giovedì 10 aprile 2014

TERZA GIORNATA - NOVELLA N.8

TERZA GIORNATA – NOVELLA N.8

Ferondo, mangiata certa polvere, viene sotterrato come morto; dall’abate che si gode la moglie di lui, viene messo in prigione, facendogli credere che è in purgatorio; poi risuscitato, nutre, come suo, il figlio generato dall’abate e dalla moglie di lui.

Finita la lunga novella di Emilia, la regina fa cenno alla Lauretta di proseguire.
La donna cominciò col dire che la novella precedente gliene aveva fatta tornare alla mente un’altra che parlava di uno che era stato pianto come morto ed era stato seppellito; fu, poi, creduto resuscitato ed uscito dalla tomba, come un fantasma .Colui che aveva escogitato tutto era stato adorato come un santo, mentre doveva essere condannato come colpevole.
Ci fu un tempo e c’era ancora in Toscana, una badia ,in un luogo poco frequentato, di cui era abate un monaco, santissimo in tutto, fuorché nelle donne, per le quali aveva un debole, che nessuno sospettava, tanta era la sua discrezione.
Costui, divenuto molto amico di un ricchissimo contadino di nome Ferondo, entrò con lui in grande familiarità. Frequentando il villico, l’abate conobbe la bellissima moglie di lui, se ne innamorò follemente e pensava a lei giorno e notte.
Ma Ferondo, che era nelle altre cose un sempliciotto, era attentissimo  nel sorvegliare la moglie.
Pure l’abate condusse i discorsi in tal modo che alla donna venne il desiderio di confessarsi da lui e il marito acconsentì. Andata dal religioso per confessarsi, la donna, sedutasi ai piedi di lui, si cominciò a lagnare della stoltezza e della gelosia del marito, il quale era così insopportabile che non poteva più vivere con lui, e voleva un consiglio.
L’abate rispose che se era difficile avere per marito un matto, lo era ancora di più averne uno geloso.
Aggiunse che egli avrebbe approntato una medicina che l’avrebbe guarito dalla gelosia, ma che doveva essere un segreto. E continuò dicendo che Ferondo, per guarire doveva morire ed andare in Purgatorio.
Una volta castigato dalla gelosia, per le preghiere del religioso sarebbe ritornato in vita, col volere di Dio.
La donna sarebbe dovuta rimanere vedova, per un certo tempo, senza rimaritarsi, attendendo il ritorno nel mondo del marito.
La donna, pensando che, in tal modo, si sarebbe liberata della prigione in cui la teneva, dette il suo consenso. Come compenso l’abate ,perché ardeva e si consumava, chiese l’amore di lei.
Alla donna ,che si meravigliava conoscendolo come un uomo santo, l’abate rispose “ Anima mia bella non vi meravigliate perché per questo la santità non diventa minore. Essa dimora nell’anima, quello che io vi chiedo è un peccato del corpo. Sebbene sono abate, sono un uomo come gli altri e non sono ancora vecchio. Per questo, mentre Ferondo starà in purgatorio, io facendovi compagnia la notte, vi darò quella consolazione che dovrebbe darvi lui. Nessuno si accorgerà di niente, credendomi tutti un santo, come voi poco fa. Oltre a ciò vi regalerò dei gioielli belli e preziosi, che desidero siano vostri “.
Il religioso con molte parole riuscì a vincere le incertezze della donna ,ponendole in mano ,di nascosto, un bellissimo anello. Ella, lieta del dono, aspettandosene altri, mentre se ne tornava a casa, cominciò a raccontare alle compagne cose meravigliose sulla santità dell’abate.
Dopo pochi giorni Ferondo andò alla badia ; l’abate ,come lo vide, pensò di mandarlo in Purgatorio.
Egli aveva una polvere di straordinaria virtù ,donatagli da un principe del Levante, il quale affermava che era usata dal Veglio della montagna quando voleva mandare o trarre fuori qualcuno dal Paradiso. Essa, finché durava il suo effetto, faceva dormire colui che la prendeva così profondamente da sembrare morto.
Presa una dose sufficiente a farlo dormire per tre giorni, la sciolse nel vino e la fece bere a Ferondo, che, per effetto della bevanda, cadde in un sonno profondo. Non fu possibile svegliarlo neppure buttandogli acqua fredda sul viso. Non battendo più il polso fu creduto morto.
Per ordine dell’abate e per volontà della moglie addolorata fu messo in un sepolcro.
La moglie tornò a casa col figlioletto e incominciò ad amministrare la ricchezza del marito
Venuta la notte, l’abate, con l’aiuto di un monaco bolognese a lui fedele, trasse Feroldo dalla sepoltura e lo portò in una tomba senza nessuna luce, che era stata fatta per prigione dei monaci peccatori. Toltigli gli abiti, lo vestirono da monaco e lo lasciarono su un fascio d’erba.
Il monaco bolognese, istruito sul da farsi, rimase ad attendere il risveglio.
Il giorno dopo, l’abate si recò in visita di condoglianza a casa della donna. La confortò e le ricordò la promessa. Ella, sentendosi libera e vistogli al dito un altro prezioso anello, rispose che era pronta.
La notte successiva ,l’abate, vestito con gli abiti di Ferondo, accompagnato dal monaco, andò e giacque con lei, con grandissimo piacere, fino all’alba. Poi ritornò alla badia e così fece molto spesso.
La gente del villaggio che lo vedeva, credette che fosse Ferondo che andava a fare penitenza e lo riferì alla moglie che ben sapeva ciò che era.
Frattanto, il monaco bolognese, risvegliatosi Ferondo, senza sapere dove fosse, con voce orribile lo minacciò e lo colpì con molte vergate.
Ferondo, piangendo e gridando, chiedeva dove fosse e il monaco rispondeva che era in Purgatorio.
Allora il contadinotto comprese di essere morto e, pensando alla moglie e al figlioletto, cominciò a piangere, dicendo le cose più strane del mondo.
Ad una certa ora il monaco gli portò da mangiare dicendogli che erano le pietanze che la moglie quella mattina aveva mandato in chiesa per le messe per l’anima del morto.
Dopo mangiato il monaco gli diede un gran numero di frustate.
A Ferondo che gli chiedeva perché lo colpisse, rispose che da Dio aveva avuto ordine di picchiarlo due volte al giorno. Questo perché era stato geloso della moglie, che era la miglior donna di quelle terre. E, se mai fosse ritornato sulla terra, doveva ricordarsi delle frustate e non essere più geloso.
Il meschino promise che, se mai, con la volontà di Dio, fosse ritornato sulla terra, sarebbe stato il miglior marito del mondo; si sarebbe lagnato solo del vino che la moglie gli aveva mandato quella mattina. Inoltre , si lagnava che non gli aveva mandato una candela ,per cui aveva dovuto mangiare al buio.
Ferondo insisteva nel chiedere chi era e perché si trovava lì.
E il monaco rispose che era morto anch’egli, che era nato in Sardegna. Poiché aveva lodato il suo padrone che era geloso, era stato condannato da Dio a dargli da mangiare e da bere e a frustarlo, fino a quando il Signore non avesse deciso altrimenti.  C’erano anche migliaia di altri morti che non potevano essere visti.
Ferondo fu tenuto lì , col mangiare e le battiture , per dieci mesi , durante i quali l’abate si diede alla bella vita con la donna.
Ma , per sventura , la donna rimase incinta e, accortasene, lo disse all’abate.
Egli ritenne opportuno richiamare, immediatamente, Ferondo dal Purgatorio perché ritornasse dalla moglie, per attribuirgli la paternità del nascituro.
La notte seguente, chiamò con voce contraffatta il meschino e gli comunicò che Dio voleva che ritornasse nel mondo, dove avrebbe avuto dalla moglie un figlio, a cui doveva dare il nome di Benedetto. Aggiunse che tanto avveniva per le preghiere del santo abate, della donna e di San Benedetto, che gli aveva fatto la grazia.
L’abate, versata nel vino polvere sufficiente a farlo dormire per quattro ore, rimessigli i suoi abiti, con il monaco, suo complice, lo riportò nello stesso sepolcro dove era stato seppellito.
Al mattino Ferondo si svegliò e vide una luce, che non aveva mai visto per ben dieci mesi. Credendo di essere vivo, cominciò a gridare ,per farsi aprire, e a spingere il coperchio.
I monaci , svegliatisi per le grida del villano, vedendo che il coperchio del sepolcro si muoveva, spaventati corsero dall’abate. Costui, alzatosi dalla preghiera, volle andare a vedere ,con tutti i monaci, la potenza di Dio. E trovarono Ferondo ,pallido e smunto, uscito fuori dalla tomba.
Il pover’uomo si gettò ai piedi del religioso e gli disse “Padre mio, le vostre preghiere, come mi fu detto, quelle di San Benedetto e di mia moglie, mi hanno tolto dalle pene del Purgatorio e mi hanno fatto ritornare in vita.
Di ciò ringrazio Dio e lo prego che vi dia un buon anno e buoni mesi, oggi e sempre”.
L’abate lodò la potenza di Dio e lo mandò a consolare la moglie, poi, rimasto con i suoi monaci, fece devotamente cantare il “ Miserere”.
La vista di Ferondo, giunto a casa, spaventò molto la moglie e i servitori, che lo credettero un fantasma. Poi un po’ alla volta, visto che era vivo, la gente si rassicurò e lo interrogò sulle cose che aveva visto nell’aldilà.
Ed egli raccontava tante favole dei fatti del Purgatorio , delle anime dei parenti e della rivelazione che gli era stata fatta da Ragnolo Braghiello, prima che resuscitasse.
Ritornato con la moglie, riavuti i suoi beni, credette di averla ingravidata. Ella ,per fortuna, al momento giusto, partorì un figlio maschio, che fu chiamato Benedetto Ferondi.
La resurrezione di Ferondo e le sue parole accrebbero infinitamente la fama del frate.
Ferondo, per le sferzate ricevute per la sua gelosia, non fu più geloso.
 Del che fu contenta la moglie, che visse con lui, onestamente, come prima. Solo che ,quando ,discretamente, poteva, si incontrava volentieri con il santo abate ,che ben l’aveva servita nei suoi maggiori bisogni. 



Nessun commento:

Posta un commento