SETTIMA GIORNATA NOVELLA N.4
Tofano una notte chiude la moglie
fuori di casa, ella non potendo rientrare malgrado le preghiere, finge di
gettarsi in un pozzo, invece vi getta una gran pietra; Tofano esce di casa e
corre là, ella se ne entra in casa e chiude lui fuori e, sgridandolo, lo
insulta.
Il re, come sentì che la novella di
Elissa era finita, senza indugio, si rivolse alla Lauretta invitandola a
proseguire.
Ed ella incominciò col dire che
grandi erano le forze di Amore, grandi i suoi accorgimenti, quali nessun
filosofo e nessun artista avrebbe mai potuto pensare. La dottrina di chiunque
altro era inferiore alla sua, come si poteva comprendere dalle cose fino ad
allora mostrate. Ed ella voleva aggiungerne ancora una ,messa in atto da una
donna umile, guidata da Amore.
Vi fu, dunque, in Arezzo un ricco
uomo, chiamato Tofano. A costui fu data per moglie una bellissima donna ,il cui
nome era Ghita. Egli divenne, senza motivo, follemente geloso di lei; della
qual cosa ella si sdegnò moltissimo. Decise, perciò, di farlo morire del male
del quale egli aveva paura , senza ragione, cioè di gelosia.
Essendosi accorta che un giovane, a
suo giudizio, molto per bene, la desiderava, cominciò ad intendersi con lui,
con discrezione. Si erano già scambiati
molte parole e le cose erano tanto avanti che bisognava soltanto passare dalle
parole ai fatti; la donna pensò a come fare.
Sapendo che al marito piaceva bere, astutamente lo sollecitò
a farlo molto più spesso. Ogni volta che le piaceva lo spingeva a bere, fino ad
ubriacarsi; quando lo vedeva ben ebbro, lo metteva a dormire e si incontrava
con il suo amante.
Aveva tanta fiducia nell’ebbrezza
del marito che, non solo aveva l’ardire di portarsi l’amante in casa, ma ,
addirittura, alcune volte se ne andava a dormire nella casa di lui, che non era
molto lontana.
Le cose andarono avanti così per un
certo tempo. Ad un certo punto il marito malvagio si accorse che ella, nello
spingere lui a bere, non beveva mai. Sospettò, perciò, che la donna lo facesse
ubriacare per poter fare il suo comodo, mentre era addormentato. E, volendo
provare che ciò era vero, senza aver bevuto durante il giorno, la sera finse di
essere l’uomo più ubriaco che fosse mai possibile, sia nel parlare che nei
modi.
La donna, vedendo ciò, ritenendo
che non fosse il caso di farlo bere di più, lo mise subito a dormire.
Fatto ciò, come era solita fare,
uscita di casa, se ne andò alla casa del suo amante, dove rimase fino a
mezzanotte.
Tofano, come non sentì più la
donna, si alzò, andò alla porta , la chiuse dall’interno e si pose alla
finestra, per attendere il ritorno di lei e palesarle che si era accorto delle
sue macchinazioni.
Aspettò finché non ritornò la
donna, la quale, trovandosi chiusa fuori, si rammaricò molto e tentò di aprire
la porta con la forza.
Dopo aver sopportato per un po’ di
tempo, Tofano disse “ Donna ,ti affatichi inutilmente, perché non potrai più
tornare qui dentro. Torna dove sei stata fino ad ora. Sappi per certo che non
tornerai qui finché non avrò informato di questa cosa i tuoi parenti e i
vicini”.
La donna cominciò a pregarlo che le
aprisse ,per amor di Dio, dicendo che non veniva da dove egli pensava, ma era
andata a vegliare con una sua vicina, perché le notti erano lunghe ,non
riusciva a dormire e non voleva rimanere
in casa da sola a vegliare.
Ma le preghiere non servivano a
nulla perché quella bestia voleva che tutti gli aretini conoscessero la loro
vergogna. La donna, vedendo che il pregare non le serviva, cominciò a
minacciare che ,se non apriva, avrebbe fatto di lui l’uomo più malvagio tra i
viventi.
Tofano le chiese che cosa gli
voleva fare, ed ella, alla quale Amore aveva aguzzato l’ingegno, rispose che si
sarebbe gettata in un pozzo, che era lì vicino. Chi l’avesse trovata là dentro
morta, sicuramente avrebbe pensato che ce l’aveva gettata il marito, in stato
di ubriachezza.. Così gli sarebbe toccato di fuggire, di perdere tutto ciò che
aveva e di essere messo al bando ,oppure gli avrebbero tagliata la testa come suo assassino, come
meritava.
Non avendo smosso Tofano dalla sua
sciocca idea, la moglie, chiedendo perdono a Dio per il dolore che l’uomo le
provocava, si diresse verso il pozzo.
La notte era molto buia e nella via
non si poteva distinguere un uomo dall’altro.
Presa una grandissima pietra ,che
era vicino al pozzo, gridando “Iddio, perdonami”, la lasciò cadere nel pozzo.
La pietra, cadendo nell’acqua, fece
un grandissimo rumore, udendo il quale, Tofano credette veramente che la moglie
si fosse gettata nel pozzo.
Prese subito un secchio con una
fune e, uscito di casa, corse al pozzo per aiutarla.
La donna che era nascosta presso
l’uscio di casa, come lo vide correre al pozzo, entrò in casa e si chiuse
dentro. Andata alla finestra, cominciò a dire che il vino si doveva annacquare
quando uno lo beveva e non dopo.
Tofano, comprendendo che era stato
giocato, tornò all’uscio e ,non potendo entrare, chiese alla moglie che gli
aprisse. Ella, quasi gridando, cominciò a dire che non gli avrebbe aperto la
porta quella notte, che non ne poteva più dei suoi modi da ubriacone. Voleva
che ogni uomo vedesse chi era suo marito e a che ora ritornava a casa la notte.
Tofano, dal canto suo, cominciò a
dire volgarità e a gridare, svegliando per il rumore tutti i vicini, che si
alzarono e si affacciarono alle finestre per vedere che cosa fosse accaduto.
La donna, piangendo, spiegò che il
marito la sera tornava sempre ubriaco a casa oppure si addormentava nelle
taverne tornando a casa a notte fonda. Ella aveva a lungo sofferto di ciò, non
aveva ottenuto alcun miglioramento e non poteva più sopportare tale situazione.
Allora l’aveva chiuso fuori di casa per vedere se otteneva qualcosa.
Tofano bestia continuava, gridando,
a dire come erano andati i fatti e a minacciarla.
La donna ,da parte sua, diceva con
i vicini “Vedete che razza di uomo è. Che direste voi se io fossi nella strada
ed egli in casa ,come me ora? Credereste che egli dica il vero? Egli dice che
io ho fatto quello che credo che egli abbia fatto. Credette di spaventarmi
gettando non so che cosa nel pozzo, ma volesse Iddio che ci si fosse gettato
per davvero e affogato, sicché il vino ,che ha bevuto di soperchio, si fosse
ben bene annacquato”.
I vicini, sia gli uomini che le
donne, cominciarono a rimproverare Tofano e a dare la colpa a lui di ciò che
diceva contro la donna.
La notizia, in breve, andò di bocca
in bocca finché non giunse ai parenti della donna, i quali presero Tofano e gli
dettero tante botte che lo ammaccarono tutto. Poi, andati nella casa di Tofano,
presero le cose della donna e con lei ritornarono a casa loro, minacciando il
malcapitato.
Tofano, vedendosi mal ridotto,
considerando dove l’aveva portato la gelosia, siccome voleva molto bene alla
sua donna, mise alcuni amici come mediatori.
Tanto fece che riebbe a casa sua la
moglie, alla quale promise che non sarebbe stato geloso mai più.
Le diede, inoltre, il permesso di
fare tutto ciò che volesse, ma con prudenza, in modo che egli non se ne
accorgesse.
E così, come il villano matto, dopo
il danno fece il patto.
E la narratrice concluse
inneggiando all’amore e all’allegra brigata.
Molto bello
RispondiEliminaCarina...
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