giovedì 2 aprile 2015

OTTAVA GIORNATA - NOVELLA N.3

OTTAVA GIORNATA – NOVELLA N.3

 Calandrino, Bruno e Buffalmacco ,giù per il Mugnone, vanno in cerca dell’Elitropia, e Calandrino crede di averla trovata; torna a casa carico di pietre; la moglie lo rimprovera ed egli adirato la picchia, e ai suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui.

Finita la novella di Panfilo, che aveva fatto tanto ridere le donne, la regina ordinò ad Elissa di continuare.
Ed ella, ridendo, disse che sperava di farle ridere con la sua novelletta, come aveva fatto Panfilo con la sua.
In Firenze, città sempre ricca di diversi costumi e di persone stravaganti, visse, non molto tempo prima, un pittore chiamato Calandrino, uomo semplice ed originale.
Egli trascorreva la maggior parte del tempo con altri due pittori, chiamati l’uno Bruno e l’altro Buffalmacco, uomini molto simpatici ed intelligenti, i quali spesso si divertivano con Calandrino per i suoi modi e la sua semplicità.
Vi era allora in Firenze anche un giovane di nome Maso del Saggio, molto piacevole in tutte le cose che faceva, astuto e capace, il quale, udendo che Calandrino era un sempliciotto, propose di prenderlo in giro facendogli una beffa o facendogli credere qualche fesseria.
Un giorno, per caso, lo trovò nella chiesa di San Giovanni e, vedendolo guardare con attenzione il dipinto e gli intagli del tabernacolo sopra l’altare della chiesa, pensò che era giunto il momento di attuare il suo progetto.
Informato un compagno della sua intenzione, insieme si accostarono dove Calandrino sedeva, tutto solo.
Fingendo di non averlo visto, cominciarono a discutere tra loro delle virtù delle diverse pietre, delle quali Maso parlava con tanta competenza, come se fosse stato un esperto conoscitore di pietre.
Calandrino pose attenzione a quei discorsi e, visto che non erano segreti, dopo un po’,alzatosi, si unì a loro, con grande piacere di Maso. Calandrino, ascoltando le parole di Maso, gli chiese dove si trovavano quelle pietre così portentose.
Maso rispose che, per la maggior parte, si trovavano in Berlinzone, terra dei baschi, nella contrada di Bengodi, dove si legavano le vigne con le salsicce e si poteva comprare un’oca per poco, con l’aggiunta di un papero .
Vi era, poi, una montagna di formaggio parmigiano grattugiato, sul quale stava della gente che faceva soltanto maccheroni e ravioli e li cuoceva in un brodo di capponi. Poi li gettava giù e chi più ne pigliava ,più ne aveva.
In quei pressi scorreva un fiumicello di Vernaccia, del migliore che mai si bevve, senza neppure una goccia d’acqua.
Calandrino, meravigliato, chiese che cosa si facesse dei capponi cotti , e Maso gli rispose che se li mangiavano i baschi.
Calandrino chiese a Maso se c’era mai stato in quel paese e a quante miglia di distanza fosse, e Maso rispose
“ Mi chiedi se ci sono mai stato? Si, ci son stato così una volta come mille. Dista più di millanta, che tutta la notte canta”. Lo scioccone rispose che doveva essere più lontano degli Abruzzi e Maso rispose di sì.
Calandrino, sempliciotto, vedendo Maso che diceva tutte quelle sciocchezze senza ridere e con viso serio, credette che fosse tutto vero e rispose che il posto era troppo lontano per lui, ma se fosse stato più vicino ci sarebbe sicuramente andato; fosse soltanto per vedere quei bei maccheroni cadere giù e farsene una bella mangiata..
Chiese ,poi, se per caso un po’ di quelle pietre straordinarie non si trovasse anche nelle loro contrade.
E Maso rispose che lì si trovavano due tipi di quelle pietre virtuose. Un tipo erano i macigni che si trovavano a Settignano e a Montisci, che venivano macinati e se ne faceva la farina. Era di ottima qualità ma non troppo apprezzata colà, come gli smeraldi, di cui c’era gran quantità in Monte Morello, dove rilucevano a mezzanotte.
Aggiunse che chi legava in anelli le macine ,prima che fossero forate, e le portava al sultano, avrebbe avuto da lui tutto ciò che volesse.   
L’altra cosa era l’Elitropia, una pietra di grandi virtù, qualunque persona che la portava con sé non era visto da nessuno, dove non era.
 Calandrino, colpito dalle virtù delle pietre, chiese dove si trovava quella pietra e di che colore fosse.
Maso rispose che di pietre di quel tipo se ne trovavano nel Mugnone ed erano di varia grandezza, grandi e piccole, ma erano di colore quasi come nero.
Calandrino, udite tutte quelle cose, fingendo di aver altro da fare, si allontanò da Maso e decise di andare a cercare quella pietra.
Volle, comunque, informare i suoi due cari amici Bruno e Buffalmacco. Consumò tutta la mattinata a cercarli.
Infine, essendo ormai le tre del pomeriggio, si ricordò che essi lavoravano nel monastero delle monache di Faenza. Sebbene facesse molto caldo, lasciata ogni altra faccenda, li andò a chiamare.
Disse loro che, se gli credevano, potevano diventare gli uomini più ricchi di Firenze.Aveva saputo da un uomo degno di fiducia che in Mugnone si trovava una pietra, che chi la indossava, non era visto da nessuna persona. Gli sembrava opportuno andarla a cercare, l’avrebbero sicuramente trovata. Una volta trovata, dovevano metterla nella borsa e andare alle tavole dei banchieri che erano sempre piene di monete e di fiorini e prendersene quanti ne volessero, senza che nessuno li vedesse. In questo modo rapidamente si sarebbero arricchiti, senza dover stare tutto il giorno a sporcare le mura, come le lumache.
Bruno e Buffalmacco, sentendolo, cominciarono a ridere tra loro;guardandosi, fecero finta di meravigliarsi, e approvarono la decisione dell’amico.
Buffalmacco gli chiese come si chiamava la pietra. Calandrino, smemorato, aveva già dimenticato il nome, per cui rispose che il nome non era importante, ma lo erano i suoi poteri. Riteneva, dunque, che dovessero andare a cercarla ,senza più indugiare.
Bruno, allora, chiese com’era fatta. Prontamente Calandrino rispose che la pietra era quasi nera, per cui riteneva che dovessero raccogliere tutte le pietre che sembravano nere e dovevano fare presto.
Bruno, rivolgendosi a Buffalmacco, disse che Calandrino aveva ragione ma non gli sembrava l’ora adatta perché nel Mugnone il sole era alto ed aveva asciugato tutte le pietre che, perciò, sembravano tutte bianche.
Inoltre ,essendo un giorno lavorativo, al Mugnone c’era a lavorare molta gente, che vedendoli lì, avrebbe potuto indovinare cosa stessero facendo; sarebbero potuti venire alle mani, perdendo una buona occasione.
Riteneva che quell’opera si dovesse fare di mattina, quando si distinguevano meglio le pietre nere dalle bianche,e in un giorno di festa, quando non c’era nessuno.
Buffalmacco lodò il consiglio di Bruno ed anche Calandrino fu d’accordo.
Decisero di andare, tutti e tre insieme, la domenica mattina seguente a cercare la pietra.
Calandrino raccomandò ai due amici di non farne parola con nessuno. Poi, raccontò loro ciò che aveva udito della contrada di Bengodi, giurando che era tutto vero.
Calandrino attese con ansia la domenica mattina; quando essa giunse, si alzò sul far del giorno.
Insieme con i compagni, usciti per la porta di San Gallo,giunti al Mugnone, cominciarono a cercare la pietra.
Calandrino era il più veloce di tutti nella ricerca, saltando rapidamente ora qua ora là, dovunque vedeva una pietra nera si gettava, la raccoglieva e se la metteva in seno.
I compagni lo seguivano e, di tanto in tanto, raccoglievano qualche pietra.
Calandrino non si allontanò dalla via finchè non ebbe riempito tutto il seno. Azatosi i lembi della veste, che non era corta, facendo con essi un ampio grembo, avendoli attaccati da ogni parte alla cintura, bel presto lo riempì.
Dopo un po’ di tempo riempì di pietre anche il suo mantello, legando i lembi.
Buffalmacco e Bruno videro che Calandrino era carico e si avvicinava l’ora di mangiare.
Come si erano accordati, Bruno chiese a Buffalmacco “Calandrino dov’è”. E Buffalmacco, che lo vedeva lì vicino, girandosi intorno e guardando qua e là, rispose “Io non so, pure poco fa era proprio qui, davanti a noi”.
I due birbanti fingevano di essere stati ingannati da Calandrino, che li aveva lasciati lì a cercare una pietra nera con grandi poteri, come due sciocchi, mentre se ne era andato tranquillamente a mangiare.
Calandrino, udendo quelle parole, credette che, per la virtù di quella pietra che aveva trovato, sebbene fosse loro vicino, non lo vedessero.Tutto felice, senza dir loro nulla, si avviò verso casa.
Anche i due compagni decisero di andarsene, lagnandosi della beffa fatta loro da Calandrino, giurando che se l’avessero visto gli avrebbero scagliato contro tanti sassi, che se ne ne sarebbe ricordato per un mese.
Detto ciò, Bruno prese una pietra e la scagliò contro Calandrino, colpendolo al calcagno.
Il poveretto sentì un gran dolore, ma si mise a correre, senza dir niente, e se ne andò.
Buffalmacco, dal canto suo,con in mano uno dei ciottoli che aveva raccolto, disse a Bruno “ Vedi che bel ciottolo, possa giungere subito nelle reni di Calandrino”, e lo scagliò contro le reni del malcapitato, provocandogli un gran dolore.
E così se ne andarono attraverso il Mugnone ,fino alla porta di San Gallo, lapidandolo.
Poi, lasciate le pietre che avevano raccolte, si fermarono un poco con le guardie del dazio, le quali, informate dai due, fecero passare Calandrino, fingendo di non vederlo, sbellicandosi dalle risa.
Lo stupidone, senza fermarsi, andò a casa sua che era vicina al Canto alla Macina.
La fortuna favorì la beffa, perché ,mentre Calandrino andava dal fiume fino alla città, nessuno gli rivolse la parola, anche se, in verità, incontrò poche persone, perché quasi tutti erano a pranzo.
Calandrino, dunque, arrivò ben carico a casa sua. In cima alla scala trovò sua moglie, monna Tessa, una donna bella e intelligente.
Ella, preoccupata perché il marito non si ritirava, vedendolo venire, gli chiese dove diavolo era andato e perché ritornava quando ormai tutti avevano già pranzato.
Calandrino, udendo ciò, comprese che la moglie lo aveva visto e, pieno di dolore, cominciò a gridare e a inveire contro la donna, accusandolo di averlo distrutto.
Poi, salito in una stanza e scaricate tutte le pietre che aveva, adirato corse verso la moglie, la afferrò per le trecce ,la gettò per terra e la colpì con violenza, per tutto il corpo, con le mani e i piedi, dandole pugni e calci, senza lasciarle nemmeno un capello o un osso che non fosse stato colpito.
Alla donna non valse a nulla il chiedere grazia con le mani giunte.
Buffalmacco e Bruno, dopo che avevano riso un po’ con le guardie, cominciarono a seguire Calandrino da lontano con passo lento.
Giunti alla porta di casa, sentirono che egli stava battendo la moglie e, fingendo di essere appena arrivati,
lo chiamarono.
Calandrino, tutto sudato,rosso e affannato, si affacciò e li pregò di salire.           
Essi salirono, fingendosi sorpresi, e videro la stanza piena di pietre e, in un angolo, la donna scapigliata, stracciata, piena di lividi e ferita al viso, che piangeva; dall’altro lato Calandrino sedeva sfinito.
         Dopo essersi guardati attorno, gli chiesero se voleva fare una costruzione, perché vedevano tante pietre.
Gli domandarono, poi ,che cosa avesse monna Tessa ;sembrava che l’avesse picchiata.
        Calandrino, affaticato dal peso delle pietre, dalla rabbia con cui aveva picchiato la donna, dal dolore perché gli sembrava di aver perduto una grossa fortuna, non riusciva a rispondere per l’affanno.
         Buffalmacco ricominciò dicendo che, se Calandrino era adirato per qualche altro motivo non li doveva tormentare come aveva fatto, li aveva spinti a cercare con lui la pietra preziosa e poi li aveva lasciati lì, nel Mugnone, come due idioti e se ne era tornato a casa.Essi avevano preso molto a male la cosa.
        Sicuramente quella era stata l’ultima beffa che aveva fatto loro.
        Calandrino rispose che non si dovevano preoccupare ,perché le cose stavano in un altro modo.Egli, sventurato,aveva trovato la pietra e , per provare che diceva la verità, ricordò che, quando si chiedevano l’un l’altro dove fosse finito, era a meno di dieci braccia da loro. Mentre loro camminavano senza vederlo, egli se ne andava poco innanzi. Raccontò, poi, tutto ciò che avevano fatto e detto, dall’inizio alla fine e mostrò loro la schiena e il calcagno come li avevano conciati i ciottoli.
         Inoltre aggiunse che mentre tornava a casa, passando dalla porta della città, non gli fu detto niente. Eppure essi sapevano bene com’erano noiosi i guardiani ,che volevano controllare ogni cosa. Nemmeno i compagni e gli amici incontrati, che ,di solito, lo chiamavano e lo invitavano a bere, gli avevano detto neppure mezza parola, proprio come se non l’avessero visto.
Alla fine, giunto a casa, quella femmina maledetta della moglie gli si era parata davanti e lo aveva visto. Poiché le donne facevano perdere la magia ad ogni cosa, egli ,che si poteva cosiderare il più fortunato uomo di Firenze, era rimasto il più sventurato. Per questo l’aveva battuta, finché aveva avuto forza, e non sapeva che cosa lo tratteneva dal tagliarle le vene. Malediceva l’ora in cui l’aveva vista per la prima volta e quella in cui era andata in quella casa. E, riaccesasi l’ira, stava per picchiarla di nuovo.
        Buffalmacco e Bruno, udendo quelle cose, a stento si trattenevano dallo scoppiare a ridere.
        Vedendolo alzarsi furioso per battere nuovamente la moglie, lo trattennero dicendo che la donna non aveva alcuna colpa. Egli che sapeva che le donne facevano perdere la virtù alle cose, avrebbe dovuto dire alla moglie di non apparirgli davanti in quel giorno. Dio gli aveva tolto quell’accortezza o perché quella fortuna non doveva essere sua o perché egli aveva intenzione di ingannare i suoi compagni, ai quali doveva mostrare la pietra, dopo averla trovata.
         Dopo molte parole se ne andarono, dopo aver riconciliato, con gran fatica, la donna sofferente con lui, lasciandolo malinconico ,con la casa piena di pietre.




14 commenti:

  1. Mi complimento per il lavoro che ha fatto. Questa non è delle migliori, poi Buffalmacco e Bruno che ridono della vicenda quando quella poveretta è stata massacrata di botte per nulla non sono divertenti.

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  2. mi dissocio dal 6 aprile 2021 delle 9:12

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  3. Pure io mi dissocio amici della postale

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  4. bello merdoso, se mi interroga bestemmio

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    1. Così ignorante e volgare ti affacci al Decamerone,complimenti!

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