giovedì 3 aprile 2014

TERZA GIORNATA - NOVELLA N.7

TERZA GIORNATA – NOVELLA N.7

 Tedaldo, adirato contro la sua donna, parte da Firenze, vi ritorna ,dopo molto tempo, come pellegrino, parla con lei; libera il marito di lei dalla morte, perché era stato accusato di averlo ucciso, lo pacifica con i fratelli; e poi, saggiamente, gode con la sua donna.


Come Fiammetta tacque, la regina fece segno ad Emilia di incominciare, ed ella precisò che la sua storia era ambientata , nuovamente, a Firenze. Nella città viveva un nobile giovane, di nome Tedaldo degli Elisei, innamorato di madonna Ermellina, moglie di Aldobrandino Palermini.
La donna, che aveva goduto con Tedaldo per diverso tempo, ad un certo punto non lo volle più ne vedere, ne sentire. Non riuscendo a riconquistarla, il giovane, preso da grande malinconia, segretamente, senza dire niente a nessuno,solo con un amico, che sapeva tutto, si recò ad Ancona. Lì, come servitore di un ricco mercante, si imbarcò per Cipro.
I suoi modi piacquero tanto al mercante che gli affidò molti importanti incarichi, che egli svolse così bene da diventare in pochi anni un ricco e famoso mercante.
Dopo sette anni, udendo a Cipro cantare una canzone da lui inventata per la sua donna, fu preso da un irrefrenabile desiderio di rivederla e decise di ritornare a Firenze.
Si fermò prima ad Ancona, di lì mandò a Firenze, con la sua roba, l’amico anconetano.
Poi partì per Firenze, di nascosto, accompagnato solo da un servitore, come un pellegrino che veniva dal Santo Sepolcro di Gerusalemme. A Firenze alloggiò in un alberghetto di due fratelli, che era vicino alla casa della donna. , dove si recò immediatamente per vederla.
Trovò tutte le finestre e le porte chiuse, per questo temette che fosse morta o che avesse cambiato casa.
Allora andò verso la casa dei suoi fratelli e li vide tutti e quattro vestiti di nero. Sicuro di non essere riconosciuto, perché era molto cambiato, si avvicinò ad un calzolaio e gli chiese come mai erano vestiti di nero. Il calzolaio rispose che ,circa quindici giorni prima, un loro fratello, di nome Tedaldo, che era stato lontano per molto tempo, era stato ucciso. Il colpevole sembrava che fosse un certo Aldobrandino Palermini, che l’aveva ucciso perché voleva bene a sua moglie ed era tornato di nascosto per vederla.
Tedaldo si meravigliò molto e si dolse della sventura di Aldobrandino, avendo sentito che la donna era viva e sana, se ne andò in albergo. La notte, sia per i molti pensieri, sia perché la cena era stata misera, non riuscì a dormire. A mezzanotte circa, sentì scendere delle persone dal tetto della casa e vide avanzare ,con  un lume ,  una giovane assai bella. Incontro a lei venivano tre giovani ,discesi dal tetto, che le dicevano che potevano stare tranquilli. Infatti l’uccisione di Tedaldo Elisei era stata attribuita ad Aldobrando Palermini che aveva confessato. Loro, dunque, non erano sospettati, dovevano solo tacere.
Tedaldo, udito ciò, cominciò a pensare a che cosa era potuto succedere. Concluse che i fratelli avevano seppellito un estraneo al posto suo e che un innocente era stato condannato a morte a causa della cieca severità delle leggi e dei magistrati, che commettevano degli errori e facevano dichiarare il falso sotto tortura.
 Rifletté su cosa era opportuno fare per salvare Aldobrandino.
Il mattino dopo, da solo, come un pellegrino, si recò nella casa dove trovò in lacrime la donna , che non lo riconobbe, e le promise che avrebbe salvato il marito dalla morte .
Poi, le raccontò tutte le vicende che la riguardavano, chi ella era, da quanto tempo era maritata, la condanna di Aldobrandino. La donna, meravigliata, credette che fosse un profeta che veniva da Costantinopoli e lo pregò di salvare il marito.
Il pellegrino, facendosi promettere il silenzio con tutti, le chiese se aveva mai avuto un amante.
Ella , con un grande sospiro, rispose che l’unico suo amante segreto era stato Tedaldo, che era stato seppellito da poco. Ed in verità , ella, da giovane, aveva molto amato il nobiluomo del cui assassinio era accusato il marito. Si doleva moltissimo della sua morte e non lo poteva scacciare dal suo cuore.
Il pellegrino le chiese, allora, quale offesa Tedaldo le aveva fatto per essere scacciato da lei.
E la donna rispose che nessuna offesa le era stata arrecata, ma la fine del rapporto era stata dovuta alle parole che un maledetto frate le aveva detto in confessione.
Costui le aveva detto che se non avesse troncato la relazione sarebbe finita nella bocca del diavolo nel profondo dell’Inferno, nel fuoco eterno. Perciò aveva provato una tale paura che non aveva voluto più incontrarlo ,ne ricevere sue lettere ,ne ambasciate, pur non avendone alcuna ragione. Pure , credeva che se egli, invece di andarsene disperato, avesse insistito, alla fine, vedendolo consumarsi come neve al sole , avrebbe ceduto.
Il pellegrino ricordò ad Ermellina che ella aveva accettato spontaneamente l’amore di Tedaldo e l’aveva ricambiato. Il voler togliere a lui sé stessa che gli apparteneva, questa era una ruberia, se egli non era d’accordo. Come frate conosceva bene i costumi dei religiosi. Nel passato vi furono frati santissimi, ma i frati del loro tempo avevano di frate solo la cappa (il mantello) e anche quella non era come quelle dei primi tempi, che erano strette ,misere, di panni ruvidi. In quei tempi, invece, le facevano larghe, foderate, lucide, di tessuti finissimi, in modelli leggiadri; in esse i religiosi si padroneggiavano nelle chiese e nelle piazze come non facevano i civili. Avvolgendosi in questi ornamenti, come i pescatori con le reti catturavano nei fiumi molti pesci, così loro si ingegnavano a catturare molte bizzoche, vedove, ed altre sciocche donne e uomini. Rivolgevano a ciò maggiore attenzione che a qualsiasi altra attività. E, mentre i religiosi antichi desideravano la salvezza degli uomini, quelli del loro tempo desideravano le femmine e le ricchezze.
Spaventavano gli sciocchi con minacce e con dipinti, chiedendo elemosine e messe con cui purgare i peccati, poiché si erano fatti frati non per lavorare ma per ricevere pane, vino, pietanze dai fedeli in cambio di preghiere per le anime dei defunti. Certamente era vero che le elemosine e le preghiere purgavano i peccati, ma se i fedeli avessero visto a chi le facevano, le avrebbero tenute per sé o le avrebbero gettate ai porci.
Essi gridavano contro la lussuria perché ,allontanatisi gli sgridati, le donne rimanevano agli sgridatori ; condannavano l’usura e ,poi, con la restituzione dei soldi, si facevano le cappe più larghe, si procuravano i vescovadi e altre prelature maggiori. E se, poi, venivano rimproverati per queste cose sconce, rispondevano
“ Fate quello che noi diciamo e non quello che noi facciamo”, ritenendo di liberarsi da ogni responsabilità.
Il pellegrino continuò ,ancora, nella sua violenta accusa contro i frati dell’epoca, che attentavano all’onestà non solo delle donne secolari ,ma anche di quelle dei monasteri .
In tal modo convinse la donna che, se ,come aveva detto il frate confessore, era colpa gravissima rompere la fede matrimoniale, lo era ancor di più derubare , uccidere un uomo o mandarlo in esilio, a girare miseramente per il mondo. E quello aveva fatto proprio lei per le parole di un fraticello pazzo, bestiale e invidioso, che, forse, desiderava porre sé dove si ingegnava di cacciare l’altro.
Consigliava, infine, se Tedaldo, dopo lungo vagare, fosse tornato, di accoglierlo nuovamente nelle sue grazie e di ridargli il suo amore.
Il pellegrino aveva finito di parlare e la donna , che aveva ascoltato con molta attenzione, condivideva tutto quello che aveva detto. Ammetteva il suo errore e volentieri avrebbe rimediato, ma non era possibile perché Tedaldo era morto.
L’uomo rispose che ,invece, era vivo e in buono stato, se ella l’avesse voluto accogliere.
La donna continuava ad insistere che lo aveva visto morto, colpito da molte coltellate, davanti alla porta della sua casa, che lo aveva tenuto tra le sue braccia, bagnando il suo viso morto con le lacrime.
Parve giunto, allora, a Tedaldo, il momento giusto per mostrarsi e per salvare il marito di Ermellina.
Trovandosi in un luogo appartato, tirò fuori un anello che la donna gli aveva dato l’ultima notte che erano stati insieme. Ella ammise che lo aveva donato a Tedaldo, allora ,toltosi il cappuccio, il pellegrino svelò che era proprio Tedaldo.
La donna, riconosciutolo, si spaventò come se avesse visto un fantasma, e non lo accolse con slancio ma tentò di fuggire. Finalmente si convinse che il giovane non era morto , gli gettò le braccia al collo e lo baciò.
Dopo le affettuose accoglienze ,bisognò pensare a salvare Aldobrandino.
Rimessosi il saio e postosi il cappuccio in testa, baciò la donna e si avviò alla prigione, dove era rinchiuso Aldobrandino, come se fosse andato a confortarlo. Gli disse che era stato mandato da Dio per la sua salvezza e che, se gli avesse fatto un piccolo dono, l’indomani ,invece di udire la sentenza di morte, avrebbe udito quella della sua assoluzione.
Il prigioniero, non riconoscendolo, dichiarò di non aver mai commesso la colpa di cui era accusato, anche se ne aveva commesse molte altre. Prometteva che qualsiasi cosa gli avesse chiesto, se si fosse salvato, gliela avrebbe concessa.
Il pellegrino chiese soltanto il perdono per i quattro fratelli di Tedaldo che lo avevano accusato di aver ucciso il fratello. Aldobrandino promise.
Lasciata la prigione , il falso frate si recò , in segreto, presso il Signore che governava Firenze e gli rivelò che Aldobrandino ,già condannato, non aveva ucciso Tedaldo Alisei e  promise che prima di mezzanotte gli avrebbe portato gli uccisori di quel giovane.
Il Signore, che si rammaricava per la condanna di Aldobrandino, ascoltò attentamente e ,su indicazione del pellegrino, fece imprigionare i due albergatori ed il loro servo. I tre ,non sopportando la tortura, confessarono di aver ucciso Tedaldo Elisei, non conoscendolo, perché aveva infastidito la moglie di uno di loro.
Il frate, informato di tutto, di nascosto , si recò da Ermellina e le raccontò ciò che aveva fatto.
La donna, felice perché ,in pochi giorni, si erano risolti due casi : la liberazione dal pericolo del marito e il ritrovamento di Tedaldo, che credeva morto, lo abbracciò e baciò assai teneramente. Poi se ne andarono a letto insieme e fecero pace, prendendo piacere l’una dall’altro.
La Signoria, venuto il giorno, liberò Aldobrandino , con grande gioia sua, della moglie e dei parenti e fece tagliare la testa ai colpevoli.
Riconoscendo che il merito era stato del pellegrino, lo invitarono a trattenersi finché volesse e gli fecero festa e onori, soprattutto Ermellina che ben sapeva a chi li faceva.
Il frate ,ritenendo che fosse ,ormai, giunto il tempo di riportare la pace, chiese al nobiluomo di ricevere i fratelli per accogliere le loro scuse, assicurando la sua presenza. Avuto l’assenso, si recò dai fratelli e li invitò a pranzo con le loro donne e con Aldobrandino.
La mattina seguente, all’ora di pranzo, i quattro fratelli di Tedaldo, vestiti di nero, vennero alla casa dove erano attesi. Chiesero perdono al padrone di casa, che, piangendo pietosamente, perdonò ogni offesa ricevuta.
Le loro sorelle e le mogli furono ricevute affettuosamente da madonna Ermellina.
Quando si era giunti alla frutta, il pellegrino, facendo notare che alla festa mancava solo Tedaldo, si tolse di dosso gli abiti da viandante e rimase con una giubba di seta verde, facendosi riconoscere da tutti.
Raccontò le sue peripezie, dopo di che tutti: fratelli, amici, donne corsero ad abbracciarlo, ad eccezione di madonna Ermellina . Vedendo ciò il marito invitò la moglie a far festa, come le altre donne, a Tedaldo.
La donna , per farsi sentire da tutti, rispose che l’avevano trattenuta le parole disoneste dette quando tutti piangevano la morte del giovane.
Aldobrandino rispose che Tedaldo, salvandolo, aveva dimostrato di essere senza colpa, dunque, poteva abbracciarlo. La donna, che non desiderava altro, corse a fargli grandi feste.
La liberalità di Aldobrandino piacque molto ai fratelli che tolti i vestiti neri di lutto, indossarono abiti colorati. E il banchetto ,tra canti e balli, durò a lungo.
Poi tutti si spostarono a casa di Tedaldo dove la sera cenarono ,prolungando la festa  per diverso tempo.
I fiorentini, per molti giorni, considerarono Tedaldo un resuscitato e gridarono al miracolo.
Per puro caso, si scoprì, in seguito, chi era stato ucciso.
Un giorno, alcuni soldati della Lunigiana, passando davanti alla sua casa, si rivolsero a Tedaldo  e, salutandolo, gli dissero “ Possa star bene Faziuolo (diminutivo di Bonifazio)”.
Tedaldo , davanti ai fratelli, rispose “ Voi mi avete scambiato per un altro”.
Udendolo parlare, i soldati, si resero conto dell’errore ed ammisero che l’avevano scambiato per un loro compagno , un tal Faziuolo da Pontremoli, che era venuto a Firenze una quindicina di giorni prima.
In verità ,si meravigliavano per i ricchi vestiti, perché Faziuolo era, come loro, un masnadiero.
A quelle parole, il fratello maggiore chiese loro come era vestito il loro compagno e dalla descrizione riconobbe che era stato ucciso Faziuolo e non Tedaldo.
Si eliminò così ogni sospetto residuo e Tedaldo, tornato ricchissimo, continuò ad amare, ricambiato, con grande discrezione, la sua donna. E goderono a lungo del loro amore .





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