giovedì 8 maggio 2014

QUARTA GIORNATA – NOVELLA N.1

 Tancredi ,principe di Salerno, uccide l’amante della figlia e le manda il cuore in una coppa d’oro; messa sul cuore dell’acqua avvelenata, la figlia beve dalla coppa e muore.

Fiammetta considerò che il compito della quarta giornata di narrare storie di amori infelici, che facevano compassione a chi li ascoltava, era stato voluto per temperare la letizia dei giorni passati.
Ella avrebbe raccontato una storia triste ,degna delle lacrime dei presenti.
Tancredi, principe di Salerno, fu un signore umano e di indole buona, se non si fosse macchiato, nella vecchiaia, le mani di sangue. Egli ebbe una sola figlia e meglio sarebbe stato se non l’avesse avuta. Costei fu amata dal padre più di qualsiasi altra figlia. Non volendo allontanarla da sé, fino ad età avanzata non l’aveva maritata. Alla fine la diede in sposa ad un figlio del duca di Padova, che ,poco dopo, morì. Ella, rimasta vedova, ritornò dal padre.
La nobildonna era bellissima, giovane, ardente e saggia più di quanto si richiedeva ad una donna. Avendo compreso che il padre non aveva intenzione di risposarla, pensò di procurarsi, di nascosto, un valoroso amante. Tra gli uomini della corte di suo padre vi era un giovane valletto, di nome Guiscardo, di umili origini, ma nobile per costumi e indole. La donna si innamorò ardentemente ed anche il giovane, essendosene accorto, la ricambiò appassionatamente, non riuscendo più a pensare ad altro che a lei.
Amandosi, dunque, l’un l’altro segretamente e non potendosi fidare di nessuno, la giovane, desiderando incontrarsi con Guiscardo, pensò ad un insolito stratagemma. Gli scrisse una lettera, fissandogli un appuntamento per il giorno seguente, e la nascose nel foro di una canna che serviva per soffiare il fuoco. La diede al giovane, consigliandogli di soffiarla per accendere il fuoco. Guiscardo, tornato a casa, guardò nella canna, vide il foro e la lettera, e , come l'uomo più felice del mondo, eseguì tutto quello che vi era scritto.
Al lato del palazzo del principe, c’era una grotta scavata nel monte, nella quale entrava ,a stento, un po’ di luce da uno spiraglio fatto artificialmente , tutto coperto di sterpi di pruni e di erbe, perché la grotta era abbandonata. In quella grotta si poteva scendere per una scala segreta, che era in una delle camere occupate dalla donna, sebbene fosse chiusa da una porta fortissima. Nessuno se ne ricordava più, perché non era stata usata da moltissimi anni. Ma Amore acuì l’ingegno della donna che riuscì ad aprire l’uscio, vide lo spiraglio, avvisò Guiscardo , gli indicò l’altezza di quello da terra.
Il giovane preparò una fune con nodi e cappi per poter salire e scendere, indossò un vestito di cuoio per potersi difendere dai rovi, senza dire niente a nessuno.
La notte seguente, legato bene il cappio ad un albero resistente che era nato davanti allo spiraglio, si calò con una fune nella grotta ed attese la donna. Ella, il giorno dopo, fingendo di voler dormire, licenziò le sue damigelle, si chiuse in camera da sola, aprì l’uscio e discese nella grotta.
Lì trovò Guiscardo ed insieme fecero una meravigliosa festa. Da quel passaggio si trasferirono nella camera di lei, dove rimasero per gran parte del giorno. Poi Guiscardo se ne tornò nella grotta e la donna , chiusa la porta, chiamò le sue damigelle. Il giovane , venuta la notte, salendo con la fune, per lo spiraglio da dove era venuto se ne ritornò a casa .
Questo percorso, in seguito ,fu ripetuto molte volte. Ma la fortuna, invidiosa, trasformò la loro gioia in pianto doloroso.
Di solito Tancredi se ne andava, tutto solo, nella camera della figlia per trattenersi a discutere con lei. Un giorno, dopo pranzo, andò nella camera mentre la figlia era in giardino con le sue damigelle, senza che nessuno lo vedesse.
Decise di attenderla, senza chiamarla, avendo trovando le finestre chiuse e le tende del letto abbassate, si sedette sopra uno sgabello, in un angolo, come se si fosse nascosto apposta ,e si addormentò.
Mentre il principe dormiva, Ghismonda (quello era il nome della giovane) che per sventura aveva detto a Guiscardo di andare da lei, lasciate le damigelle in giardino, entrò nella sua camera.
Senza accorgersi del padre, aprì la porta a Guiscardo e se ne andò con lui sul letto, scherzando e ridendo, come facevano di solito.
Frattanto Tancredi si svegliò e vide ciò che il giovane e la figlia facevano. Il principe rimase nascosto, pensando al modo di vendicarsi dell’offesa, con minore vergogna da parte sua.I due amanti, per lungo tempo, come facevano di solito, stettero insieme, senza accorgersi di Tancredi: Alla fine scesero dal letto, il giovane se ne tornò nella grotta e la donna uscì dalla camera.
Il principe, benché  vecchio, si calò nel giardino da una finestra e, enormemente addolorato, se ne tornò nelle sue stanze.La notte seguente, per ordine del sovrano, Guiscardo fu catturato da due uomini mentre usciva dallo spiraglio. Condotto alla presenza di Tancredi, il giovane si giustificò incolpando Amore, che poteva più del principe e di sé stesso. Fu ,immediatamente ,imprigionato.
Come al solito, dopo pranzo, il padre si recò nella camera della figlia, ignara di tutto. Piangendo egli la rimproverò aspramente perché si era unita ad un uomo senza averlo sposato, per di più aveva scelto un uomo di umilissime origini che era stato accolto per carità da bambino alla sua corte. Le disse ,ancora, che aveva deciso quale punizione dare a Guiscardo , che aveva fatto catturare la sera prima, mentre usciva dalla grotta, ma non sapeva che cosa fare con lei. Era sua figlia ,l’aveva sempre amata più di ogni cosa al mondo ed era sdegnato per la sua follia. Da un lato avrebbe voluto perdonarla, dall’altro punirla crudelmente. Ma prima di decidere le chiese cosa aveva da dire a sua discolpa.Ghismonda udendo il padre , comprendendo che il suo amore segreto era stato scoperto e che Guiscardo era stato catturato, provò un dolore immenso. Non ricorse alle lacrime per impietosire il padre, ma, con animo fiero, decise di non vivere più, ritenendo che il suo Guiscardo fosse morto. Quindi , non come una femmina piangente, ma come una donna orgogliosa confessò al padre tutto l’amore che aveva provato e che continuava a provare per il giovane e che avrebbe provato anche dopo la morte.
Accusò ,poi, Tancredi di essere stato poco sollecito a maritarla, dimenticando che era fatta di carne e non di pietra o di ferro. Egli ,essendo vecchio, aveva dimenticato quanto fossero forti le leggi della gioventù.
Gli rimproverò aspramente di aver trascurato il fatto che ella era ancora giovane, fatta di carne ,e, che essendo stata sposata, aveva già conosciuto il piacere del sesso.
E continuò dicendo che non aveva potuto resistere al richiamo dell’amore e si era innamorata del giovane valletto, pur avendo tentato in tutti i modi di evitarlo per non recare vergogna a sé stessa e al padre. Aveva scelto Guiscardo non per caso ma per amore. Il giovane, sebbene fosse di umili origini, era nobile per costumi e per indole. Aggiunse che se il principe avesse giudicato senza animosità, l’avrebbe ritenuto nobilissimo a differenza dei suoi nobili, tutti villani. Infine Ghismonda supplicò il padre di usare la sua crudeltà senile contro di lei, e, se aveva intenzione di punire con la morte il giovane, di uccidere anche lei con lo stesso colpo.
Tancredi prese atto della grandezza d’animo della figlia, ma non credette nella sua determinazione.
Per raffreddare l’ardente amore della donna, allontanatosi da lei, ordinò ai due sorveglianti di strangolare Guiscardo la notte seguente, di strappargli il cuore e di portarglielo. I due così fecero.
Il giorno seguente il principe si fece portare una bella coppa d’oro, vi mise il cuore di Guiscardo e lo mandò alla figlia come consolazione.
Frattanto Ghismunda, decisa ad attuare il suo proponimento, quando il padre si allontanò si fece portare delle erbe e delle radici velenose e le mise a macerare nell’acqua per tenerle pronte in caso di bisogno.
Appena scoperchiata la coppa portatale dal servo, capì che si trattava del cuore dell’amato. Lo avvicinò alla bocca e lo baciò, provando ancora più forte l’amore che aveva per il giovane. Rivolse al cuore, guardandolo, tenerissime parole d’amore, maledicendo la malvagità del padre che le aveva mandato un dono così crudele.
Promise che la sua anima si sarebbe presto ricongiunta all’anima del giovane. Così detto cominciò a piangere sul morto cuore come una fontana, baciandolo  infinite volte. Le damigelle ,non comprendendo le sue parole, cercarono inutilmente di consolarla.
Dopo aver pianto per molto tempo, alzato il capo e asciugatisi gli occhi, disse “ O mio amato cuore ,ora non mi resta nient’altro da fare che venire con la mia anima a fare compagnia alla tua”. Ciò detto si fece portare la brocca, dove era l’intruglio che prima aveva preparato, lo versò nella coppa dove era il cuore. Senza paura vi pose la bocca e bevve il veleno. Poi, con la coppa in mano, si pose sul letto, accostando il suo cuore a quello dell’amante e attese la morte.
Tancredi, temendo quello che poteva succedere, scese nella camera della figlia e si mise accanto al letto. Resosi conto della sventura, cominciò a piangere. La figlia aspramente gli  disse che non doveva piangere per lei, che non desiderava quelle lacrime. Se, comunque, provava ancora un po’ di affetto per lei, poiché non aveva voluto che vivesse di nascosto con Guiscardo ,gli chiese di seppellire il suo corpo accanto a quello dell’amante in un posto dove tutti potessero vederlo.  Poco dopo morì.
Così ebbe tragica fine l’amore di Guiscardo e di Ghismunda.
Tancredi, pentito, ahimè tardi, della sua crudeltà, con grande dolore di tutti i salernitani, onorevolmente fece seppellire i due giovani in una stessa tomba.




8 commenti:

  1. Andrea sei un cavallo di quelli matti

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  2. questa storia insegna che in fin dei conti non importa a nessuno se sei un delfino o un cane, l'importante è che non caghi il cazzo a Tancredi

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  3. Salve prof.Venir sono Leonardo lol ho letto questa novella dalla parafrasi sono proprio un criminale

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  4. Tancredi uno dei primi chaddoni della storia

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