giovedì 10 luglio 2014

QUARTA GIORNATA - NOVELLA N.10

QUARTA GIORNATA – NOVELLA N. 10

La moglie di un medico mette un suo amante, drogato con l’oppio, in una cassa, la quale , con lui dentro, due usurai portano a casa loro; questi si sveglia ed è scambiato per ladro; la fantesca della donna racconta alle guardie che ella l’aveva messo nella cassa rubata dagli usurai, così il giovane evita la forca e gli usurai sono condannati a pagare una somma di denaro per aver rubato la cassa.

Ormai toccava narrare l’ultima novella della giornata solo a Dioneo.
Egli incominciò dicendo che tutti erano stati rattristati dagli infelici amori raccontati in quel giorno e non vedevano l’ora che si giungesse alla fine. Voleva, perciò, senza tradire il tema, concludere quella giornata un po’ più lietamente., anticipando la narrazione della giornata successiva.
Non molto tempo addietro, viveva a Salerno un grandissimo chirurgo, il cui nome era maestro Mazzeo della Montagna. Costui era molto vecchio, ma aveva una moglie bella e gentile, che egli riforniva di gioielli e ricchi vestiti.
Ella, in verità, era sempre raffreddata, forse perché nel letto era mal coperta dal marito.
Il marito, come Riccardo di Chinzica, di cui si era già detto, che insegnava alla moglie tutte le feste, diceva alla sua che si faticava molto a riprendersi dopo che si era giaciuti una volta con una donna.
Di ciò la moglie era molto scontenta.
La donna, molto saggiamente, pensò di trovare per strada, quello che voleva risparmiare a casa, e si impegnò molto in tal senso.
Si accorse di ciò e rivolse a lei tutto il suo amore un giovane, chiamato Ruggieri di Agerola, di nobile origine ma di pessimi costumi, tanto che non aveva né un parente, né un amico che gli volesse bene.
In tutta Salerno godeva di pessima fama per le sue ruberie ed altre cattiverie.
La donna se ne curò poco perché il giovane le piaceva molto e ,con l’aiuto di una sua domestica, fece in modo da incontrarlo.
Dopo diversi incontri, la donna iniziò a pregarlo che ,per amor suo, abbandonasse le cattive azioni.
Per venirgli incontro, lo cominciò a rifornire ora di una certa quantità di denaro, ora di un’altra.
Mentre i due continuavano la loro relazione, fu affidato alle cure del medico un infermo con una gamba malata.
Il maestro, visto il difetto, disse ai parenti che l’osso della gamba era fradicio, bisognava, perciò, tagliare tutta la gamba, altrimenti sarebbe morto. Aggiunse che l’amputazione della gamba era l’unica possibilità di salvezza, anche se non poteva garantire nulla ; i parenti diedero il loro consenso.
Il medico, ritenendo che, per sopportare il dolore dell’operazione, l’infermo dovesse essere addormentato con l’oppio, la mattina preparò una pozione, che , data da bere all’ammalato, l’avrebbe fatto dormire per tutto il tempo necessario per operarlo. Fece portare il liquido nella sua camera, senza dire a nessuno che cosa fosse.
Nel pomeriggio ,quando il maestro doveva andare dall’infermo, giunse un messaggio, inviato da alcuni amici di Amalfi, che lo richiedevano con la massima urgenza, perché lì c’era stata una grandissima rissa con molti feriti.
Il medico rimandò alla mattina seguente l’operazione alla gamba e, salito su una piccola barca, andò ad Amalfi.
La donna, sapendo che la notte il marito non sarebbe tornato a casa, come era solita, fece andare, di nascosto, Ruggieri nella sua camera e lo chiuse dentro in attesa che tutti se ne fossero andati.
Stando il giovane in camera, in attesa della donna, sia per il lavoro fatto durante la giornata, sia perché aveva mangiato del cibo salato, gli venne una gran sete.
Vista sulla finestra la brocchetta che il medico aveva preparato per l’infermo, credendola acqua da bere, la portò alla bocca e la bevve tutta. Dopo poco tempo lo prese un gran sonno e cadde addormentato.
La donna, andata in camera, visto Ruggieri addormentato, tentò di svegliarlo in tutti i modi, prima con le buone, poi più forte, prendendolo per il naso, tirandolo per la barba. Ma non riuscì a svegliarlo in nessun modo.
Cominciò a temere che fosse morto, pure lo strinse più fortemente e lo scottò con una candela accesa; ma non c’era niente da fare. Per cui, ella ,che non era medico come il marito, credette veramente che fosse morto. Poiché lo amava, lo pianse a lungo, senza far rumore.
Dopo un certo tempo, per non aggiungere al dolore la vergogna, pensò che doveva trovare subito il modo per portare fuori di casa il morto. Chiamò la domestica e le chiese consiglio. La fantesca ,dopo aver cercato di rianimarlo, si convinse anch’ella che Ruggieri era morto e consigliò di portarlo fuori casa. Si ricordò che nella bottega del legnaiuolo loro vicino, c’era una cassa non troppo grande, proprio adatta ai loro bisogni, per nascondervi il corpo del giovane. Aggiunse che ,data la pessima fama di cui il giovane godeva, nessuno avrebbe sospettato di loro, ma tutti avrebbero creduto che era stato ucciso e messo nella cassa da qualche suo nemico.
Il consiglio della serva piacque alla donna, che non volle però ferirlo in alcun modo, dato l’amore che gli portava. La serva, che era forte e giovane, con l’aiuto della padrona, mise il corpo nella cassa e la richiuse.
Da qualche giorno erano andati ad abitare in quella zona due giovani usurai che avevano bisogno di mobili per la casa e volevano spendere poco. Avevano visto quella cassa e avevano deciso di portarsela a casa nella notte. A mezzanotte, trovata la cassa, senza controllare, anche se sembrava un po’ pesante, se la portarono a casa.
La sistemarono vicino alla camera dove dormivano le loro mogli e se ne andarono a dormire.
Ruggieri, che aveva dormito molto a lungo e aveva smaltito l’effetto della bevanda, essendo quasi l’alba, si svegliò. Man mano che riprese conoscenza provò un grave stordimento che gli durò per molte ore. Si cominciò a chiedere che cosa era successo mentre era nella camera della donna, se era tornato il marito e per questo l’avesse nascosto. Decise di rimanere tranquillo e di ascoltare se sentiva qualcosa.
Stando molto scomodo nella cassa che era piccola, gli cominciò a dolere il fianco su cui si appoggiava. Nel tentativo di girarsi, fece cadere la cassa che, cadendo, provocò un gran rumore, svegliando le donne, che, per paura, tacquero.
Cadendo la cassa si aprì e Ruggieri ne uscì. Trovandosi in un luogo a lui sconosciuto, cominciò a brancolare alla ricerca di una scala o di una porta da cui uscire.
Le donne, ormai sveglie, spaventate chiamarono i mariti e gridarono sempre più forte “Al ladro, al ladro”.
Corsero i vicini, si svegliarono i giovani che catturarono Ruggieri e lo portarono dalle guardie del magistrato.
Lo sventurato, sotto tortura, confessò di essere andato per rubare nella casa degli usurai, perciò il magistrato lo condannò all’impiccagione.
La notizia che Ruggieri era stato catturato mentre rubava nella casa degli usurai si diffuse al mattino per tutta Salerno.
Le due donne, udendo ciò che era accaduto, quasi pensarono di aver sognato ciò che avevano fatto.
Frattanto, poco dopo l’alba, il medico, tornato da Amalfi, cercando la bevanda per l’infermo, trovò la caraffa vuota e si adirò. La moglie ,sorpresa, lo rimproverò perché faceva tanto chiasso per un po’ d’acqua versata.
Il medico le spiegò, allora, che non si trattava di acqua chiara, ma di un’acqua preparata per far dormire.
La donna comprese che l’amante doveva averla bevuta e per questo le era sembrato morto.
Il maestro se ne preparò dell’altra mentre la moglie mandava la domestica a chiedere notizie del giovane.
La fantesca, ritornata, riferì alla padrona che di Ruggieri si diceva ogni male e non c’era nessuno che lo difendesse; sicuramente il magistrato l’avrebbe fatto impiccare. Aggiunse anche che aveva udito un litigio tra il legnaiuolo ,loro vicino, e il proprietario della cassa . Il legnaiuolo sosteneva che la cassa non era stata venduta ma gli era stata rubata. Era chiaro, dunque, per le due donne, come il giovane era stato trasportato a casa degli usurai e lì era resuscitato.
Bisognava, a quel punto, salvare Ruggieri e conservare l’onore.
Subito la donna mise a punto un piano e ne informò la fantesca, che andò dal medico piangendo e chiedendo perdono. Gi confessò che era divenuta l’amante del giovane Ruggieri di Agerola e che l’aveva ricevuto la notte precedente nella sua camera ,sapendo che il padrone non c’era.
Poiché il giovane aveva sete, era andata nella camera del medico ,aveva preso una caraffa che aveva trovato lì , gliela aveva data a bere, riportando poi la brocca dove l’aveva presa. Confessò, inoltre, che si era addolorata molto per gli urli che il padrone aveva fatto quando non aveva trovato più l’acqua .Chiese perdono  per tutto quello che ne era seguito e lo pregò di poter aiutare Ruggieri che stava per essere ucciso..
Il medico la perdonò e scherzò  sul fatto che la serva pensava di avere nella notte un amante focoso e si era trovato nel letto un dormiglione. Le disse, infine , di andare a salvare il suo amante, ma di non portarlo più a casa sua.
La fantesca, ben soddisfatta, si avviò alla prigione dove circuì tanto il carceriere che egli la lasciò parlare con il prigioniero. Istruì il giovane su ciò che doveva dire al giudice. Frattanto fu ricevuta dal giudice ,che, vedendola fresca e gagliarda, prima di ascoltarla , si divertì un pò con lei.
Ella al giudice  cominciò a raccontare dall’inizio alla fine tutta la storia : come l’aveva fatto entrare in casa e gli aveva fatto bere l’acqua con l’oppio, come, credendolo morto, l’aveva messo nella cassa, come la cassa era stata rubata, come Ruggieri era giunto in casa degli usurai.
Il giudice, per verificare, chiamò, per prima cosa, il medico che confermò che l’acqua era drogata; poi chiamò il legnaiuolo , il padrone della cassa e gli usurai. Ebbe conferma di tutto e anche del fatto che i due usurai ,nella notte, avevano rubato la cassa e se la erano portata a casa.
Per ultimo interrogò Ruggieri e gli chiese dove aveva passato la notte precedente.
Egli rispose che era stato a dormire con la servetta di maestro Mazzeo, nella camera di lei aveva bevuto l’acqua, si era ,poi, risvegliato nella casa degli usurai, in una cassa, senza sapere come.
Il giudice si fece ripetere l’accaduto più volte, divertendosi un mondo.
Alla fine, condannò al pagamento di dieci once d’oro i due usurai che avevano rubato la cassa; liberò Ruggieri, riconoscendolo innocente, con grande gioia sua , della donna e della domestica.
Fecero tutti e tre insieme gran festa, continuando nel loro piacere di bene in meglio.
Dioneo chiuse la narrazione augurando a sé stesso la stessa sorte, senza ,però, esser messo nella cassa.





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