TERZA
GIORNATA – NOVELLA N.7
Tedaldo, adirato contro la sua donna, parte da
Firenze, vi ritorna ,dopo molto tempo, come pellegrino, parla con lei; libera
il marito di lei dalla morte, perché era stato accusato di averlo ucciso, lo
pacifica con i fratelli; e poi, saggiamente, gode con la sua donna.
Come Fiammetta tacque, la regina
fece segno ad Emilia di incominciare, ed ella precisò che la sua storia era
ambientata , nuovamente, a Firenze. Nella città viveva un nobile giovane, di
nome Tedaldo degli Elisei, innamorato di madonna Ermellina, moglie di
Aldobrandino Palermini.
La donna, che aveva goduto con
Tedaldo per diverso tempo, ad un certo punto non lo volle più ne vedere, ne
sentire. Non riuscendo a riconquistarla, il giovane, preso da grande
malinconia, segretamente, senza dire niente a nessuno,solo con un amico, che
sapeva tutto, si recò ad Ancona. Lì, come servitore di un ricco mercante, si
imbarcò per Cipro.
I suoi modi piacquero tanto al
mercante che gli affidò molti importanti incarichi, che egli svolse così bene
da diventare in pochi anni un ricco e famoso mercante.
Dopo sette anni, udendo a Cipro
cantare una canzone da lui inventata per la sua donna, fu preso da un
irrefrenabile desiderio di rivederla e decise di ritornare a Firenze.
Si fermò prima ad Ancona, di lì
mandò a Firenze, con la sua roba, l’amico anconetano.
Poi partì per Firenze, di nascosto,
accompagnato solo da un servitore, come un pellegrino che veniva dal Santo
Sepolcro di Gerusalemme. A Firenze alloggiò in un alberghetto di due fratelli,
che era vicino alla casa della donna. , dove si recò immediatamente per
vederla.
Trovò tutte le finestre e le porte
chiuse, per questo temette che fosse morta o che avesse cambiato casa.
Allora andò verso la casa dei suoi
fratelli e li vide tutti e quattro vestiti di nero. Sicuro di non essere
riconosciuto, perché era molto cambiato, si avvicinò ad un calzolaio e gli
chiese come mai erano vestiti di nero. Il calzolaio rispose che ,circa quindici
giorni prima, un loro fratello, di nome Tedaldo, che era stato lontano per
molto tempo, era stato ucciso. Il colpevole sembrava che fosse un certo
Aldobrandino Palermini, che l’aveva ucciso perché voleva bene a sua moglie ed
era tornato di nascosto per vederla.
Tedaldo si meravigliò molto e si
dolse della sventura di Aldobrandino, avendo sentito che la donna era viva e
sana, se ne andò in albergo. La notte, sia per i molti pensieri, sia perché la
cena era stata misera, non riuscì a dormire. A mezzanotte circa, sentì scendere
delle persone dal tetto della casa e vide avanzare ,con un lume ,
una giovane assai bella. Incontro a lei venivano tre giovani ,discesi
dal tetto, che le dicevano che potevano stare tranquilli. Infatti l’uccisione
di Tedaldo Elisei era stata attribuita ad Aldobrando Palermini che aveva
confessato. Loro, dunque, non erano sospettati, dovevano solo tacere.
Tedaldo, udito ciò, cominciò a
pensare a che cosa era potuto succedere. Concluse che i fratelli avevano
seppellito un estraneo al posto suo e che un innocente era stato condannato a
morte a causa della cieca severità delle leggi e dei magistrati, che
commettevano degli errori e facevano dichiarare il falso sotto tortura.
Rifletté su cosa era opportuno fare per
salvare Aldobrandino.
Il mattino dopo, da solo, come un
pellegrino, si recò nella casa dove trovò in lacrime la donna , che non lo
riconobbe, e le promise che avrebbe salvato il marito dalla morte .
Poi, le raccontò tutte le vicende
che la riguardavano, chi ella era, da quanto tempo era maritata, la condanna di
Aldobrandino. La donna, meravigliata, credette che fosse un profeta che veniva
da Costantinopoli e lo pregò di salvare il marito.
Il pellegrino, facendosi promettere
il silenzio con tutti, le chiese se aveva mai avuto un amante.
Ella , con un grande sospiro,
rispose che l’unico suo amante segreto era stato Tedaldo, che era stato
seppellito da poco. Ed in verità , ella, da giovane, aveva molto amato il
nobiluomo del cui assassinio era accusato il marito. Si doleva moltissimo della
sua morte e non lo poteva scacciare dal suo cuore.
Il pellegrino le chiese, allora,
quale offesa Tedaldo le aveva fatto per essere scacciato da lei.
E la donna rispose che nessuna
offesa le era stata arrecata, ma la fine del rapporto era stata dovuta alle
parole che un maledetto frate le aveva detto in confessione.
Costui le aveva detto che se non
avesse troncato la relazione sarebbe finita nella bocca del diavolo nel
profondo dell’Inferno, nel fuoco eterno. Perciò aveva provato una tale paura
che non aveva voluto più incontrarlo ,ne ricevere sue lettere ,ne ambasciate,
pur non avendone alcuna ragione. Pure , credeva che se egli, invece di
andarsene disperato, avesse insistito, alla fine, vedendolo consumarsi come
neve al sole , avrebbe ceduto.
Il pellegrino ricordò ad Ermellina
che ella aveva accettato spontaneamente l’amore di Tedaldo e l’aveva
ricambiato. Il voler togliere a lui sé stessa che gli apparteneva, questa era
una ruberia, se egli non era d’accordo. Come frate conosceva bene i costumi dei
religiosi. Nel passato vi furono frati santissimi, ma i frati del loro tempo
avevano di frate solo la cappa (il mantello) e anche quella non era come quelle
dei primi tempi, che erano strette ,misere, di panni ruvidi. In quei tempi,
invece, le facevano larghe, foderate, lucide, di tessuti finissimi, in modelli
leggiadri; in esse i religiosi si padroneggiavano nelle chiese e nelle piazze
come non facevano i civili. Avvolgendosi in questi ornamenti, come i pescatori
con le reti catturavano nei fiumi molti pesci, così loro si ingegnavano a
catturare molte bizzoche, vedove, ed altre sciocche donne e uomini. Rivolgevano
a ciò maggiore attenzione che a qualsiasi altra attività. E, mentre i religiosi
antichi desideravano la salvezza degli uomini, quelli del loro tempo desideravano
le femmine e le ricchezze.
Spaventavano gli sciocchi con
minacce e con dipinti, chiedendo elemosine e messe con cui purgare i peccati,
poiché si erano fatti frati non per lavorare ma per ricevere pane, vino,
pietanze dai fedeli in cambio di preghiere per le anime dei defunti. Certamente
era vero che le elemosine e le preghiere purgavano i peccati, ma se i fedeli
avessero visto a chi le facevano, le avrebbero tenute per sé o le avrebbero
gettate ai porci.
Essi gridavano contro la lussuria
perché ,allontanatisi gli sgridati, le donne rimanevano agli sgridatori ;
condannavano l’usura e ,poi, con la restituzione dei soldi, si facevano le
cappe più larghe, si procuravano i vescovadi e altre prelature maggiori. E se,
poi, venivano rimproverati per queste cose sconce, rispondevano
“ Fate quello che noi diciamo e non
quello che noi facciamo”, ritenendo di liberarsi da ogni responsabilità.
Il pellegrino continuò ,ancora,
nella sua violenta accusa contro i frati dell’epoca, che attentavano all’onestà
non solo delle donne secolari ,ma anche di quelle dei monasteri .
In tal modo convinse la donna che,
se ,come aveva detto il frate confessore, era colpa gravissima rompere la fede
matrimoniale, lo era ancor di più derubare , uccidere un uomo o mandarlo in
esilio, a girare miseramente per il mondo. E quello aveva fatto proprio lei per
le parole di un fraticello pazzo, bestiale e invidioso, che, forse, desiderava
porre sé dove si ingegnava di cacciare l’altro.
Consigliava, infine, se Tedaldo,
dopo lungo vagare, fosse tornato, di accoglierlo nuovamente nelle sue grazie e
di ridargli il suo amore.
Il pellegrino aveva finito di
parlare e la donna , che aveva ascoltato con molta attenzione, condivideva
tutto quello che aveva detto. Ammetteva il suo errore e volentieri avrebbe
rimediato, ma non era possibile perché Tedaldo era morto.
L’uomo rispose che ,invece, era
vivo e in buono stato, se ella l’avesse voluto accogliere.
La donna continuava ad insistere
che lo aveva visto morto, colpito da molte coltellate, davanti alla porta della
sua casa, che lo aveva tenuto tra le sue braccia, bagnando il suo viso morto
con le lacrime.
Parve giunto, allora, a Tedaldo, il
momento giusto per mostrarsi e per salvare il marito di Ermellina.
Trovandosi in un luogo appartato,
tirò fuori un anello che la donna gli aveva dato l’ultima notte che erano stati
insieme. Ella ammise che lo aveva donato a Tedaldo, allora ,toltosi il
cappuccio, il pellegrino svelò che era proprio Tedaldo.
La donna, riconosciutolo, si
spaventò come se avesse visto un fantasma, e non lo accolse con slancio ma
tentò di fuggire. Finalmente si convinse che il giovane non era morto , gli
gettò le braccia al collo e lo baciò.
Dopo le affettuose accoglienze
,bisognò pensare a salvare Aldobrandino.
Rimessosi il saio e postosi il
cappuccio in testa, baciò la donna e si avviò alla prigione, dove era rinchiuso
Aldobrandino, come se fosse andato a confortarlo. Gli disse che era stato
mandato da Dio per la sua salvezza e che, se gli avesse fatto un piccolo dono,
l’indomani ,invece di udire la sentenza di morte, avrebbe udito quella della
sua assoluzione.
Il prigioniero, non riconoscendolo,
dichiarò di non aver mai commesso la colpa di cui era accusato, anche se ne
aveva commesse molte altre. Prometteva che qualsiasi cosa gli avesse chiesto,
se si fosse salvato, gliela avrebbe concessa.
Il pellegrino chiese soltanto il
perdono per i quattro fratelli di Tedaldo che lo avevano accusato di aver
ucciso il fratello. Aldobrandino promise.
Lasciata la prigione , il falso
frate si recò , in segreto, presso il Signore che governava Firenze e gli
rivelò che Aldobrandino ,già condannato, non aveva ucciso Tedaldo Alisei e promise che prima di mezzanotte gli avrebbe
portato gli uccisori di quel giovane.
Il Signore, che si rammaricava per
la condanna di Aldobrandino, ascoltò attentamente e ,su indicazione del
pellegrino, fece imprigionare i due albergatori ed il loro servo. I tre ,non
sopportando la tortura, confessarono di aver ucciso Tedaldo Elisei, non
conoscendolo, perché aveva infastidito la moglie di uno di loro.
Il frate, informato di tutto, di
nascosto , si recò da Ermellina e le raccontò ciò che aveva fatto.
La donna, felice perché ,in pochi
giorni, si erano risolti due casi : la liberazione dal pericolo del marito e il
ritrovamento di Tedaldo, che credeva morto, lo abbracciò e baciò assai
teneramente. Poi se ne andarono a letto insieme e fecero pace, prendendo
piacere l’una dall’altro.
La Signoria, venuto il giorno,
liberò Aldobrandino , con grande gioia sua, della moglie e dei parenti e fece
tagliare la testa ai colpevoli.
Riconoscendo che il merito era
stato del pellegrino, lo invitarono a trattenersi finché volesse e gli fecero
festa e onori, soprattutto Ermellina che ben sapeva a chi li faceva.
Il frate ,ritenendo che fosse ,ormai,
giunto il tempo di riportare la pace, chiese al nobiluomo di ricevere i
fratelli per accogliere le loro scuse, assicurando la sua presenza. Avuto
l’assenso, si recò dai fratelli e li invitò a pranzo con le loro donne e con
Aldobrandino.
La mattina seguente, all’ora di
pranzo, i quattro fratelli di Tedaldo, vestiti di nero, vennero alla casa dove
erano attesi. Chiesero perdono al padrone di casa, che, piangendo pietosamente,
perdonò ogni offesa ricevuta.
Le loro sorelle e le mogli furono
ricevute affettuosamente da madonna Ermellina.
Quando si era giunti alla frutta,
il pellegrino, facendo notare che alla festa mancava solo Tedaldo, si tolse di
dosso gli abiti da viandante e rimase con una giubba di seta verde, facendosi
riconoscere da tutti.
Raccontò le sue peripezie, dopo di
che tutti: fratelli, amici, donne corsero ad abbracciarlo, ad eccezione di
madonna Ermellina . Vedendo ciò il marito invitò la moglie a far festa, come le
altre donne, a Tedaldo.
La donna , per farsi sentire da
tutti, rispose che l’avevano trattenuta le parole disoneste dette quando tutti
piangevano la morte del giovane.
Aldobrandino rispose che Tedaldo,
salvandolo, aveva dimostrato di essere senza colpa, dunque, poteva
abbracciarlo. La donna, che non desiderava altro, corse a fargli grandi feste.
La liberalità di Aldobrandino
piacque molto ai fratelli che tolti i vestiti neri di lutto, indossarono abiti
colorati. E il banchetto ,tra canti e balli, durò a lungo.
Poi tutti si spostarono a casa di
Tedaldo dove la sera cenarono ,prolungando la festa per diverso tempo.
I fiorentini, per molti giorni,
considerarono Tedaldo un resuscitato e gridarono al miracolo.
Per puro caso, si scoprì, in
seguito, chi era stato ucciso.
Un giorno, alcuni soldati della
Lunigiana, passando davanti alla sua casa, si rivolsero a Tedaldo e, salutandolo, gli dissero “ Possa star bene
Faziuolo (diminutivo di Bonifazio)”.
Tedaldo , davanti ai fratelli,
rispose “ Voi mi avete scambiato per un altro”.
Udendolo parlare, i soldati, si
resero conto dell’errore ed ammisero che l’avevano scambiato per un loro
compagno , un tal Faziuolo da Pontremoli, che era venuto a Firenze una
quindicina di giorni prima.
In verità ,si meravigliavano per i
ricchi vestiti, perché Faziuolo era, come loro, un masnadiero.
A quelle parole, il fratello
maggiore chiese loro come era vestito il loro compagno e dalla descrizione
riconobbe che era stato ucciso Faziuolo e non Tedaldo.
Si eliminò così ogni sospetto
residuo e Tedaldo, tornato ricchissimo, continuò ad amare, ricambiato, con
grande discrezione, la sua donna. E goderono a lungo del loro amore .
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