giovedì 24 aprile 2014

TERZA GIORNATA - NOVELLA N.1O

TERZA GIORNATA – NOVELLA N.10

Alibech diventa eremita, a lei il monaco Rustico insegna a mettere il Diavolo in Inferno; poi tolta dall’eremitaggio diventa moglie di Neerbale.

Dioneo, finito il racconto della regina, senza aspettare l’ordine, cominciò col dire che forse le donne lì presenti non avevano mai sentito dire come il diavolo si rimetteva in Inferno. Egli glielo voleva insegnare perché poteva essere loro utile per salvarsi l’anima.
Dovevano imparare, anche, che Amore, se preferiva i bei palazzi e le raffinate camere da letto alle povere capanne, pure, qualche volta, faceva sentire la sua potenza tra i folti boschi , le fredde montagne e le spelonche deserte.
Nella città di Capsa, in Barberia (odierna Tunisia), viveva un ricchissimo uomo, che aveva tra i suoi figli, una figlioletta bella e gentile ,di nome Alibech.
Ella non era cristiana, ma udendo da alcuni cristiani lodare la fede cristiana e il servire Dio, chiese come si poteva fare. Le fu risposto che bisognava fuggire le cose del mondo, come facevano coloro che se ne andavano in solitudine, nei deserti dell’Egitto.
La giovane che aveva solo quattordici anni ed era molto ingenua, non per un proposito meditato, ma per un impulso giovanile, di nascosto, una mattina tutta sola, se ne andò verso il deserto intorno a Tebe.
Giunta faticosamente in un luogo solitario, con grande appetito, vide in lontananza una casetta e vi si diresse. Trovò sull’uscio un sant’uomo che le chiese che cosa cercava.
La ragazza spiegò che voleva essere al servizio di Dio e cercava chi le insegnasse come si faceva.
L’uomo, vedendola giovane e bella, temendo che il demonio lo tentasse, le diede da mangiare e da bere e la mandò da un uomo più santo di lui, che sarebbe stato miglior maestro.
Giunta dall’altro uomo, ricevette lo stesso trattamento ed andò più avanti, finché non giunse alla cella di un eremita giovane, persona buona e devota, di nome Rustico. Costui, per dare prova della sua virtù, non la mandò via ma la trattenne con sé nella sua cella.
Venuta la notte, le preparò un lettuccio di foglie di palma per farla riposare. Ben presto fu preso dalle tentazioni, più forti della sua volontà, e, lasciati da parte i santi pensieri e le orazioni, cominciò a pensare alla giovinezza e alla bellezza della fanciulla e a come fare per possederla, senza sembrare un dissoluto.
Avendo compreso che costei era ingenua e non aveva mai conosciuto un uomo, pensò di farla sua, come se volesse servire Dio. Prima le parlò del Diavolo, che era nemico di Dio, e poi le spiegò come si doveva fare per rimandare il Diavolo all’Inferno, nel quale Dio l’aveva condannato.
Per essere più chiaro, Rustico si spogliò dei vestiti e rimase nudo e così fece la fanciulla. Poi si pose in ginocchio, come se volesse pregare , e anche la fanciulla si inginocchiò di fronte a lui.
Guardando la bellezza di lei ,il giovane ebbe un’erezione (la resurrezione della carne), Alibech, guardando, si meravigliò e chiese che cos’era quella cosa che si spingeva in fuori e che aveva solo lui ,mentre lei non l’aveva. Rustico, prontamente, rispose che era il Diavolo, di cui le aveva parlato, che gli dava un gran fastidio.
Ad Alibech che ringraziava Dio di non avere quel Diavolo, rispose che in cambio ella aveva l’Inferno. Ed egli credeva che Dio l’avesse mandata lì proprio per salvarlo, perché quel Diavolo non gli desse più noia e se ne andasse nell’Inferno.
La fanciulla, in buona fede, fu disponibile ad accontentarlo.
Egli, spintala su un lettino, le insegnò come si doveva fare per imprigionare quel maledetto da Dio.
La giovane, che non aveva mai messo in Inferno alcun diavolo, per la prima volta sentì un po’ di dolore e si lagnò della cattiveria del Diavolo .
Poi rassicurata da Rustico che non sarebbe stato sempre così, si lasciò andare.
Per sei volte ed oltre riprovarono, fino a quando il Diavolo non piegò il capo.
La cosa andò nello stesso modo nei giorni seguenti . Il gioco cominciò a piacere alla fanciulla che disse a Rustico “Capisco bene come gli uomini di Capsa  mi dissero che servire Dio era una cosa così dolce; io non ricordo alcuna cosa che abbia mai fatto con tanto piacere come rimettere il Diavolo in Inferno”.
Perciò sempre più spesso non voleva stare in ozio e chiedeva al giovane di andare a rimettere il Diavolo in Inferno. Ben presto, però, il Diavolo non alzava più la testa e se ne voleva stare in pace. Rustico non ce la faceva più e sentiva molto freddo.
Alibech , visto che il giovane non le chiedeva più di mettere il Diavolo in Inferno, gli disse che se il suo Diavolo era stato punito e non gli dava più noia, il suo Inferno, invece, non le dava pace. Voleva, perciò, che il giovane calmasse l’Inferno, come ella aveva castigato il Diavolo.
Rustico, che si nutriva di acqua e radici, aveva poca forza e non riusciva  ormai a soddisfarla, che ci sarebbero voluti cento diavoli.
Mentre le cose stavano così, un grande incendio in Capsa, uccise il padre e i fratelli ed Alibech rimase erede di tutte le ricchezze paterne.
Un giovane ,chiamato Neerbale, avendo dissipato in bagordi tutti i suoi averi, per la dote, si mise a cercarla e la ritrovò.
Prima che il governo si prendesse tutte le ricchezze del padre, come morto senza eredi, la condusse a Capsa, con gran piacere di Rustico, e la sposò, divenendo erede ,con lei, di un gran patrimonio.
Interrogata dalle donne su che cosa facesse nel deserto per servire Dio, rispose , precisando con parole ed atti, che lo serviva rimettendo il Diavolo in Inferno. Accusava Neerbale di aver commesso un gran peccato togliendola da quel servizio.
Quando le donne capirono che tipo di servizio ella faceva, tra grandi risate, la tranquillizzarono dicendo che anche Neerbale sapeva servire bene il Signore Iddio.
Riferendo la cosa l’un l’altra in città, ne derivò il proverbio corrente che non c’era servizio più piacevole da fare a Dio che rimettere il Diavolo in Inferno : questo proverbio aveva attraversato il mare ed ancora durava.
Dioneo consigliava , perciò, alle giovani donne che avevano bisogno della grazia di Dio, di imparare a rimettere il Diavolo in Inferno, che ne potevano nascere molte cose buone.








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