giovedì 9 gennaio 2014

SECONDA GIORNATA - NOVELLA N.7

SECONDA GIORNATA – NOVELLA N.7


 Il Sultano di Babilonia manda una sua figliuola in sposa al re del Garbo (Marocco), la quale per molte avventure, in quattro anni ,passa attraverso luoghi diversi con nove uomini, infine, restituita al padre ,va in moglie al re del Garbo, come doveva avvenire fin dall’inizio.


Mentre le giovani donne erano così commosse dalle vicende di madama Beritola, che quasi piangevano, Panfilo continuò la narrazione.
Considerò, innanzitutto, che molti, ritenendo che si poteva diventare ricchi e vivere senza preoccupazioni, cercarono la ricchezza affrontando molti pericoli. Talvolta, per questo, trovarono chi li uccise, mentre quando erano poveri li amava.
Altri, invece, passando attraverso infinite battaglie, divenuti re ricchi e potenti grazie ai fratelli e agli amici, sperando di poter vivere serenamente, conobbero la paura, temendo di essere avvelenati alla mensa reale.
Altri, ancora, desiderarono ardentemente la forza del corpo e la bellezza, solo tardi si accorsero che queste cose erano causa di morte o di vita dolorosa.
Ma se gli uomini peccavano desiderando tutto ciò, le donne peccavano soprattutto in una cosa: nel desiderare di essere belle, e, non soddisfatte della bellezza che la natura aveva dato loro, cercavano di accrescerla con grande arte.
Tanto si poteva evincere dalla novella che egli avrebbe raccontato di una bella saracena che ,per la sua bellezza, in quattro anni, si sposò nove volte.
Molto tempo prima, viveva in Babilonia un Sultano di nome Beminedab , che aveva molti figli sia maschi che femmine, tra cui una figliola chiamata Alatiel, bella come nessun’altra donna al mondo.
Poiché nella guerra contro gli Arabi aveva avuto grande aiuto militare dal re del Garbo, l’aveva data in moglie a lui, che glielo aveva chiesto come una grazia.
Affidandola a Dio, la mandò al re, imbarcandola su una nave ben armata, con un ricco seguito di donne, di uomini e con una ricca dote.
Partirono dal porto di Alessandria e navigarono ,felicemente, per due giorni; avevano già superata la Sardegna e pensavano di aver quasi terminato il viaggio, quando si levarono venti fortissimi.
Per due giorni i marinai resistettero, ma la tempesta della terza notte ridusse a mal partito la nave nei pressi di Maiorca. I marinai, per salvarsi, pensando soltanto a sé stessi, calarono in mare una scialuppa, sulla quale si gettarono i comandanti e poi gli altri.
Tutti , sperando di salvarsi, trovarono la morte, perchè la scialuppa non resse al peso degli uomini e affondò.
La nave, su cui era rimasta solo la donna con il suo seguito, sebbene mal ridotta, fu gettata dal vento sulla spiaggia di Maiorca, dove si insabbiò.
Venuto il giorno e calmatosi il vento, la donna, ripresasi a fatica, cominciò a chiamare per nome le persone del suo seguito, ma nessuno rispondeva. Si guardò intorno e vide che le donne del suo seguito erano quasi tutte morte per la paura e per il mal di mare. 
Spaventata, si scosse, non sapendo dove si trovava, fece alzare le donne che erano ancora vive e le mandò a vedere dove erano finiti gli uomini.
Fino alle tre del pomeriggio, non trovarono nessuno sulla spiaggia che potesse aiutarle.
Un po’ più tardi, per caso, passò di lì un gentiluomo di nome Pericon da Visalgo, con il suo seguito, che, vedendo la nave, immaginò cosa era successo.
Ordinò ad un servo di salire sulla nave, faticosamente l’uomo salì e trovò la gentile fanciulla con poche altre donne, nascosta sotto la prora. Le donne, chiedendo pietà , cercarono di spiegare l’accaduto, senza riuscirci, perché non conoscevano lo spagnolo.
Scese a terra ,furono mandate al castello di Pericone, perché fossero assistite e rifocillate.
Dai ricchi monili trovati sulla nave e dal rispetto che le altre donne avevano per lei, l’uomo comprese che doveva trattarsi di una nobildonna.
Sebbene fosse pallida ed emaciata per la fatica del mare,  era bellissima e Pericone decise di sposarla, anche si rammaricava di non poter comunicare in quanto parlavano due lingue diverse. Vedendola ancora più bella dopo il riposo, cominciò a corteggiarla con mille attenzioni per piegarla ai suoi desideri. La fanciulla si ritraeva e rifiutava.
Dopo un certo tempo, Alatiel ,avendo compreso di essere tra cristiani e che prima o poi avrebbe dovuto cedere alle insistenze del suo salvatore, evitò di dire chi fosse. Raccomandò alle tre donne che le erano rimaste di non dire chi fossero e di conservare la castità, come faceva lei che sarebbe appartenuta solo a suo marito.
Pericon si innamorava sempre di più e, per conquistare la donna che gli resisteva, escogitò uno stratagemma. Poiché si era accorto che a lei piaceva il vino, a cui non era abituata perché la sua religione le impediva di berlo, pensò di farla cedere, con l’aiuto del vino e di Venere.
Una sera la invitò ad una festa e ordinò al coppiere di servirle un bicchiere di vari vini mescolati tra loro. Bevuto l’intruglio ,la donna, dimenticando le sventure passate, divenne lieta e vedendo alcune donne ballare danze spagnole, ballò anche lei alla maniera alessandrina. Così trascorse quasi tutta la notte, tra vini e danze. Allontanatisi i convitati, l’uomo, che era molto robusto ed energico, entrò nella camera da solo con la donna, che più calda di vino che di onestà, si spogliò e si coricò.
Pericone ,rapidamente, la seguì e le si coricò accanto, iniziando i preliminari amorosi.
La donna , che non aveva nessuna esperienza, come si accorse che il pene dell’uomo, ingrossatosi a dismisura, premeva sulla sua vagina, si pentì di non aver accolto prima le lusinghe di Pericone,e, in seguito molte volte, non con le parole, che non si sapeva spiegare, ma con i fatti ,gli si offrì.
Ma la fortuna, non contenta, ci mise lo zampino.
Pericone aveva un fratello di venticinque anni, fresco e bello come una rosa, di nome Marato, che era molto attratto dalla donna. Il giovane ,credendo di essere da lei corrisposto, ritenne che l’unico ostacolo fosse la grande sorveglianza che le veniva fatta ed escogitò un piano scellerato.
Era giunta nel porto una nave appartenente a due giovani genovesi, carica di mercanzie, che doveva andare a Chiarenza, in Romania, ed era già pronta a partire , con le vele issate.
Marato si accordò con i naviganti per imbarcarsi nella notte seguente. Durante la notte si recò ,con alcuni compagni fidatissimi, nella camera dove Pericone dormiva con la donna.
Uccisero Pericone nel sonno , catturarono la donna piangente e senza essere uditi da nessuno si imbarcarono. Inizialmente la donna pianse molto, ma Marato, con il suo fallo molto grosso, la consolò così bene che ella presto dimenticò Pericone.
Ma era pronta per lei una nuova sventura.
Vedendola così bella, i due giovani padroni della nave se ne innamorarono, senza che Marato minimamente lo sospettasse.
Senza indugio, mentre era sul ponte, lo attaccarono alle spalle e lo buttarono in mare , senza che nessuno se ne accorgesse ; poi si impegnarono a confortare la donna , messa al corrente dell’incidente.
Volendo ciascuno essere il primo a possederla, accesi dall’ira, vennero alle mani e si affrontarono ,armati di coltelli. L’uno cadde morto, l’altro fu ferito gravemente.
Frattanto la nave approdò a Chiarenza , dove, con il ferito, Alatiel scese a terra e alloggiò in un albergo.
La fama della sua bellezza giunse alle orecchie del principe di Morea, che si trovava in città, il quale, appena la vide, se ne innamorò perdutamente.
I parenti del ferito, avutane richiesta, senza perder tempo, mandarono al principe la donna che aveva procurato loro tanti guai. Il principe, gradito molto il dono, la trattò come una regina, rispettandola come se fosse sua moglie.
Ella, ripresasi dalle sventure, rasserenata dall’amore e dalle  di lui attenzioni ,rifiorì, tanto che in tutta la Romania non c’era nessuna donna bella come lei.
Il duca di Atene, amico e parente del principe, fu preso dal desiderio di vederla e giunse dopo un lungo viaggio, accompagnato da molti nobili, a Chiarenza. Elogiandone la bellezza, lo sventurato accompagnò l’amico nelle sale, dove la donna si tratteneva con il seguito. Anche se Alatiel non parlava la loro lingua era talmente bella che il duca, ritenendo l’altro straordinariamente fortunato, cadde nella rete e si innamorò perdutamente.
Lasciando da parte ogni prudenza e giustizia, escogitò un piano per liberarsi del principe, con l’aiuto di un servitore fedelissimo del nobile rumeno di nome Ciuriaci, che aveva accesso alla camera dove dormiva con la donna.
Una notte, per il molto caldo, il principe ,tutto nudo, stava alla finestra guardando il mare, godendosi un bel venticello.
Ciuriaci, di nascosto, gli andò alle spalle, e, colpendolo ai reni, lo gettò dalla finestra.
Siccome il palazzo era a picco sul mare, nessuno vide e sentì la caduta del corpo.
Un compagno del duca ,fingendo di accarezzarlo, strangolò il servo infedele con una corda e buttò anche quel corpo dal dirupo.
Sicuro di non essere stato visto né sentito da nessuno, il duca, con tutta calma, si recò nella camera della donna che dormiva nuda. La scoprì, potè ammirarla in tutto il suo splendore, poi si coricò e fece l’amore con lei, che, ancora assonnata credeva che si trattasse del principe.
Dopo un certo tempo, la mise su un cavallo e ,per nasconderla, la portò in un luogo appartato sopra Atene. Intanto, in Romania, i cortigiani ,non vedendo più né il principe né il servitore cominciarono a cercarli.
Un matto trovò il corpo di Ciuriaci attaccato alla fune e dette l’allarme.
Tutti lo seguirono e scoprirono il cadavere del principe, lo seppellirono con molti onori e decisero di vendicarlo. Prepararono un grande esercito e dichiararono guerra al duca di Atene.
Molti potenti signori mandarono aiuti militari, tra cui l’Imperatore di Costantinopoli ,che inviò il figlio, Costantino , e il nipote ,Manovello . I due furono ricevuti affettuosamente dalla duchessa ,che era loro sorella. Avvicinandosi il giorno della battaglia , la duchessa, chiamatili in disparte, raccontò loro che il duca l’aveva offesa tenendo con sé ,di nascosto, una donna , e promise una ricca ricompensa se l’avessero vendicata.
I giovani la confortarono, promisero e partirono, dopo aver saputo da lei dove si trovava la donna.
 Avendo ,molte volte, sentito parlare della bellezza della donna chiesero al duca di vederla. Egli ,dimentico del passato, li invitò a desinare con lei in uno splendido giardino.
Sedendo Costantino vicino a lei, considerandola come la cosa più bella che avesse mai veduto, tralasciando la guerra, si mise a pensare come poteva eliminare il duca. Frattanto il principe si avvicinava e il duca e Costantino ,con l’esercito, uscirono da Atene per bloccare il nemico alle frontiere.
Costantino si finse malato e ,col permesso del duca, lasciato il comando a Manovello, ritornò ad Atene dalla sorella, alla quale promise di portar via ,lontano da Atene, la bella Alatiel, senza che il il marito lo sapesse.
La duchessa ritenendo che il fratello facesse ciò per amor suo non della donna, assentì ben lieta.
Raccomandò vivamente che tutto fosse fatto in gran segreto.
Il giovane, armata una navicella sottile e veloce, la fece andare vicino alla dimora della donna; frattanto, ricevuto con i suoi compagni dalla dama, se ne andò con lei in giardino e, fingendo di portale notizie  
del duca , la spinse sulla barca.
Ordinò ai presenti di tacere perché, in tal modo, non rubava la donna al duca ma vendicava l’offesa fatta alla sorella. Tutti tacquero e Costantino, salito sulla nave con la donna piangente, navigando a gran velocità, giunse ad Egina ( di fronte ad Atene).
Qui giacque con la donna addolorata, poi, temendo i rimproveri del padre e che la donna gli fosse tolta, preferì andare a Chios ,per nascondersi in un luogo sicuro, dove la donna, riconfortata, cominciò a riprendere salute e gioia di vivere.Nel mentre Osbech , re dei Turchi, che era in continua guerra con l’Imperatore di Costantinopoli, udì che il giovane era a Chios ,dove conduceva una vita lasciva con una donna che aveva rubata.
Di notte, su alcune navi leggiere, assaltò di sorpresa Chios, uccidendo molti soldati che dormivano ed altri che, sorpresi, cercavano di difendersi. Gli assalitori caricarono sulle navi il ricco bottino ed i prigionieri e ritornarono a Smirne.
Osbech, che era un bell’uomo, tra i prigionieri trovò la bella donna, che era stata catturata mentre dormiva con Costantino, si rallegrò  e, senza indugio, la fece sua sposa, giacendo lieto molti mesi con lei.
L’Imperatore, informato di ciò che era accaduto al figlio, sollecitò Basano, re della Cappadocia, suo alleato, ad attaccare Osbech ,ed egli stesso si mosse col suo esercito, per attaccare il nemico su due fronti.
Osbech ,per evitare di essere accerchiato, andò contro il re della Cappadocia, lasciando a Smirne la donna, affidata ad un amico di nome Antioco.
Sconfitto ed ucciso il re di Cappadocia, Antioco, rimasto solo con lei, sebbene attempato , se ne innamorò. Anche Alatiel, che per molti anni era stata creduta sorda e muta, poiché Antioco conosceva la sua lingua, entrò in confidenza con lui e corrispose al suo amore.
Temendo di essere assaliti, decisero di partire e, con le ricchezze di Osbech, di nascosto, se ne andarono a Rodi, dove ,dopo un certo tempo, Antioco si ammalò e morì. In punto di morte affidò la donna che aveva tanto amato, con tutte le sue ricchezze, ad un mercante di Cipro, suo grande amico.
Conclusi i suoi affari a Rodi, volendo ritornare a Cipro, il mercante portò con sé la donna, che lo seguì spontaneamente , e per proteggerla da ogni ingiuria disse che era sua moglie.
Imbarcatisi, sulla nave dormivano entrambi su un lettuccio assai piccolo, ma caldo e comodo. Ben presto ,al buio e al caldo, dimenticarono le promesse fatte ad Antioco, e, spinti da eguale desiderio, si unirono, prima di giungere a Boffa, dove si fermarono.
Per caso giunse a Boffa, un gentiluomo di nome Antigono, vecchio, di grande intelligenza e di poca ricchezza, perché, avversa la fortuna, aveva perso molto denaro a Cipro. Andato in Armenia per affari, Antigono passò sotto la finestra della donna, la guardò, attratto dalla sua bellezza, ed ebbe l’impressione di averla già conosciuta.
La bella donna, come vide Antigono, ricordò di averlo visto al servizio di suo padre, lo fece chiamare e gli chiese se era Antigono di Famagosta. Al suo assenso, gli buttò le braccia al collo e domandò se l’aveva mai vista ad Alessandria.
Immediatamente il vecchio riconobbe che era Alatiel, figlia del Sultano, che tutti credevano morta in mare., promise di aiutarla ,di ricondurla al padre e si fece raccontare tutte le sue disavventure.
Udito il racconto escogitò un piano per ricondurla al padre e darla in moglie al re del Garbo, come inizialmente era stato disposto. Ritornato a Famagosta, si presentò al re (di Cipro) e gli promise che se l’avesse assecondato, ne avrebbero entrambi tratto gran vantaggio.
Al re che gli chiedeva in che modo, il furbacchione( il volpone) riferì che a Baffa aveva ritrovato la bella giovane figlia del sultano che tutti credevano annegata, la quale per conservare la sua onestà aveva molto sofferto, e ora, povera e triste, voleva ritornare dal padre.
Egli chiedeva una scorta per riportare la figlia al padre, di che il sultano gli sarebbe stato ,certamente, grato.
Il re ,con la regina, accolse molto onorevolmente la donna a Famagosta e dopo pochi giorni ,con una scorta, la rimandò al padre che l’accolse con grande gioia.
Quando si fu riposata, il padre si fece raccontare che cosa era successo in tutto quel tempo.
Ella rispose seguendo i consigli di Antigono e disse “ Padre mio, dopo venti giorni dalla mia partenza, una tempesta buttò la nave su una spiaggia chiamata Aguamorta (Aguies Mortes in Provenza), tutti gli uomini scomparvero ed io rimasi sola con due mie donne, mentre i paesani rubarono tutto quello che c’era.
Le donne fuggirono inseguite da alcuni giovani. Due giovani mi presero e ,tirandomi per i capelli, cercarono di portarmi in un bosco. Per fortuna, passarono di lì quattro uomini a cavallo che, vista la scena, fecero fuggire gli assalitori. Dopo avermi liberata, ascoltata la mia storia, mi condussero ad un monastero di suore, dalle quali fui ricevuta con benevolenza e con onori, e con loro rimasi nel monastero di San Cresci in Valcava.
Quando ebbi appreso la loro lingua, le suore mi domandarono chi ero e da dove venivo.
Temendo di essere cacciata via perché nemica della loro religione, dissi che che ero figlia di un gentiluomo di Cipro, che mi aveva mandato a Creta per maritarmi, ma ero stata sbattuta lì da una tempesta. La badessa, pietosa, per rimandarmi a Cipro, da mio padre, mi affidò a certi buoni uomini francesi, suoi parenti, che con le loro donne, andavano a Gerusalemme a visitare il Santo Sepolcro. Saliti, dunque, sulla nave, dopo alcuni giorni giungemmo a Boffa, dove, per grazia di Dio, sulla spiaggia, trovai Antigono, che subito riconobbi, perchè parlavo la sua lingua,al quale narrai la mia storia.
Egli, ringraziando ed onorando i francesi e le loro donne, mi condusse dal re di Cipro che mi rimandò a te.
Se c’è altro da dire te lo racconterà Antigono, che sa tutto”.
E Antigono continuò dicendo che le donne e gli uomini francesi ,che gliel’avevano affidata, avevano molto lodato l’onestà e la virtù della fanciulla, che per molto tempo aveva vissuto con le monache, e l’avevano tanto elogiata che non sarebbero bastati un giorno e una notte per elencare tutti i suoi meriti.
Il Sultano ringraziò Iddio e ricompensò generosamente il re di Cipro, inviando Antigono con ricchi doni.
Poi, per concludere il matrimonio programmato, scrisse al re del Garbo che, se lo desiderava, gli avrebbe mandato la figlia in sposa. Il re del Garbo accettò e la ricevette con grandi onori.
E così la donna, che aveva giaciuto con otto uomini, forse diecimila volte, fu accolta come una verginella e tale fu creduta e visse a lungo lietamente con lui come regina, e , perciò, si disse “bocca baciata non perde fortuna, ma si rinnova come fa la luna”.





5 commenti:

  1. Vicenda esagerata e paradossale, tuttavia indicativa della società mercantile dell'epoca, che considerava la donna alla stregua di un prezioso oggetto di piacere. Infatti gli uomini se la rubano continuamente uno all'altro.

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