giovedì 16 gennaio 2014

SECONDA GIORNATA - NOVELLA N.8

GIORNATA – NOVELLA N.8

Il conte  di Anversa, falsamente accusato , va in esilio ; lascia due figli in luoghi diversi d’Inghilterra; ritornando in Inghilterra senza che nessuno lo conosca ,li ritrova in buone condizioni, va come garzone di stalla nell’esercito del re di Francia, riconosciuto innocente ritorna nelle condizioni di prima.


Mentre le donne sospiravano per le vicende del racconto precedente, la regina diede ordine ad Elissa di proseguire ed ella incominciò dicendo che la fortuna determinava infinite situazioni, in cui gli uomini si dovevano muovere come in una giostra.
Proseguì raccontando ,come esempio, una novella.
Quando l’Impero Romano passò dalle mani dei francesi (carolingi) ai tedeschi (Ottone I di Sassonia), scoppiò una terribile guerra tra le due nazioni.
Il re di Francia, con suo figlio, riunì un grandissimo esercito per attaccare i suoi nemici.
Prima di partire, affidò il Regno a Gualtieri, conte di Anversa, gentiluomo saggio e fedele, che cominciò a governare consultandosi sempre con la regina e sua nuora.
Egli aveva circa quarant’anni, aveva un corpo bellissimo ed era un cavaliere garbato ed elegante.
Mentre il re ed il figlio erano in guerra , la moglie di Gualtieri morì lasciando un figlio ed una figlia senza di lei.
La nuora del re , di nascosto, si accese d’amore per il conte  ,scacciando la vergogna, decise di dichiararsi e  fece chiamare l’uomo che ,senza alcun sospetto, andò da lei.
La donna parlò a lungo della lontananza del marito, della sua giovinezza, degli ozi cui era costretta, per giustificare l’ardente amore che provava e lo scongiurò di assecondare, in segreto, i suoi desideri, piangendo disperatamente.
Il conte ,che era un cavaliere molto leale, respinse le offerte.
La donna, rifiutata, fu presa da un’ira violenta e decise di vendicarsi. Cominciando a gridare, si stracciò i vestiti, accusando l’uomo di aver tentato di violentarla.
Il cavaliere, temendo che si potesse dare più credito alla malvagità della donna che alla sua innocenza ,uscì rapidamente dal palazzo, corse a casa sua, pose i figli a cavallo e fuggì, più rapidamente che potè, a Calais. Molti, accorsi alle grida della donna, credettero alle sue parole e corsero al palazzo del conte per arrestarlo, ma, non trovandolo, saccheggiarono e distrussero la casa fin dalle fondamenta.
La notizia giunse al re e al figlio, che condannarono lo sventurato e promisero ricchi doni a chi l’avesse consegnato vivo o morto.
Il conte, che, con la sua fuga, da innocente s’era fatto colpevole, vestito miseramente, di nascosto, con i figli giunse a Calais, e di lì si imbarcò per l’Inghilterra.
Prima di sbarcare, raccomandò ai figli di non dire chi erano e da dove venivano, se avevano cara la vita.
Il più grande si chiamava Luigi ed aveva nove anni, la più piccola Violante e ne aveva sette.
Il padre cambiò i loro nomi in Perotto e Giannetta, poi, come si vedeva fare ai mendicanti francesi, vestiti miseramente, giunsero a Londra e si misero a chiedere l’elemosina.
Per caso, una mattina,  la moglie del maniscalco del re d’Inghilterra, uscendo dalla chiesa, vide il conte e i due figlioletti che mendicavano, si avvicinò e chiese chi erano e da dove venivano.
Egli rispose che veniva dalla Picardia e che , per un misfatto del figlio maggiore, era dovuto partire con i figli più piccoli. La donna, commossa, si offrì di prendere con sé la bambina e di maritarla convenientemente, se si comportava bene.
Il conte , piangendo, gliela affidò e , poco dopo, partì con Perotto verso il Galles dove fu accolto e nutrito da un altro maniscalco del re. Costui aveva dei figli con cui Perotto entrò in amicizia, su richiesta del funzionario, il fuggiasco gli affidò il figlio, anche se si dolse molto per la separazione.
Avendo sistemato i figli, Gualtieri passò in Irlanda, a Straford, dove si pose a servizio di un conte del luogo, facendo i lavori più umili e lavorando senza tregua per molto tempo, senza essere riconosciuto da nessuno. Violante, chiamata Giannetta, crescendo a Londra con la gentildonna, divenne una bellissima fanciulla, di cui tutti dicevano un gran bene.
La dama voleva sposarla onorevolmente ad un brav’uomo della condizione sociale a cui pensava che la fanciulla appartenesse. Ma Dio, consapevole della nobiltà della fanciulla, dispose diversamente ed impedì che la giovane finisse nelle mani di un uomo di condizione modesta.
La gentildonna che ospitava Giannetta aveva un solo figlio ,molto amato, bello, gentile e valoroso, dotato, insomma, di tutte le virtù. Egli aveva sei anni in più della ragazza e se ne innamorò perdutamente.
Non osava, però, chiederla per moglie al padre e alla madre, sapendo che era di umili origini, teneva, perciò, il suo amore nascosto.
Ben presto il giovane, preso da mal d’amore, si ammalò. I molti medici consultati non riuscirono a comprendere l’origine dei suoi mali. I genitori, addolorati, chiedevano spesso al figlio, che sospirava continuamente, la ragione delle sue sofferenze.
Un giorno, mentre un illustre medico stava tastando il polso del ragazzo, si avvicinò Giannetta, che serviva il giovane per rispetto alla madre. Immediatamente il polso prese a battere più del solito, il medico si meravigliò e ascoltò più attentamente. Come Giannetta si allontanò il battito si indebolì; fatta venire nuovamente Giannetta  le pulsazioni aumentarono.
Il medico, dunque, con assoluta certezza, disse ai genitori che la salute del figlio non dipendeva dall’aiuto dei medici, ma dimorava nelle mani della fanciulla, che il giovane amava appassionatamente, anche se nessuno se ne accorgeva.
Marito e moglie non convinti, avendo altre aspirazioni, andato via il medico, si recarono dal malato al quale la madre disse “ Figlio mio, ti ho sempre accontentato e sono disposta ad accontentarti in tutte le tue richieste, se sono oneste. Il Signore, perché tu non muoia, ci ha mostrato la causa del tuo male, che è l’eccessivo amore che tu provi per una giovane. Non dovevi vergognarti di dircelo, perché mi preoccuperei se, alla tua età, tu non fossi innamorato. Dunque, figlio mio, scopri ogni tuo desiderio, scaccia la malinconia e il pensiero che ti fa soffrire, perché, io, che ti amo più della mia vita, farò di tutto per accontentarti e cercherò ,in tutti i modi di favorire il tuo amore. Se ciò non avverrà dovrai ritenermi la madre più crudele del mondo”.
Il giovane, pensando che con nessuno meglio che con la madre si potesse confidare, le rivelò il suo amore per Giannetta, che non aveva mai osato manifestare né ai genitori, né alla ragazza, e chiese il suo aiuto per non morire. La donna promise che avrebbe risolto il problema e ,in breve tempo, il figlio mostrò i segni di un grande miglioramento.
Per mantenere la promessa ,la madre chiamò Giannetta e le chiese se aveva un moroso.
La ragazza arrossì e negò perché la cosa non si addiceva ad una damigella povera. La dama rispose che gliene avrebbero trovato uno perché non era giusto che una fanciulla così bella vivesse senza un innamorato. Giannetta, ringraziando la donna che l’aveva cresciuta, togliendola dalla povertà, rispose che avendo come unica ricchezza l’onestà, l’avrebbe donata solo all’uomo che amava e che avrebbe sposato.
La donna sorpresa per la risposta, insistette chiedendo se avesse accettato la richiesta del re in persona.
E la giovinetta, orgogliosamente, rispose che il re l’avrebbe potuta sposare solo con la forza.
La nobildonna pensò, allora, di ricorrere ad un inganno, per provare l’onestà della ragazza.
Mise Giannetta nella camera accanto al figlio, come una ruffiana, per favorire il piacere del giovane.
Ma il figlio non fu contento e, nuovamente, si aggravò. La donna , vedendo ciò, spiegò tutto alla ragazza e al marito e, ritenendo preferibile un figlio vivo con una moglie umile, piuttosto che un figlio morto senza moglie, decise di dargliela in sposa.
Il giovane guarì immediatamente e si sposò più felice che mai con la sua amata.
Perotto, frattanto, crebbe nel Galles al servizio del maniscalco del re d’Inghilterra. Divenne il più bello di tutti sull’isola, abile nelle giostre , nei tornei e nelle armi più di chiunque altro; tutti lo conoscevano e lo chiamavano “Perotto il Guiscardo”.
Dio non si era dimenticato nemmeno di lui.
Era scoppiata in Inghilterra una terribile pestilenza che fece morire moltissime persone, tra cui il maniscalco, la moglie, i figli e tutti i parenti. Rimase viva solo una damigella ,in età da marito, che sposò Perotto, come le avevano consigliato i sopravvissuti, facendolo signore delle ricchezze ereditate.
Il re d’Inghilterra , quando seppe della morte del suo funzionario, conoscendo il valore di Perotto il Guiscardo, lo nominò maniscalco in sostituzione del morto.
E così entrambi i figli del duca di Anversa ebbero una buona sorte.
Dopo diciotto anni dalla sua fuga da Parigi, mentre dimorava in Irlanda, il conte di Anversa, vedendosi già vecchio, desiderò sapere che cosa fosse avvenuto dei figli. Completamente trasformato dagli anni e dal faticoso lavoro, lasciato il suo padrone, andò in Inghilterra, dove aveva lasciato Perotto. Fu molto felice di averlo ritrovato, alto ufficiale e gran signore, ma non volle farsi riconoscere prima di aver avuto notizie di Giannetta.
Ripartito, non si fermò fino a quando non giunse a Londra.
Chiese notizie della donna cui aveva affidato ,tanti anni prima, la sua bambina e seppe che aveva sposato il figlio della sua padrona.
Desideroso di vederla, il pover’uomo si nascose vicino alla casa di lei, dove lo trovò il marito di Giannetta che si chiamava Giachetto Lamiens. Vedendolo così vecchio e povero ne ebbe pietà, lo fece entrare in casa e chiamò un servo perché gli facesse da mangiare.
Giannetta aveva avuto da Giachetto già diversi figli ,tutti belli, il maggiore dei quali aveva più di otto anni. Come i bambini videro il conte mangiare, gli corsero incontro e gli fecero festa, come se avessero avvertito che era il nonno ; mentre il vecchio, sapendo che erano i nipoti, cominciò ad accarezzarli.
Finito il pasto non volevano lasciarlo partire, sebbene il precettore li attendesse.
Giannetta venne ,allora, per richiamare i figli ed il conte, vedendola, provò un’immensa gioia.
La figlia non riconobbe il padre che si era  trasformato tanto da essere irriconoscibile ed era diventato vecchio, magro, con la barba e i capelli bianchi .Pure, vedendo che i bambini non lo volevano lasciare, consentì loro di indugiare ancora un po’.
Il precettore riferì la cosa al nonno paterno , che disprezzava Giannetta  per la sua origine modesta e non amava i nipoti, ritenendoli poltroni, come la madre.
Giachetto, vedendo l’affetto dimostrato dai figli a quel vecchio, lo invitò a rimanere al suo servizio, per attendere al suo cavallo ; finito il lavoro poteva giocare con i bambini.
Frattanto, in Francia, morì il re di Francia e gli successe il figlio la cui moglie ,con le sue menzogne, aveva costretto il conte a fuggire. Costui riprese a combattere aspramente contro i tedeschi.
Il re d’Inghilterra, come suo parente, mandò in aiuto molti uomini sotto il comando di Perotto, suo maniscalco
e di Giachetto ,figlio dell’altro maniscalco.
Al seguito di Giachetto partì anche il conte che seppe consigliare opportunamente il giovane.
Durante la guerra la regina di Francia si ammalò gravemente e, sentendosi vicina alla morte, volle farsi confessare dall’arcivescovo di Rouen, ritenuto uomo santissimo e comprensivo. Tra i tanti peccati ,confessò anche il torto che aveva fatto al conte di Anversa , non soltanto alla presenza dell’arcivescovo ma davanti a molti uomini valenti, pregandoli di ritrovare il gentiluomo ed i figli per restituirli al loro rango.
Poco dopo morì e fu sepolta con molti onori.
Saputa la cosa, il re fece girare un avviso in tutto l’esercito e in molte altre parti, promettendo una lauta ricompensa a chi lo avesse ritrovato. Udendo ciò, il conte, chiamati il figlio e il genero, rivelò loro tutta la verità e propose di presentarsi al re per ricevere la ricompensa e rientrare nel proprio rango.
Perotto, guardandolo con maggiore attenzione, riconobbe il padre e, piangendo, gli si gettò ai piedi.
La stessa cosa fece Giachetto, chiedendo umilmente perdono per ogni offesa arrecatagli.
Il gentiluomo ,benignamente, lo sollevò ed organizzò un piano per procacciarsi il dono che il re aveva promesso a chi gli portava il conte di Anversa.
Giachetto si recò alla presenza del re e si offrì di consegnargli il conte e il figlio ,dopo aver ricevuta la ricompensa .
Il re immediatamente fece portare un dono meraviglioso e chiese di mostrargli i due uomini.
Giachetto, allora, voltatosi, gli mostrò il conte, che indossava ancora i miseri panni che aveva portato fino a quel momento, ed il suo ragazzo, anche se non poteva presentargli la figlia, che era divenuta sua moglie.
Il re, dopo averlo guardato attentamente, riconobbe il conte ,anche se si era completamente trasformato, lo sollevò da terra, dove era in ginocchio, lo abbracciò e lo baciò.
Ordinò ,poi, di dare al conte e a Perotto abiti, cavalli e tutto ciò che la loro nobiltà richiedeva. Fece molti doni anche a Giachetto che aveva accolto il conte e i suoi figliuoli. Gli raccomandò vivamente di dire a suo padre che il conte e i suoi figli erano parenti del re per parte di madre e non erano di umile origine.
Giachetto prese i doni e fece venire a Parigi la moglie, la madre, la cognata; tutti furono accolti dal re con una
Grande festa.
Dopo che il conte fu riabilitato e gli furono restituiti i suoi beni, tutti se ne ritornarono a casa loro.
Il conte rimase a Parigi, vivendo splendidamente fino alla sua morte.





2 commenti: