OTTAVA GIORNATA – NOVELLA N.6
Bruno
e Buffalmacco rubano un porco a Calandrino, per ritrovarlo gli fanno fare
l’esperimento con pillole di zenzero e con vernaccia, e a lui ne danno due,
l’una dopo l’altra, di quelle di cane, impastate con aloe e pare che il porco
l’abbia preso egli stesso : glielo fanno ricomperare ,se non vuole che lo dicano alla moglie.
Filostrato non
aveva ancora finito la sua novella che già la regina impose a Filomena di
continuare.
E Filomena
incominciò dicendo che ,come Filostrato aveva raccontato la sua novella spinto
dal nome di Maso, così ella aveva scelto una novella, che sicuramente sarebbe
piaciuta loro, spinta dal nome di Calandrino e dei suoi compagni.
Non aveva
bisogno di spiegare chi fossero Calandrino ,Bruno e Buffalmacco perché
l’avevano già udito.
Proseguendo,
disse che Calandrino aveva un poderetto non lontano da Firenze, avuto in dote
dalla moglie, dal quale ogni anno, insieme ad altre cose, ricavava un porco. Era
sua usanza di andarsene colà sempre, nel mese di Dicembre, con la moglie in
campagna, per ucciderlo e farlo salare. Una volta, essendo la moglie ammalata,
Calandrino andò da solo ad uccidere il porco.
Bruno e
Buffalmacco, sapendo che Calandrino era solo, senza la moglie, se ne andarono
da un prete, carissimo amico loro, che abitava vicino a Calandrino, e si
trattennero qualche giorno con lui.
La mattina in
cui giunsero, Calandrino aveva appena ucciso il porco.
Egli accolse
volentieri i due amici con il prete e , per vantarsi della sua bravura, li fece
entrare in casa e mostrò loro il porco. Essi videro che il porco era bellissimo
e gli consigliarono di venderlo e di godersi insieme con loro, i denari
ricavati, invece di salarlo. Doveva ,poi, dire alla moglie che gli era stato
rubato.
Calandrino non
volle ascoltare i cattivi consigli, temendo che la moglie potesse cacciarlo di
casa.
Poi li invitò a
cena di malavoglia, tanto che essi rifiutarono e se ne andarono.
Poco dopo Bruno
chiese a Buffalmacco se, quella notte, volevano rubare il porco e spiegò come
fare. Buffalmacco e il prete furono d’accordo.
Allora Bruno
spiegò il suo piano, dicendo che Buffalmacco sapeva bene come fosse avaro
Calandrino e come bevesse volentieri quando pagavano gli altri, perciò dovevano
portarlo alla taverna. Colà il prete doveva far finta di offrire tutto lui per
onorarli e non doveva lasciar pagare nulla allo stupidone ,che si sarebbe
sicuramente ubriacato. La qual cosa sarebbe stata utile, perché era solo in
casa.
Così fecero.
Calandrino, vedendo che il prete non lo faceva pagare, si mise a bere molto
abbondantemente.
Era già notte
inoltrata quando andò via dalla taverna, senza voler cenare altro, entrò in
casa e, credendo di aver serrato l’uscio, lo lasciò aperto e se ne andò a
letto.
Bruno e
Buffalmacco se ne andarono a cenare col prete; dopo cena presero gli attrezzi
per entrare in casa di Calandrino, come aveva disposto Bruno.
Andarono in
silenzio, ma, giunti alla casa, trovato l’uscio aperto, rubarono il porco e lo
portarono a casa del prete. Lo nascosero e se ne andarono a dormire.
Calandrino al
mattino si svegliò completamente sobrio; scese giù, guardò, non vide il suo
porco e vide l’uscio aperto. Domandò all’uno e all’altro se sapessero chi
l’aveva preso e cominciò a gridare che il porco gli era stato rubato.
Quasi piangendo,
diede la notizia a Bruno e a Buffalmacco, accorsi immediatamente.
Bruno,
avvicinatosi, gli consigliò di gridare più forte in modo che tutti credessero
che veramente il porco gli era stato rubato.
A niente valeva
il fatto che Calandrino insistesse nell’affermare che gli porco gli era stato
rubato sul serio.
Intervenne
Buffalmacco affermando che ,se veramente il porco gli era stato rubato, egli
sapeva come fare per riaverlo.Infatti il ladro non poteva essere venuto
dall’India, ma doveva essere uno dei suoi vicini.Se li poteva radunare ,egli
avrebbe fatto loro l’incantesimo del pane e del formaggio, così avrebbero visto
subito chi l’aveva rubato.
Ma Bruno obiettò
che i gentilotti che erano lì intorno, chè sicuramente era stato uno di loro,
conoscendo l’incantesimo non sarebbero andati. Propose, invece, di ricorrere
alle gallette di zenzero con vernaccia e di invitarli a bere. I contadini, non
sospettando, sarebbero sicuramente andati e le gallette di zenzero si potevano
benedire come il pane e il cacio.
Calandrino fu
d’accordo affermando che se avesse saputo chi era stato, sarebbe stato mezzo
consolato.
Bruno, allora,
gli chiese dei denari per andare a Firenze e comprare tutto ciò che serviva.
Calandrino gli
dette tutti i quaranta soldi che aveva.
Bruno, andato a Firenze,
da un suo amico speziale comprò una libra di belle galle e ne fece confezionare
due libre con zenzero di cane, mischiato con succo di aloe fresco, poi le fece
ricoprire con lo zucchero, come le altre. Per non confonderle fece fare loro un
segnetto, per poterle riconoscere.
Comprato un
fiasco di buona vernaccia ,se ne tornò in campagna da Calandrino e gli disse di
invitare per l’indomani mattina tutti i sospettati, sicuro che l’indomani
,essendo festa, tutti sarebbero andati volentieri.
Promise che,
durante la notte, insieme a Buffalmacco, avrebbe fatto l’incantesimo sopra le
galle e la mattina successiva gliele avrebbe portate. Per amore dell’amico,
egli stesso avrebbe fatto e detto quello che si doveva fare e dire.
Calandrino così
fece. Radunata una buona compagnia di giovani fiorentini, che erano in campagna
,e di contadini, la mattina seguente, davanti alla chiesa, intorno all’olmo,
Bruno e Buffalmacco giunsero con la scatola delle pillole e con il fiasco di
vino.
Sistemati tutti
in cerchio, Bruno disse loro “Signori, mi conviene spiegarvi la ragione per cui
siete qui, perché se succede qualcosa di spiacevole per voi, non vi dobbiate
lagnare con me. A Calandrino ieri notte è stato rubato un bel porco e non
riesce a trovare il ladro. Siccome deve averglielo rubato uno di voi, vi darà
da mangiare queste galle, una per uno, e da bere. Sappiate che chi ha rubato il
porco non potrà mandar giù la pillola, anzi gli sembrerà più amara del veleno e
la sputerà. Perciò, prima che subisca questa vergogna in presenza di tanti, è
meglio che il ladro in confessione lo dica al parroco ed io eviterò di fare
ciò.”.
Tutti i presenti dissero che ne avrebbero mangiato
volentieri.
Bruno ,allora,
li mise in ordine, inserendo tra loro anche Calandrino, e cominciò a dare a ciascuno
la sua.
Come fu davanti
a Calandrino, presa una pillola di zenzero di cane, gliela mise in mano.
Calandrino
subito se la gettò in bocca e cominciò a masticare; la pillola era talmente
amara che la sputò.
Ognuno guardava
l’altro per vedere chi sputasse la sua.
Bruno, che
ancora non aveva finito di darle a tutti, come si accorse che Calandrino aveva
sputato la sua, per essere sicuro che non l’aveva sputata per altri motivi,
gliene diede un’altra e gliela mise in bocca, continuando il suo giro. Al poveretto
se la prima era sembrata amara, la seconda sembrò amarissima. Ma, vergognandosi
di sputarla, se la tenne in bocca, masticandola un po’e ,tenendola in bocca,
cominciò a versare lacrime grosse come nocciole. Infine, non potendone più, la
sputò ,come aveva fatto con la prima.
Frattanto
Buffalmacco e Bruno davano da bere alla brigata ; come videro ciò, tutti
dissero che Calandrino il porco se l’era rubato egli stesso e vi furono alcuni
che lo rimproverarono aspramente.
Andati via
tutti, rimasero con Calandrino soltanto Bruno e Buffalmacco.
Buffalmacco
cominciò a dire che aveva ben capito che aveva nascosto il porco lo stesso
Calandrino, perché non voleva dar loro da bere con quei danari che ne aveva
guadagnato.. Voleva sapere dal compagno se avesse guadagnato dalla vendita
almeno sei fiorini.
E, mentre Calandrino si disperava , Bruno
disse “ Comprendi bene, Calandrino, un tale della brigata ,che con noi mangiò e
bevve, mi disse che tu avevi quassù una giovinetta, a tua disposizione, e le
davi quello che potevi. Sicuramente le hai mandato quel porco. Ora ti stai prendendo gioco di noi. Già in
passato ci hai condotto per il Mugnone a raccogliere pietre nere e, dopo averci
messi nell’impicci ed essertene ritornato a casa, volevi farci credere che
avevi trovato la pietra magica. Ora, ugualmente, con i tuoi giuramenti, ci vuoi
far credere che il porco, che tu hai donato o venduto, ti sia stato rubato. Noi
siamo abituati alle tue beffe e le conosciamo, tu non ce ne potresti fare di
più. E, in verità, a noi è costato molta fatica fare l’incantesimo, perciò ti
chiediamo che ci doni due paia di capponi, se non vuoi che diciamo a monna
Tessa ogni cosa”.
Calandrino,
vedendo che non era creduto, pensando che aveva già provato molto dolore, non
volendo anche i rimproveri della moglie, diede loro due paia di capponi, che i
due briganti si portarono a Firenze, dopo aver salato il porco.
E così
lasciarono Calandrino con il danno e con le beffe.
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