sabato 24 febbraio 2024




         L'AGRICOLTURA  nella STORIA

           "ITALIA FELIX" e CURIOSITA"
                 
              Ottava puntata

Ed ecco che il mio pensiero va a FEDRO, che mi ha sempre attratto con la sua umanità e la comprensione per i difetti degli  uomini.
E' nato sotto il principato di Augusto, intorno al 15 a.C., ha scritto le sue FAVOLE sotto Tiberio, Caligola e Claudio. E' uno schiavo di origine tracia. Perseguitato da Seiano, braccio destro di Tiberio, ha subito molte umiliazioni e la povertà. 
Egli stesso ci dice che le sue composizioni sono circa 90, divise in cinque libri, sono Aesopiane non di Esopo.
 La Favola è una breve narrazione, in prosa o in poesia, di personaggi immaginari. Sono, in genere, animali, descritti come se fossero uomini. Sono presenti le varie caratterizzazioni: i Virtuosi, i Cattivi, i Prepotenti. Egli vuole condannare i difetti della classe dominante romana. Sono storielle che dispensano pillole di saggezza e si concludono con una morale. Senz'altro originale, pur nella sua brevità, è la favola "La volpe e l'uva".<< Una volpe, spinta dalla fame, saltando con tutte le sue forze, cercava di cogliere l'uva su un'alta pergola. Ma , poiché non la poté toccare, andandosene disse "Non è ancora matura, non voglio coglierla acerba". Coloro che disprezzano a parole ciò che non sono capaci di fare dovranno riferire a sé stessi questa favoletta >>( Scuola. net).
 Ormai Virgilio, Tibullo e Properzio sono morti o sono vicini a morire, solo Ovidio, l'epigono, ha ancora un avvenire. Si chiude in bellezza e in saggezza, più ancora che la storia della prima più limpida e felice età di Augusto, la storia del più autentico mondo greco-latino>> (Arnaldi). 

E non può mancare all'appello PUBLIO OVIDIO NASONE (43 a. C. - 18 d.C.), senza dubbio attratto da quel crocicchio di persone che si è formato. E' nato a Sulmona ed è morto a Tomi,  sul mar Nero, dove si trova in esilio, in quanto coinvolto in uno scandalo di corte che ha avuto come protagonista Giulia, la nipote di Augusto. Ha scritto numerose opere, tra cui la più famosa è "LE METAMORFOSI". Nel poemetto " REMEDIA AMORIS", quale "medicus amoris", prescrive i rimedi necessari per guarire dalle sofferenze dell'amore. 
Nell'ARS AMATORIA, dimostra di conoscere il potere delle erbe medicinali. In particolare, ci parla del potere della Rucola o ruchetta, nome latino "eruca saliva", che è molto cara agli antichi, soprattutto per le sue proprietà curative. I Romani ne consumavano i semi, le attribuivano proprietà magiche e le utilizzavano nei filtri amorosi, ritenendola la più potente fra gli afrodisiaci. La sua coltivazione è spesso effettuata nei terreni che ospitano le statue falliche, erette in onore di Priapo, dio della virilità. Ovidio la chiama "eruca salax" o "herba salax" cioè erba lussuriosa.
Contro il mal d'amore, sicuramente, è di aiuto preferire la campagna alla città, dedicarsi allo sport e ai viaggi.

 Anche nelle "METAMORFOSI" non dimentica mai la natura. Orfeo, suonatore di cetra, va per i campi seguito dalle Baccanti. Egli le respinge e le Baccanti lo uccidono. Dioniso, per punirle le trasforma in alberi della foresta (Pierucciagricoltura.it).

 E come non pensare ad Apollo e Dafne. La Fanciulla, per sfuggire al dio, che, follemente innamorato, la insegue, prega il fiume Peleo, suo padre, di salvarla. "Finita la preghiera, un greve torpore le invade le membra, il tenero seno si cinge di corteccia sottile, in fronde i capelli, in rami si protendono le braccia, il piede, per ora tanto veloce, aderisce a pigre radici, la cima racchiude il suo volto. Di lei rimane solo il nitore. Febo anche l'albero ama....... ma sfugge il legno i suoi rami. Il dio le parla << Poiché non puoi essere la mia sposa, sarai almeno la mia  pianta. Sempre porteranno le tue ghirlande ,o lauro, la mia chioma, la mia cetra, la mia faretra. Tu poserai sul capo dei duci latini quando lieti canti celebreranno il trionfo e il Campidoglio vedrà sfilare lunghe processioni>> (A.Reinaud R.Andria.Echi di roma Antica.v.2. Fratelli Ferraro Editori).                       
  


venerdì 16 febbraio 2024

 


        L'AGRICOLTURA nella STORIA

        "ITALIA FELIX" e CURIOSITA'

                    Settima puntata 

Siamo in piena età augustea. Ottaviano Augusto chiude il tempio di Giano e diviene garante della pace, protettore della famiglia e restauratore del "mos maiorum". Quella di Augusto viene ad essere, per la maggior parte, l'età della pace: dapprima disperatamente sospirata, cercata, invocata, poi salutata e goduta con quasi universale soddisfazione. Infatti il senso di pace è largamente diffuso in tutta la letteratura di questo periodo. Un accenno va fatto ad un personaggio di grande rilievo del periodo storico di cui discutiamo : Mecenate, il quale " alla protezione delle lettere non è soltanto indotto da ragioni di accorgimento politico, ma anche da intimo gusto d'arte " (Rostagni). 

Virgilio appoggia il programma di Augusto, enfatizzando i valori dell'agricoltura e del lavoro dei campi. Nell'umanità delicata con cui sono viste e sentite le piante vi sono i germi del grande poeta. Le "BUCOLICHE" emanano dal di dentro e dicono il sospiro di Virgilio, in un'ora affannata, per la quiete e l'oblio.....Questo spirito idillico, misto di malinconia e di serenità, dissidio che si quieta in un'armonia superiore, è il fondo nel quale guizzano le prime accese faville della Musa virgiliana. La contemplazione dei campi, l'accostarsi con palpito fraterno agli uomini della terra, alle loro gioie e più alle loro pene : ecco la fresca fonte di questa poesia.

Nelle "GEORGICHE" L'orizzonte si allarga, abbraccia l'interezza della vita umana, etica, religiosa, sociale, politica; dalla letteraria si passa ad una delle tradizioni più native di Roma, la georgica.....l'età Saturnia è veduta da un altro punto di vista, meno fittizio, più vicino al reale, più solido. Siamo sulle orme del vecchio Catone e dei prischi Latini.....La poesia del lavoro, del duro lavoro delle zolle, via via  senza posa attraverso le stagioni dell'anno, attraverso la seminagione e la piantagione: ecco ciò che Virgilio ci dà. "Labor omnia vincit improbus": tale è il vangelo bandito dal poeta e la sua legge morale (Funaioli).

Virgilio, meglio di ogni altro, interpetra il passaggio dai travagli dell'età di Cesare alle speranze dell'età di Augusto, traendone occasione per indagare il problema del dolore, del male del mondo e del destino umano.....Nelle Bucoliche, scritte durante le guerre civili, il mondo e la storia appaiono dominati dall'ingiustizia e dalla violenza, e il poeta cerca rifugio nel sogno dell'Arcadia. Nelle Georgiche, viene riconosciuto il valore morale della sofferenza e della fatica e l'amore virgiliano per la terra e per la vita degli umili si innesta, in coincidenza con il programma augusteo, sulla celebrazione dell'antica Italia agreste (L. Perelli. Storia della Letteratura latina-Paravia).       

                      

martedì 6 febbraio 2024

 



            L'AGRICOLTURA nella STORIA

            "ITALIA  FELIX" e CURIOSITA'

                             Sesta puntata

Dopo la breve digressione, ci soffermiamo a considerare che la poesia di Orazio <<è eminentemente soggettiva e personale..... nel senso.....che essa ha per oggetto di osservazione, di contemplazione e di canto, i moti interni del suo spirito, la sua formazione, in particolare la sua ricerca della sapienza (Rostagni). Dinanzi ai terribili avvenimenti del tempo (Confisca delle terre, guerra perugina ecc.)<< invece di astrarsi, come il suo tenero amico (Virgilio), in fantasie di luoghi migliori, si arrovella nel confronto tra le aspirazioni e la realtà e violentemente esprime il disgusto per la violenza e la follia delle lotte civili (Arnaldi)>>.

<<Solo in una società ricostituitasi faticosamente dopo aver infranto sanguinosamente, e a più riprese, gli schemi ideologici e le inquadrature politiche e sociali della repubblica>>, Orazio <<poté avere quel gusto della vita quotidiana, anche modesta, scoprire le bellezze di una passeggiata vespertina in mezzo ad umile gente, diventare, quale nessuno lo era stato prima di lui, il poeta,..... che era piaciuto, in pace e in guerra, ai grandi...... Che la satira di Orazio non superi in genere quei limiti di bonaria moralità e umanità a cui egli tendeva, che più di una volta non sia stata neppure satira, ma senso della vita, soprattutto dei valori della sua vita, dimostra quale equilibrio interno ed esterno egli abbia raggiunto>>(Arnaldi). 

Frattanto si avvicina, incuriosito, MARCO TERENZIO VARRONE (116 - 27 a.C.). I suoi libri del "DE RE RUSTICA" mirano a risuscitare e continuare le virtù agresti della stirpe romana, rappresentata da Catone il Censore (Rostagni). Si nota subito che Varrone ha un diverso senso di umanità verso gli schiavi, rispetto a Catone che è così disumano. infatti è benigno verso di loro, come il suo amicissimo Cicerone (Bignone)-Humanitas litterarum .A. Salvatore- Loffredo Ed.p.139).

Mentre i nostri primi incontri si allontanano, giungono altri personaggi del mondo latino. Facciamo, dunque, la conoscenza di ALBIO TIBULLO (50 a. C -19 d. C). Nasce nel Lazio rurale e nella sua raccolta, "il CORPUS TIBULLIANUM", fa l'elogio della vita rustica. E' ritenuto il poeta dei campi, visti, non come un luogo di sofferenza , ma come un locus amoenus . << Malinconica suona la musa di Tibullo: l'immagine della morte, della vecchiaia vengono sempre a turbare la gioia dell'amore. La quale in atto non c'è; c'è nella nostalgia. E col sentimento amoroso si confonde la contemplazione georgica e idillica: pace religiosa, divina semplicità dei rura, sognata solitudine campestre in compagnia della propria donna, pianto per la sua lontananza, pieno abbandono e oblio della propria persona nella persona di lei.....irrequietezza e dolore per quello che ella fa ed ella è.....ricordi di fanciullezza e, comunque del passato assai più felice del presente>>.

Manifesta un sincero amore per la campagna, considerata come il rifugio ideale di fronte alle angosce dell'amore e della guerra. Il poeta sente un forte bisogno di un rifugio, di uno spazio intimo e tranquillo in cui proteggere e coltivare gli affetti di fronte alle insidie e alle tempeste della vita.

La campagna tibulliana è, dunque, uno spazio di idillica felicità, di vita semplice e serena, pervasa da un senso di rustica religiosità. Essa rivela il suo carattere italico, col patrimonio di antichi valori agresti celebrati dall'ideologia arcaicizzante del principato. Vi è un'intima adesione ai valori tradizionali (Conte. Pianezzola. Forme e contesti della letteratura latina. Le Monnier).