evita che le bestie e gli uccelli la divorino, a meno che egli non te lo abbia ordinato”.
Il servitore prese la bimba e riferì la risposta la risposta a Gualtieri che si meravigliò per la forza d’animo della moglie.
Il signore mandò il servo con la piccola a Bologna da una parente a cui l’affidò perché la crescesse e la educasse come se fosse sua figlia.
In seguito la moglie ingravidò di nuovo e, a tempo debito, partorì un figlio maschio, che fu molto caro a Gualtieri.
Non soddisfatto di quello che aveva fatto, con maggire crudeltà colpì la donna e le disse “ Donna, dopo che partoristi questo figlio maschio, non ho potuto più vivere con i miei uomini ,perché essi si rammaricano che dopo di me debba divenire loro signore un nipote di Giannucolo. Di questo mi preoccupo e ritengo che, se non voglio essere cacciato, mi convenga fare ciò che feci l’altra volta e alla fine lasciare te e prendere un’altra moglie”.
La donna, pazientemente, l’ascoltò e rispose soltanto che egli doveva fare quello che riteneva di suo gradimento, senza preoccuparsi di lei, a cui stavano a cuore solo le cose che piacevano a lui.
Poco dopo Gualtieri, come aveva mandato a prendere la figlia, mandò a prendere il figlio, e, facendole credere di averlo ucciso, lo mandò a Bologna per farlo crescere, come aveva fatto con la bambina.
La donna si comportò come aveva fatto per la figlia, senza mutare espressione, né aggiungere altre parole.
Il marito si meravigliava molto della cosa, pensando che nessuna donna poteva fare quello che la moglie faceva. Sapeva che era saggia e affezionatissima ai figli, fino a che egli glielo permetteva, altrimenti avrebbe pensato che non gliene importava niente.
I suoi sudditi credendo che il signore avesse fatto uccidere i suoi figli ,lo biasimarono molto , lo ritennero un uomo crudele e avevano grandissima compassione per la donna.
Ella, con le donne che si dolevano con lei per la morte dei figli, disse soltanto che a lei piaceva ciò che piaceva a colui che li aveva generati.
Passati diversi anni dalla nascita della fanciulla, a Gualtieri sembrò fosse giunto il momento di provare ancora una volta le capacità di sopportazione della moglie.
Con i suoi sudditi disse che non poteva più tollerare di avere per moglie Griselda, che aveva sbagliato nello sposarla e voleva chiedere al Papa una dispensa che gli consentisse di sposare un’altra donna.
Gli uomini lo sconsigliarono ,ma egli fu irremovibile.
La donna, sentendo quelle cose, ritenne di dover tornare a casa a guardare le pecore, come aveva fatto da ragazza, e di dover vedere un’altra donna a fianco dell’uomo cui voleva un gran bene. Provò un grande dolore nel suo intimo, ma esternamente si dispose a sopportare anche quella prova con viso fermo.
Non molto dopo Gualtieri fece giungere da Roma alcune lettere false per far credere ai sudditi che il Papa gli aveva concesso la dispensa di poter prendere un’altra moglie e di lasciare Griselda.
La fece andare davanti a lui e, alla presenza di molti, le disse “Donna, per concessione del Papa, posso prendere un’altra donna e lasciare te. Poiché i miei antenati furono gentiluomini e signori di queste contrade e i tuoi sono stati sempre contadini,voglio che tu non sia più mia moglie e te ne torni a casa di Giannucolo, con la dote che mi portasti .Io porterò qui, come moglie, un’altra donna che ho trovato, più adatta a me”.
Griselda, faticosamente, oltre la natura delle donne, trattenne le lacrime e rispose “Signor mio, ben sapevo che la mia umile condizione non si addiceva, in alcun modo, alla vostra nobiltà. Tutto ciò che ebbi da voi e da Dio lo ritenni un dono, non per sempre, ma dato in prestito. Se a voi piace riprenderlo, a me non deve dispiacere rendervelo. Ecco l’anello con cui mi sposaste, prendetelo. Ordinatemi di riportarmi indietro la dote che vi recai, non ci sarà bisogno di una borsa ,né di un somaro, perché non ho dimenticato che mi aveste ignuda. Se ritenete onesto che questo mio corpo, nel quale ho portato i figli generati da voi, sia veduto da tutti, me ne andrò ignuda. Ma, vi prego, in premio della verginità che vi recai, che possa portare con me almeno una camicia, oltre la mia dote”.
Gualtieri ,che pure aveva voglia di piangere, con viso duro ,le consentì di portare con sé una camicia.
Tutti coloro che erano presenti lo pregarono di donarle degli abiti ,perché colei che era stata per tredici anni come sua moglie in quella casa non fosse veduta uscirne così vergognosamente e poveramente in camicia.
Ma a nulla valsero le preghiere e la donna, raccomandati tutti a Dio, in camicia, scalza e senza alcun copricapo, uscì di casa e se ne tornò dal padre, mentre tutti coloro che la videro andar via piangevano.
Giannucolo, che non aveva mai ritenuto vero che Gualtieri l’avesse sposata, si aspettava ogni giorno che quell’evento accadesse, perciò le aveva consegnato i vestiti che si era tolta quando il marchese l’aveva sposata. Glieli portò e Griselda, dopo essersi rivestita, si mise a fare nella casa paterna piccoli servizi, come era solita fare, sopportando con animo forte i duri colpi della fortuna nemica.
Gualtieri, mandata via la moglie, fece credere a tutti i sudditi che aveva scelto una figliuola dei conti di Panico. Ordinò che si facessero grandi preparativi per le nozze e mandò a chiamare Griselda, chiedendole di preparare le camere e tutte le altre cose necessarie per ricevere con onore la nuova sposa. Aggiunse che nessun’altra donna avrebbe potuto farlo meglio di lei , che era di casa. Concluse dicendo che poteva invitare tutte le donne che voleva e riceverle come se fosse stata la padrona di casa. Poi, celebrate le nozze, se ne poteva tornare a casa sua.
Anche se quelle parole furono una pugnalata al cuore, Griselda, non avendo potuto togliersi dalla mente l’amore che gli portava, rispose “ Signor mio, sono pronta”.
Entrata con le vesti contadinesche in quella casa da cui poco prima era uscita in camicia, cominciò a spazzare, ad ordinare le camere, a porre drappi nelle sale, a far preparare le pietanze per il banchetto ed ogni altra cosa, come se fosse una piccola servetta della casa. Non si fermò mai finché non ebbe sistemato tutto come era conveniente. Fatto ciò, invitò tutte le donne della contrada e cominciò ad attendere.
Gualtieri aveva fatto allevare i figli a Bologna da una sua parente sposata, che viveva in casa dei conti di Panico. La fanciulla aveva già dodici anni ed era la più bella cosa che si potesse vedere , il fanciullo aveva sei anni. Mandò a dire al suo parente di andare con la figlia e il figlio a Saluzzo, di portare una bella compagnia e di dire a tutti che conduceva la fanciulla in sposa al marchese. Gli raccomandò di non dire a nessuno chi ella fosse realmente.
Il gentiluomo fece come il marchese gli aveva chiesto, si mise in cammino e, dopo pochi giorni, con la fanciulla, il fratello e tutta la compagnia, all’ora di pranzo, giunse a Salluzzo. Lì trovò tutti i paesani ed altri invitati che attendevano le novella sposa del marchese.
La fanciulla, accolta dalle donne, venne nella sala dove erano state messe le tavole.
Griselda, vestita con i suoi poveri panni, le andò incontro lietamente e le diede il benvenuto.
Le donne, che avevano pregato Gualtieri di lasciare che Griselda stesse in un’altra stanza o che potesse indossare gli abiti che erano stati suoi, si misero a sedere e furono servite.
Tutti gli uomini lodarono molto la fanciulla, ritenendo che il signore avesse fatto un buon cambio.
Anche Griselda lodava lei e il fratellino.
Gualtieri, apprezzando molto il comportamento della donna, vedendo che non si modificava per niente, conoscendola bene, sapeva che cosa nascondeva sotto la sua espressione ferma.
La fece, dunque, chiamare e le chiese che cosa le sembrava della sua sposa.
Griselda rispose “Signor mio, mi sembra che vada molto bene; se poi è saggia quanto è bella, come credo, non dubito che possiate vivere come l’uomo più felice del mondo. Ma, vi prego, non date a questa quelle punture
che avete dato all’altra, che fu vostra, perché credo che non le potrebbe sostenere. Infatti è giovane ed ,ancora, è stata allevata con raffinatezza, mentre l’altra era stata abituata alle fatiche, fin da bambina”.
Il marchese ,poiché vide che Griselda era convinta che la fanciulla dovesse essere sua moglie, pure ne parlava bene, la fece sedere vicino a lui e le disse “Griselda, è tempo ,ormai, che tu conosca il risultato della tua lunga pazienza e che coloro che mi hanno ritenuto crudele, ingiusto, bestiale conoscano che facevo ciò per un fine prestabilito. Volevo, infatti, insegnare a te ad esser moglie, a loro a sapersela tenere, a me ad avere eterna tranquillità, finché vivessi, cosa che temetti  potesse non avvenire, quando ti presi per moglie. Perciò così ti punsi e ti tormentai. Ma mi sono accorto che non hai mai smesso di farmi piacere e di darmi quella consolazione che desideravo. Desidero, dunque, renderti, in una sola ora, ciò che ti tolsi in molte ore, e ristorarti, con molta dolcezza, delle punture che ti diedi. Sappi che quella ,che credi sia una sposa, è tua figlia e il fratello è tuo figlio, i quali  tu e molti altri credeste, per lungo tempo, che io, crudelmente, avessi fatto uccidere. Sappi che sono tuo marito, ti amo sopra ogni altra cosa e ritengo di potermi reputare felice perché ho una moglie come te”.
Così detto, l’abbracciò e insieme con lei, che piangeva di gioia, andò verso la figlia che, sorpresa, sedeva , ascoltando quelle cose. Abbracciò teneramente lei ed il fratello, svelando a tutti l’inganno.
Le donne, lietissime, finito il pranzo, se ne andarono in camera di Griselda. Le tolsero i suoi panni contadineschi e la rivestirono con abiti nobili e, come padrona, la ricondussero nella sala, dove i figli e il marito l’accolsero con grande festa.
I festeggiamenti durarono per molti giorni. Tutti reputarono molto saggio Gualtieri, sebbene ritenessero troppo dure le prove cui aveva sottoposto la moglie. Ma, soprattutto, stimarono ancora più saggia Griselda.
Dopo alcuni giorni ,il conte di Panico ritornò a Bologna. Gualtieri tolse Giannucolo dal suo lavoro e se lo portò con lui, come suo suocero, onorandolo e rispettandolo finché visse.
Infine, maritata degnamente la figlia, visse con Griselda, onorandola più che poteva, a lungo e serenamente.
Si poteva, dunque, aggiungere che anche nelle povere case piovevano dal cielo spiriti divini, mentre in quelle reali uomini che non erano degni di guardare nemmeno i porci piuttosto che di governare.
Chi avrebbe potuto sopportare con viso non solo sereno, ma lieto, le prove crudeli cui Gualtieri sottopose Griselda? Per lui sarebbe stato giusto che si fosse imbattuto in una donna che, quando l’aveva cacciata fuori di casa in camicia, si fosse fatta scuotere la pelliccia da un altro, in modo da ottenerne una bella veste.