giovedì 17 aprile 2014

TERZA GIORNATA - NOVELLA N.9

TERZA  GIORNATA – NOVELLA N.9
                                                 
 Giletta di Narbona(Francia meridionale) guarisce il re di Francia da una fistole; chiede per marito Beltramo di Rossiglione, il quale, sposatala contro la sua volontà, se ne va a Firenze per sdegno; dove, desiderando una giovane, fingendosi lei, Giletta giace con lui ed ha due figli; per questo poi Beltramo le si affeziona e la tiene per moglie.

Per lasciare che Dioneo raccontasse per ultimo, toccava ora alla regina, che, cominciò a parlare precisando che dopo aver udito il racconto di Lauretta, difficilmente il suo sarebbe piaciuto tanto.
Iniziò dicendo che nel regno di Francia visse un gentiluomo, chiamato Isnardo, conte di Rossiglione, il quale, poiché era malato, aveva sempre con sé un medico ,di nome Gerardo di Nerbona..
Il conte aveva un figlioletto, Beltramo, bellissimo e simpatico. Con lui venivano allevati altri fanciulli della sua età, tra cui Giletta, figlia del medico, la quale fin da piccola provò per lui un grandissimo amore.
Il conte morendo affidò al re il figlio. Beltramo, quindi, andò a Parigi con grande dolore della fanciulla.
Morto il padre, anche Giletta, rimasta ricca e sola, ormai in età da marito, voleva andare a Parigi per rivedere Beltramo, che non aveva potuto dimenticare. Per caso udì che al re di Francia, per un tumore al petto mal curato, gli era rimasta una fistole che gli dava grande fastidio e preoccupazione.
Tutti i medici consultati non avevano saputo guarirlo, anzi era peggiorato e si disperava.
Giletta pensò di avere un valido motivo per andare a Parigi, per curare il re, se la malattia era quella che supponeva, e per avere Beltramo , come marito.
Preparata una polvere con certe erbe per curare la fistole, come le aveva insegnato suo padre, montò a cavallo e se ne andò a Parigi. Lì giunta, prima vide Beltramo, poi si recò dal re e gli chiese di mostrarle la ferita.
Il re, vedendola bella e giovane, l’accontentò.
Come la giovane ebbe vista la fistole garantì al sovrano che l’avrebbe guarito in otto giorni.
Il re, incredulo, affermava che era impossibile che una giovane donna potesse riuscire dove avevano fallito i più valenti medici.
La donna rispose che l’avrebbe guarito con l’aiuto di Dio e la scienza di suo padre, Gerardo nerbonese, famoso medico, mentre visse. Aggiunse che, se fosse riuscita a mantenere la promessa  di guarirlo in otto giorni , voleva come premio un marito e il re promise.
La giovane cominciò la cura e, prima della scadenza , lo guarì.
Al re ,guarito , pronto a darle il meritato premio, Giletta, non chiese come sposo un figlio del re o un giovane appartenente alla casa reale, ma Beltramo di Rossiglione, che amava immensamente, fin da bambina.
Il re ,non potendo rifiutare, fece chiamare Beltramo e gli chiese di sposare la donna che l’aveva salvato con le sue medicine. Beltramo ,pur ritenendola bella, non voleva sposarla perché non era nobile, ma non poteva rispondere al suo re con un rifiuto.
Sposò ,dunque, alla presenza del sovrano , che aveva preparato una gran festa, la damigella che lo amava più di sé stessa. Subito dopo prese commiato dal re , dicendo che voleva tornare nelle sue terre per consumare lì il matrimonio. In verità se ne andò in Toscana, dove divenne capitano di ventura e combatté per un lungo periodo al servizio dei fiorentini contro i senesi.
La novella sposa, scontenta, se ne andò a Rossiglione, dove fu accolta , come signora, da tutti. 
Molto saggiamente si mise a riordinare tutti i possedimenti del marito che erano rimasti senza guida per molto tempo, guadagnandosi l’amore e la stima dei suoi sudditi, che biasimavano il conte per la sua lontananza.
La donna, avendo riordinato tutto il paese, mandò dal conte due cavalieri per dirgli che se non ritornava nelle sue terre per colpa della moglie, ella, per compiacerlo, se ne sarebbe andata via.
Il nobiluomo rispose ,molto duramente, che poteva fare come voleva, che sarebbe ritornato a casa solo se la moglie avesse portato al dito un anello che egli non si toglieva mai dal dito e gli avesse dato un figlio.
I cavalieri, ritenendo l’impresa impossibile, ritornarono dalla dama e riferirono la risposta.
Ella a lungo meditò su come potesse ottenere le due cose.
Chiamati i migliori uomini delle sue terre, raccontò loro ciò che aveva fatto per amore del conte.
Comunicò ,poi, che, siccome non voleva che il marito vivesse in perpetuo esilio, ella avrebbe passato il resto della sua vita in pellegrinaggio e in opere di misericordia ,per la salvezza della sua anima.
Li pregò di prendere il governo delle terre e di avvisare il conte che la moglie se ne andava per sempre da Rossiglione e gli lasciava il possesso delle terre. Infine, indossati gli abiti da pellegrino, con un suo cugino e una cameriera, ben fornita di danaro e di gioielli, senza dire a nessuno dove andava, si mise in cammino.
Non si fermò finché non giunse a Firenze, dove alloggiò in un alberghetto, tenuto da una vedova. 
La mattina seguente vide passare davanti all’albergo Beltramo a cavallo, con la sua compagnia, e domandò all’albergatrice chi fosse.
La vedova rispose che era il conte Beltramo ,gentiluomo molto amato in città, che era innamorato di una sua vicina, donna gentile, ma povera. La giovane, onestissima, non si maritava perché era povera e viveva con sua madre , donna saggia e onesta.
La contessa, udite quelle parole, prese la sua decisione. Si recò a casa della donna amata dal conte e chiese di parlare con la madre che fu subito disponibile ad ascoltarla.
Giletta le raccontò tutta la sua storia, dal primo innamoramento fino a quel giorno, e promise una ricca dote per figlia, se l’avesse aiutata. La madre promise il suo aiuto.
La contessa disse allora alla donna “E’ necessario che mandiate a dire a mio marito da una persona di fiducia, che vostra figlia è pronta ad accontentarlo, ma vuole, come prova d’amore, l’anello che porta al dito. Se ve lo manda, lo darete a me. Successivamente gli manderete a dire che vostra figlia è disposta a fare il suo piacere e qui, di nascosto, farete venire me. Io mi metterò a fianco di mio marito, sperando che Dio mi faccia la grazia di farmi rimanere incinta. Se ciò avviene, con l’anello al dito e il figlio suo in braccio, lo riconquisterò e vivrò, grazie a voi, come una moglie deve vivere con il marito”.
La buona donna, pur temendo che la cosa potesse danneggiare la figlia, ma ritenendo giusto aiutare la contessa a riavere suo marito, promise di aiutarla.
Dopo pochi giorni, secondo quanto avevano concordato, ricevette l’anello ,lo consegnò a Giletta e, abilmente, la mise a giacere con il conte, al posto di sua figlia. Dopo i primi accoppiamenti, per grazia di Dio, la donna rimase gravida di due figli maschi. Più volte la contessa si accoppiò con il conte, essendo egli sempre convinto di essersi unito non con la moglie ma con la donna di cui era innamorato, alla quale regalava molti gioielli, che la contessa conservava..
Accortasi di essere gravida, Giletta decise di sospendere gli incontri e di dare alla donna i denari che le aveva promessi . La madre ,spinta dalla necessità, rossa per la vergogna, chiese cento lire per maritare la figlia.
La contessa gliene donò cinquecento, insieme con altri gioielli, che ne valevano altrettanto.
Subito dopo madre e figlia se ne andarono in campagna presso alcuni parenti.
Frattanto, Beltramo, sapendo che la moglie se ne era andata, ritornò nelle sue terre.
La contessa rimase a Firenze dove partorì due figli maschi, somigliantissimi al padre.
Quando furono un po’ cresciuti , si mise in cammino e giunse a Montpellier, dove rimase per alcuni giorni. Avendo saputo che il giorno di tutti i Santi il marito faceva una gran festa a Rossiglione, sotto l’aspetto di una pellegrina ,vi andò.
Quando tutti erano riuniti per il pranzo, nella sala del palazzo, con i figlioletti in braccio, si gettò ai piedi del conte e piangendo disse “Signor mio, sono la tua sventurata sposa che, per farti tornare nella tua terra, se ne è andata, miseramente ,in giro per il mondo per lungo tempo. Ti chiedo che rispetti le condizioni che mi ponesti tramite i due cavalieri che ti mandai. Ho nelle braccia , non uno, ma due figli tuoi ed ecco qui il tuo anello. E’ tempo ,dunque, che io debba essere ricevuta come tua moglie, secondo la tua promessa”.
Il conte, riconoscendo l’anello e i figli, che erano simili a lui, quasi svenne, chiedendosi come era potuto accadere.
La contessa , con grande meraviglia di tutti, raccontò come era andata.
Il gentiluomo, colpito dalla perseveranza e dal senno della donna, vedendo i due bei figlioletti, depose la sua ostinazione. Accolse la donna tra le sue braccia , la riconobbe come legittima moglie e la fece rivestire con abiti adatti a lei, con grande gioia dei suoi vassalli.
Da quel giorno la trattò come sua sposa, la onorò, l’amò e la tenne sommamente cara.   




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