sabato 13 febbraio 2016

CONCLUSIONE DELL'AUTORE

CONCLUSIONE DELL’AUTORE

Io , Giovanni Boccaccio, concludo il mio lavoro rivolgendomi a voi,  nobilissime  giovani, dicendo che ho scritto per voi, con l’aiuto della grazia divina,  un’opera che mi è costata una grande fatica.
Sicuramente mi hanno giovato, nel portare a termine un lavoro così impegnativo, le vostre preghiere.
Ringrazio, quindi, prima di tutto Dio e poi tutte voi, prima di dar riposo alla penna e alla mano.
Prima di concedermi il meritato riposo  voglio dire alcune cosette (sicuro di non meritare alcun privilegio, come ho già accennato al principio della quarta giornata) per rispondere alle critiche che mi verranno mosse.
Alcune di voi potrebbero dire che ho usato troppe licenziosità nello scrivere le novelle, facendo alcune volte dire e molto spesso ascoltare cose che non erano adatte ad oneste donne.
 Nego ciò, perché, a mio parere, non vi è alcuna cosa così disonesta che non sia adatta a qualcuno, se la si dice con parole oneste, come ho fatto. Ma se pure così fosse, non intendo discutere  ,perché sarei sicuramente sconfitto.
Preferisco rispondere perché ho mille buone ragioni.
Innanzitutto se vi è, in alcune novelle, qualche licenziosità, l’ha richiesta il tipo della novella stessa, che se non fosse stata narrata in quel modo, secondo gli intenditori, avrebbe perso tutta la sua verve. E seppure vi è qualche cosa un po’ spinta, che non si addice ad una bizzoca, che pesa più le parole che i fatti e si preoccupa più di apparire che di essere buona, ritengo che non mi debba essere vietato averle scritte.
Allo stesso modo non è vietato agli uomini e alle donne dire parole come “foro” e “caviglia” e “mortaio” e “pestello” e “salsiccia” e “mortadello” e tante altre parole a doppio senso.
Alla mia penna deve essere concessa la stessa libertà data al pennello di un pittore, che ,senza alcun rimprovero, dipinge liberamente San Michele che ferisce il serpente con la spada e San Giorgio il dragone, ma dipinge anche Cristo maschio ed Eva femmina e lo stesso Cristo , quando volle morire sulla croce per salvare il genere umano, mentre gli venivano conficcati nei piedi uno o due chiodi.
Tutte quelle cose, di cui ho detto, e altre più indecenti si possono trovare, non nella chiesa, dove se  ne parla usando solo vocaboli onestissimi, ma nelle storie ecclesiastiche ed ,ancora, nelle scuole dei filosofi.
E se ne parla non soltanto tra religiosi e filosofi, ma, per divertimento, anche tra persone giovani e mature, non influenzabili da novelle, in un tempo in cui si mettono pure le brache sul capo per salvarsi.
Le cose dette ,di qualsiasi tipo, possono nuocere o giovare , come tutte le altre, a seconda dell’ascoltatore.
Chi non sa che il vino fa bene agli uomini, secondo Cinciglione , Scolaio( l’Ubriacone) e molti altri, ma fa molto male a chi ha la febbre? Chi non sa che il fuoco è utilissimo, anzi necessario ai mortali? Ma tutti sostengono che è malvagio se brucia le case, le ville, le città. Allo stesso modo le armi difendono la vita di coloro che vogliono vivere in pace, ma uccidono gli uomini, se vengono usate dai malvagi.
Nessuna mente corrotta ascolta alcuna parola con purezza. A quella non giovano le parole oneste, come le parole che non sono oneste non possono corrompere le persone pure. Ugualmente il fango non può oscurare i raggi del sole e le brutture terrene le bellezze del cielo.
Quale cosa è più santa, più degna di rispetto, delle Sacre Scritture? Eppure vi sono stati alcuni (gli eretici) che, male interpetrandole, hanno condotto altri alla perdizione.
Ciascuna cosa è ,di per sé, buona, può essere nociva, se male adoperata, così anche le mie novelle.
Esse non impediscono a chi lo voglia di trarne cattivi consigli e malvagie operazioni. Chi, invece, lo vuole, ne può ricavare utilità e frutto e, sicuramente, ciò avverrà se saranno lette in quel periodo e da quelle persone per le quali sono state raccontate.
Le bizzoche, che dicono le preghiere e fanno il migliaccio e le torte al proprio confessore, le devono lasciar stare.
Le mie novelle non corrono dietro a nessuna donna per farsi leggere, benché le bigotte dicono una cosa e ne fanno un’altra, se se ne presenta l’occasione.
Ugualmente vi saranno alcune donne che diranno che sarebbe stato assai meglio che delle novelle non ci fossero.Ma ho scritto soltanto quelle che mi erano state raccontate, le donne che le raccontarono dovevano sceglierle belle ed io le avrei scritte belle.
Ma , supponendo che le avessi inventate e scritte io stesso, cosa che non è, non mi vergognerei se alcune non fossero proprio belle. Infatti non si può trovare un maestro, al di fuori di Dio, che faccia ogni cosa alla perfezione. Lo stesso Carlo Magno, che, per primo, fece i paladini, non seppe farne tanti da poter fare un esercito solo con loro.
Conviene che in tante cose diverse, si trovi una diversa qualità.
Nessun campo è così ben coltivato che non si possano  trovare in esso, mescolati a tante erbe ottime, l’ortica, le piante spinose e i pruni.
Inoltre, raccontando a giovinette semplici, come lo sono loro, sarebbe stata una sciocchezza affaticarsi ed andare a cercare  cose troppo raffinate e mettere gran cura nel parlare.
Tuttavia chi le leggerà lasci stare le novelle pungenti e scelga quelle che divertono. Esse, per non ingannare nessuno, portano indicato ,sul frontespizio, l’argomento di cui trattano.
Ancora , credo che ci sarà chi dirà che ce ne sono di troppo lunghe. A costui dico che, se uno ha da fare, è folle leggere quelle lunghe, ma ve ne sono anche di brevi.
Sebbene sia passato molto tempo da quando cominciai a scrivere, non ho dimenticato di aver offerto il mio lavoro alle donne oziose e non alle altre. Nessuna cosa può essere lunga a chi legge per passare il tempo.
Le letture brevi si addicono agli studenti, i quali devono adoperare il tempo utilmente, non lo devono solo far passare, mentre le donne hanno a disposizione tutto il tempo che non spendono nei piaceri dell’amore.
Inoltre, poiché nessuna di loro va a studiare né ad Atene, né a Bologna, né a Parigi può parlare più di quelli che hanno le menti affinate dagli studi.
Non dubito che ci saranno ancora altre che diranno che le cose dette sono troppe, piene di motti e di ciance e mal si adatta ad un uomo posato e serio  aver scritto in tal modo. Ringrazio quelle persone che, spinte da buone intenzioni, si preoccupano della mia fama. Ma voglio rispondere in tal modo alle loro obiezioni.
 Confesso di essere pesante e di esserlo stato per un lungo periodo della mia vita. Perciò parlando alle donne, che non mi hanno considerato pesante, affermo di non essere pesante ma di essere così leggero , che sto a galla sull’acqua.
Infine, considerando che le prediche, che fanno i frati ai fedeli per rimproverare gli uomini delle loro colpe, sono piene di motti, di burle e di stupidagini, ho pensato che gli stessi frati non stessero male nelle mie novelle, scritte per cacciare la malinconia delle donne. Ma, se si divertiranno troppo, potranno leggere il lamento di Geremia, la passione di Cristo e il lamento della Maddalena, che le potranno guarire.
Altre mi accuseranno di avere una lingua malvagia e velenosa, perché in qualche storia ho scritto la verità sui frati. Voglio perdonarle  perché credo che le spinga un giusto motivo. Infatti i frati sono buone persone , fuggono le tentazioni per amor di Dio e prendono quando possono e non lo raccontano. Se non che sono tutti un po’ caproni e sarebbe molto piacevole discutere con loro.
In effetti le cose del mondo non sono stabili, ma cambiano continuamente, così potrebbe essere cambiata la mia lingua, la quale ,come mi disse una mia vicina, era la migliore e la più dolce del mondo. In verità, quando mi disse ciò, mi rimanevano da scrivere ancora poche novelle.
Perciò ritengo che quello che ho detto basti come risposta a quelle invidiose.
Lasciando ormai ciascuna libera di dire e credere come le pare, è tempo di terminare, ringraziando Colui che mi condotto alla desiderata fine dell’opera con il suo aiuto.Mi rivolgo, infine, alle garbate donne, augurandomi che si ricordino di me, se trarranno alcuna utilità dalla lettura delle novelle.Qui finisce la Decima e ultima giornata del libro chiamato Decameron ,soprannominato principe Galeotto.