mercoledì 8 aprile 2015

OTTAVA GIORNATA - NOVELLA N.4

OTTAVA GIORNATA – NOVELLA N. 4

    
      Il curato di Fiesole ama una donna vedova :non è amato da lei e, credendo di giacere con lei, giace con una sua fantesca, e i fratelli della donna lo fanno trovare al suo vescovo.


suQuando Elissa terminò la novella, molto gradita a tutta la compagnia, la regina ,volgendosi verso Emilia, le          
         fece segno di raccontare la sua.
         Ed ella subito incominciò dicendo che ricordava di aver già mostrato quanto i preti, i frati ed ogni chierico sollecitavano nelle menti delle donne pensieri peccaminosi. Intendeva continuare su quella strada e raccontare di un curato che voleva che una gentil donna vedova gli volesse bene, a tutti i costi,volente o nolente.
         La donna ,che era molto saggia, lo trattò come si meritava.
         Ognuno di loro sapeva che Fiesole, la cui collina potevano vedere da dove si trovavano, fu un’antichissima e grande città, anche se a quel tempo era in rovina . Nonostante la decadenza del momento aveva sempre avuto un vescovo e lo aveva ancora.
        A Fiesole, vicino al Duomo, una gentildonna vedova, chiamata monna Piccarda, aveva un podere con una casa non troppo grande. Poiché non era molto ricca dimorava lì ,per la maggior parte dell’anno, con due suoi fratelli, giovani assai da bene e cortesi.
         Andando la donna spesso in chiesa ed essendo ancora assai giovane e bella, di lei si innamorò follemente il prevosto della chiesa, che non vedeva altro che lei. Divenne tanto ardito che le dichiarò il suo amore,  pregandola di ricambiarlo.
         Il prevosto era già vecchio di anni, ma baldanzoso e superbo, si sentiva un giovinetto, ed era assai presuntuoso, con i suoi modi pieni di smancerie e di spiacevolezza era tanto stucchevole che non c’era nessuno che gli volesse bene e men di tutti la donna.
         Ella non lo sopportava proprio e l’odiava più che il mal di testa. Perciò, con molto garbo, gli rispose che gradiva molto le dichiarazioni d’amore di lui, ma tra loro non poteva mai accadere niente di disonesto. Egli era il suo padre spirituale, si avvicinava alla vecchiaia, cose che dovevano renderlo onesto e casto. D’altra parte sapeva che ella non era una fanciulla, cui si addicevano gli innamoramenti, ma una vedova, alla quale si richiedeva grande onestà. Doveva, dunque, scusarla perché non poteva amarlo come egli avrebbe voluto.
         Il parroco non si arrese al primo colpo, ma, con grande sfacciataggine, continuò a corteggiarla insistentemente con lettere, con ambasciate e con dichiarazioni fatte di persona , quando la donna andava in chiesa.
         Il corteggiamento parve troppo fastidioso alla donna che pensò alla maniera di levarsi di dosso quel fastidio, come il prevosto meritava.
         Parlò, comunque, di ogni cosa ai suoi fratelli. Disse loro del modo di comportarsi del prete verso di lei e di ciò che intendeva fare ed ebbe la loro approvazione.
         Dopo pochi giorni andò in chiesa, come al solito. Come il prevosto la vide, le andò incontro e, come faceva di solito, le cominciò a parlare confidenzialmente.
         La donna ,vedendolo arrivare, gli sorrise. Dopo aver parlato a lungo, con un gran sospiro gli disse “ Messere, ho sentito tante volte che non c’è castello così forte che, dopo lungo assalto, non venga conquistato. Voi mi siete stato attorno, ora con dolci parole, ora con una gentilezza dietro l’altra, tanto che io ho cambiato parere e sono disposta, visto che vi piaccio tanto, ad essere vostra”.
         Il parroco, tutto contento, la ringraziò dicendo che si era molto meravigliato per la resistenza di lei, pensando che se le donne fossero state d’argento non sarebbero valse nemmeno pochi soldi, perché nessuna avrebbe resistito al martello.. Ma , tralasciando il resto, le chiese dove e quando avrebbero potuto stare insieme.
         La donna gli rispose che, poiché era senza marito, non doveva dar conto a nessuno delle sue notti, per cui era disponibile in ogni momento, ma non sapeva pensare dove.
         Il prevosto propose di incontrarsi a casa di lei.
Ma la donna rispose che aveva due fratelli giovani che di giorno andavano a casa sua con le loro brigate e che la sua casa non era era troppo grande e perciò non si ci poteva stare. Era possibile stare in camera di lei solo se si stava in silenzio, senza parlare e al buio ,come i ciechi. Ma la sua camera era a fianco alla camera dei fratelli, tanto che non si poteva dire neanche una parola sottovoce, che non si sentisse dall’altra parte.
Il prete propose, allora, di pazientare un paio di giorni, mentre trovava una soluzione migliore.
La donna gli raccomandò il massimo riserbo. Egli promise e le chiese se era possibile incontrarsi quella sera stessa. La donna rispose che era possibile e , dopo avergli dato disposizioni sul come e sul quando dovesse andare da lei, se ne tornò a casa.
Monna Piccarda aveva una fantesca, non troppo giovane,che aveva il viso più brutto e più truccato che si fosse mai visto. Aveva il naso schiacciato, la bocca storta, le labbra grosse, i denti grandi e storti; era quasi cieca, soffriva con gli occhi, che erano di un colore tra verde e giallo, che pareva che avesse trascorso l’estate non a Fiesole ma a Sinigallia. Oltre tutto era sciancata e un po’ zoppa sul lato destro.
Il suo nome era Ciuta e perché aveva il viso così cagnazzo da tutti gli uomini era chiamata Ciutazza.
Pur essendo bruttissima, pure era alquanto maliziosetta.
La padrona la chiamò presso di sé e le disse che le avrebbe donato una camicia nuova se nella notte le avesse fatto un servizio. La Ciutazza promise che si sarebbe gettata nel fuoco per lei.
La donna, allora, spiegò che voleva che giacesse nel suo letto con un uomo, facendogli molte moine, senza dire neanche una parola, per non farsi sentire dai fratelli di lei, che dormivano nella stanza accanto; poi le avrebbe dato la camicia.
La Ciutazza disse che avrebbe dormito con sei uomini, non con uno ,se fosse stato necessario.
Venuta la sera, il prevosto venne, come gli era stato ordinato.
I due fratelli, come aveva disposto la donna, erano nella stanza accanto e facevano molto rumore.
Il prete, in silenzio e al buio, entrò nella camera della donna e se ne andò a letto e così pure la Ciutazza, ben istruita dalla donna su ciò che dovesse fare.
Il prevosto,credendo di avere al lato la sua donna, prese in braccio la Ciutazza e la cominciò a baciare senza dire una parola, ricambiato. Egli ,provando gran piacere, prese possesso dei beni a lungo desiderati.
La donna, che aveva organizzato ogni cosa, ordinò ai fratelli di fare il resto.
Essi, usciti silenziosamente dalla camera, andarono verso la piazza e la fortuna fu più favorevole di quanto avessero sperato.
Infatti il vescovo, per il gran caldo, passeggiando aveva chiesto dei due giovani per andare a casa loro e bere un buon bicchiere di vino. Come li vide, andò loro incontro ed espresse il suo desiderio.
 Si misero subito in cammino e giunsero nel fresco cortile di casa, dove c’erano molti lumi accesi, e bevvero del buon vino fresco.
I due giovani ,dopo aver bevuto, invitarono il vescovo a visitare la loro piccola casetta . Infatti erano andati ad invitarlo proprio per questo. Il vescovo assentì volentieri.
Uno dei giovani, presa una torcia accesa, seguendolo il vescovo e gli altri, si diresse verso la camera in cui il prevosto giaceva con la Ciutazza. Egli aveva già cavalcato più di tre volte, essendo un po’ stanco si riposava, tenendo in braccio la Ciutazza, nonostante il caldo.
Entrato, dunque, il giovane nella camera con il lume in mano, il vescovo e tutti gli altri poterono vedere il curato con la Ciutazza in braccio.
Il curato, svegliatosi ,vista la luce e tutta quella gente, per la vergogna nascose il capo sotto le lenzuola.
Il vescovo gli fece tirar fuori il capo, rimproverandolo aspramente, e gli fece vedere con chi era giaciuto.
Il prevosto, compreso l’inganno della donna, soffrì moltissimo. Per ordine del vescovo, rivestitosi, fu mandato a casa, per fare penitenza.
Il vescovo, poi, volle sapere che cosa era successo e il motivo per cui il curato era giaciuto con la Ciutazza.
I giovani gli raccontarono ogni cosa. Il vescovo, udito il fatto ,lodò molto la donna e anche i giovani, che senza macchiarsi le mani del sangue del prete, l’avevano trattato come si meritava.
Il vescovo  fece piangere al curato quel peccato per quaranta giorni, ma l’amore e lo sdegno molto di più.
Senza contare che, quando andava per la strada, tutti i fanciulli lo indicavano col dito e dicevano “ Guarda colui che giacque con la Ciutazza”.
Quella cosa gli dava molto fastidio e lo faceva quasi impazzire.
In tal modo la donna si liberò di un prevosto invadente e la Ciutazza guadagnò la camicia.





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