SECONDA GIORNATA – NOVELLA N.7
Il Sultano di Babilonia manda
una sua figliuola in sposa al re del Garbo (Marocco), la quale per molte
avventure, in quattro anni ,passa attraverso luoghi diversi con nove uomini,
infine, restituita al padre ,va in moglie al re del Garbo, come doveva avvenire
fin dall’inizio.
Mentre le giovani donne erano così commosse dalle vicende di
madama Beritola, che quasi piangevano, Panfilo continuò la narrazione.
Considerò, innanzitutto, che molti, ritenendo che si poteva
diventare ricchi e vivere senza preoccupazioni, cercarono la ricchezza
affrontando molti pericoli. Talvolta, per questo, trovarono chi li uccise,
mentre quando erano poveri li amava.
Altri, invece, passando attraverso infinite battaglie,
divenuti re ricchi e potenti grazie ai fratelli e agli amici, sperando di poter
vivere serenamente, conobbero la paura, temendo di essere avvelenati alla mensa
reale.
Altri, ancora, desiderarono ardentemente la forza del corpo
e la bellezza, solo tardi si accorsero che queste cose erano causa di morte o
di vita dolorosa.
Ma se gli uomini peccavano desiderando tutto ciò, le donne
peccavano soprattutto in una cosa: nel desiderare di essere belle, e, non
soddisfatte della bellezza che la natura aveva dato loro, cercavano di
accrescerla con grande arte.
Tanto si poteva evincere dalla novella che egli avrebbe
raccontato di una bella saracena che ,per la sua bellezza, in quattro anni, si
sposò nove volte.
Molto tempo prima, viveva in Babilonia un Sultano di nome
Beminedab , che aveva molti figli sia maschi che femmine, tra cui una figliola
chiamata Alatiel, bella come nessun’altra donna al mondo.
Poiché nella guerra contro gli Arabi aveva avuto grande
aiuto militare dal re del Garbo, l’aveva data in moglie a lui, che glielo aveva
chiesto come una grazia.
Affidandola a Dio, la mandò al re, imbarcandola su una nave
ben armata, con un ricco seguito di donne, di uomini e con una ricca dote.
Partirono dal porto di Alessandria e navigarono
,felicemente, per due giorni; avevano già superata la Sardegna e pensavano di
aver quasi terminato il viaggio, quando si levarono venti fortissimi.
Per due giorni i marinai resistettero, ma la tempesta della
terza notte ridusse a mal partito la nave nei pressi di Maiorca. I marinai, per
salvarsi, pensando soltanto a sé stessi, calarono in mare una scialuppa, sulla
quale si gettarono i comandanti e poi gli altri.
Tutti , sperando di salvarsi, trovarono la morte, perchè la
scialuppa non resse al peso degli uomini e affondò.
La nave, su cui era rimasta solo la donna con il suo
seguito, sebbene mal ridotta, fu gettata dal vento sulla spiaggia di Maiorca,
dove si insabbiò.
Venuto il giorno e calmatosi il vento, la donna, ripresasi a
fatica, cominciò a chiamare per nome le persone del suo seguito, ma nessuno
rispondeva. Si guardò intorno e vide che le donne del suo seguito erano quasi
tutte morte per la paura e per il mal di mare.
Spaventata, si scosse, non sapendo dove si trovava, fece
alzare le donne che erano ancora vive e le mandò a vedere dove erano finiti gli
uomini.
Fino alle tre del pomeriggio, non trovarono nessuno sulla
spiaggia che potesse aiutarle.
Un po’ più tardi, per caso, passò di lì un gentiluomo di
nome Pericon da Visalgo, con il suo seguito, che, vedendo la nave, immaginò
cosa era successo.
Ordinò ad un servo di salire sulla nave, faticosamente
l’uomo salì e trovò la gentile fanciulla con poche altre donne, nascosta sotto
la prora. Le donne, chiedendo pietà , cercarono di spiegare l’accaduto, senza
riuscirci, perché non conoscevano lo spagnolo.
Scese a terra ,furono mandate al castello di Pericone,
perché fossero assistite e rifocillate.
Dai ricchi monili trovati sulla nave e dal rispetto che le
altre donne avevano per lei, l’uomo comprese che doveva trattarsi di una
nobildonna.
Sebbene fosse pallida ed emaciata per la fatica del
mare, era bellissima e Pericone decise
di sposarla, anche si rammaricava di non poter comunicare in quanto parlavano
due lingue diverse. Vedendola ancora più bella dopo il riposo, cominciò a
corteggiarla con mille attenzioni per piegarla ai suoi desideri. La fanciulla
si ritraeva e rifiutava.
Dopo un certo tempo, Alatiel ,avendo compreso di essere tra
cristiani e che prima o poi avrebbe dovuto cedere alle insistenze del suo
salvatore, evitò di dire chi fosse. Raccomandò alle tre donne che le erano
rimaste di non dire chi fossero e di conservare la castità, come faceva lei che
sarebbe appartenuta solo a suo marito.
Pericon si innamorava sempre di più e, per conquistare la
donna che gli resisteva, escogitò uno stratagemma. Poiché si era accorto che a
lei piaceva il vino, a cui non era abituata perché la sua religione le impediva
di berlo, pensò di farla cedere, con l’aiuto del vino e di Venere.
Una sera la invitò ad una festa e ordinò al coppiere di
servirle un bicchiere di vari vini mescolati tra loro. Bevuto l’intruglio ,la
donna, dimenticando le sventure passate, divenne lieta e vedendo alcune donne
ballare danze spagnole, ballò anche lei alla maniera alessandrina. Così
trascorse quasi tutta la notte, tra vini e danze. Allontanatisi i convitati,
l’uomo, che era molto robusto ed energico, entrò nella camera da solo con la
donna, che più calda di vino che di onestà, si spogliò e si coricò.
Pericone ,rapidamente, la seguì e le si coricò accanto,
iniziando i preliminari amorosi.
La donna , che non aveva nessuna esperienza, come si accorse
che il pene dell’uomo, ingrossatosi a dismisura, premeva sulla sua vagina, si
pentì di non aver accolto prima le lusinghe di Pericone,e, in seguito molte
volte, non con le parole, che non si sapeva spiegare, ma con i fatti ,gli si
offrì.
Ma la fortuna, non contenta, ci mise lo zampino.
Pericone aveva un fratello di venticinque anni, fresco e
bello come una rosa, di nome Marato, che era molto attratto dalla donna. Il
giovane ,credendo di essere da lei corrisposto, ritenne che l’unico ostacolo
fosse la grande sorveglianza che le veniva fatta ed escogitò un piano
scellerato.
Era giunta nel porto una nave appartenente a due giovani
genovesi, carica di mercanzie, che doveva andare a Chiarenza, in Romania, ed
era già pronta a partire , con le vele issate.
Marato si accordò con i naviganti per imbarcarsi nella notte
seguente. Durante la notte si recò ,con alcuni compagni fidatissimi, nella
camera dove Pericone dormiva con la donna.
Uccisero Pericone nel sonno , catturarono la donna piangente
e senza essere uditi da nessuno si imbarcarono. Inizialmente la donna pianse
molto, ma Marato, con il suo fallo molto grosso, la consolò così bene che ella
presto dimenticò Pericone.
Ma era pronta per lei una nuova sventura.
Vedendola così bella, i due giovani padroni della nave se ne
innamorarono, senza che Marato minimamente lo sospettasse.
Senza indugio, mentre era sul ponte, lo attaccarono alle
spalle e lo buttarono in mare , senza che nessuno se ne accorgesse ; poi si
impegnarono a confortare la donna , messa al corrente dell’incidente.
Volendo ciascuno essere il primo a possederla, accesi
dall’ira, vennero alle mani e si affrontarono ,armati di coltelli. L’uno cadde
morto, l’altro fu ferito gravemente.
Frattanto la nave approdò a Chiarenza , dove, con il ferito,
Alatiel scese a terra e alloggiò in un albergo.
La fama della sua bellezza giunse alle orecchie del principe
di Morea, che si trovava in città, il quale, appena la vide, se ne innamorò
perdutamente.
I parenti del ferito, avutane richiesta, senza perder tempo,
mandarono al principe la donna che aveva procurato loro tanti guai. Il
principe, gradito molto il dono, la trattò come una regina, rispettandola come
se fosse sua moglie.
Ella, ripresasi dalle sventure, rasserenata dall’amore e
dalle di lui attenzioni ,rifiorì, tanto
che in tutta la Romania non c’era nessuna donna bella come lei.
Il duca di Atene, amico e parente del principe, fu preso dal
desiderio di vederla e giunse dopo un lungo viaggio, accompagnato da molti
nobili, a Chiarenza. Elogiandone la bellezza, lo sventurato accompagnò l’amico
nelle sale, dove la donna si tratteneva con il seguito. Anche se Alatiel non
parlava la loro lingua era talmente bella che il duca, ritenendo l’altro
straordinariamente fortunato, cadde nella rete e si innamorò perdutamente.
Lasciando da parte ogni prudenza e giustizia, escogitò un
piano per liberarsi del principe, con l’aiuto di un servitore fedelissimo del
nobile rumeno di nome Ciuriaci, che aveva accesso alla camera dove dormiva con
la donna.
Una notte, per il molto caldo, il principe ,tutto nudo,
stava alla finestra guardando il mare, godendosi un bel venticello.
Ciuriaci, di nascosto, gli andò alle spalle, e, colpendolo
ai reni, lo gettò dalla finestra.
Siccome il palazzo era a picco sul mare, nessuno vide e
sentì la caduta del corpo.
Un compagno del duca ,fingendo di accarezzarlo, strangolò il
servo infedele con una corda e buttò anche quel corpo dal dirupo.
Sicuro di non essere stato visto né sentito da nessuno, il
duca, con tutta calma, si recò nella camera della donna che dormiva nuda. La
scoprì, potè ammirarla in tutto il suo splendore, poi si coricò e fece l’amore con
lei, che, ancora assonnata credeva che si trattasse del principe.
Dopo un certo tempo, la mise su un cavallo e ,per
nasconderla, la portò in un luogo appartato sopra Atene. Intanto, in Romania, i
cortigiani ,non vedendo più né il principe né il servitore cominciarono a
cercarli.
Un matto trovò il corpo di Ciuriaci attaccato alla fune e
dette l’allarme.
Tutti lo seguirono e scoprirono il cadavere del principe, lo
seppellirono con molti onori e decisero di vendicarlo. Prepararono un grande
esercito e dichiararono guerra al duca di Atene.
Molti potenti signori mandarono aiuti militari, tra cui
l’Imperatore di Costantinopoli ,che inviò il figlio, Costantino , e il nipote
,Manovello . I due furono ricevuti affettuosamente dalla duchessa ,che era loro
sorella. Avvicinandosi il giorno della battaglia , la duchessa, chiamatili in
disparte, raccontò loro che il duca l’aveva offesa tenendo con sé ,di nascosto,
una donna , e promise una ricca ricompensa se l’avessero vendicata.
I giovani la confortarono, promisero e partirono, dopo aver
saputo da lei dove si trovava la donna.
Avendo ,molte volte,
sentito parlare della bellezza della donna chiesero al duca di vederla. Egli
,dimentico del passato, li invitò a desinare con lei in uno splendido giardino.
Sedendo Costantino vicino a lei, considerandola come la cosa
più bella che avesse mai veduto, tralasciando la guerra, si mise a pensare come
poteva eliminare il duca. Frattanto il principe si avvicinava e il duca e
Costantino ,con l’esercito, uscirono da Atene per bloccare il nemico alle
frontiere.
Costantino si finse malato e ,col permesso del duca,
lasciato il comando a Manovello, ritornò ad Atene dalla sorella, alla quale
promise di portar via ,lontano da Atene, la bella Alatiel, senza che il il
marito lo sapesse.
La duchessa ritenendo che il fratello facesse ciò per amor
suo non della donna, assentì ben lieta.
Raccomandò vivamente che tutto fosse fatto in gran segreto.
Il giovane, armata una navicella sottile e veloce, la fece
andare vicino alla dimora della donna; frattanto, ricevuto con i suoi compagni
dalla dama, se ne andò con lei in giardino e, fingendo di portale notizie
del duca , la spinse sulla barca.
Ordinò ai presenti di tacere perché, in tal modo, non rubava
la donna al duca ma vendicava l’offesa fatta alla sorella. Tutti tacquero e
Costantino, salito sulla nave con la donna piangente, navigando a gran
velocità, giunse ad Egina ( di fronte ad Atene).
Qui giacque con la donna addolorata, poi, temendo i
rimproveri del padre e che la donna gli fosse tolta, preferì andare a Chios
,per nascondersi in un luogo sicuro, dove la donna, riconfortata, cominciò a
riprendere salute e gioia di vivere.Nel mentre Osbech , re dei Turchi, che era
in continua guerra con l’Imperatore di Costantinopoli, udì che il giovane era a
Chios ,dove conduceva una vita lasciva con una donna che aveva rubata.
Di notte, su alcune navi leggiere, assaltò di sorpresa
Chios, uccidendo molti soldati che dormivano ed altri che, sorpresi, cercavano
di difendersi. Gli assalitori caricarono sulle navi il ricco bottino ed i
prigionieri e ritornarono a Smirne.
Osbech, che era un bell’uomo, tra i prigionieri trovò la
bella donna, che era stata catturata mentre dormiva con Costantino, si
rallegrò e, senza indugio, la fece sua
sposa, giacendo lieto molti mesi con lei.
L’Imperatore, informato di ciò che era accaduto al figlio,
sollecitò Basano, re della Cappadocia, suo alleato, ad attaccare Osbech ,ed
egli stesso si mosse col suo esercito, per attaccare il nemico su due fronti.
Osbech ,per evitare di essere accerchiato, andò contro il re
della Cappadocia, lasciando a Smirne la donna, affidata ad un amico di nome
Antioco.
Sconfitto ed ucciso il re di Cappadocia, Antioco, rimasto
solo con lei, sebbene attempato , se ne innamorò. Anche Alatiel, che per molti
anni era stata creduta sorda e muta, poiché Antioco conosceva la sua lingua,
entrò in confidenza con lui e corrispose al suo amore.
Temendo di essere assaliti, decisero di partire e, con le
ricchezze di Osbech, di nascosto, se ne andarono a Rodi, dove ,dopo un certo
tempo, Antioco si ammalò e morì. In punto di morte affidò la donna che aveva
tanto amato, con tutte le sue ricchezze, ad un mercante di Cipro, suo grande
amico.
Conclusi i suoi affari a Rodi, volendo ritornare a Cipro, il
mercante portò con sé la donna, che lo seguì spontaneamente , e per proteggerla
da ogni ingiuria disse che era sua moglie.
Imbarcatisi, sulla nave dormivano entrambi su un lettuccio
assai piccolo, ma caldo e comodo. Ben presto ,al buio e al caldo, dimenticarono
le promesse fatte ad Antioco, e, spinti da eguale desiderio, si unirono, prima
di giungere a Boffa, dove si fermarono.
Per caso giunse a Boffa, un gentiluomo di nome Antigono,
vecchio, di grande intelligenza e di poca ricchezza, perché, avversa la fortuna,
aveva perso molto denaro a Cipro. Andato in Armenia per affari, Antigono passò
sotto la finestra della donna, la guardò, attratto dalla sua bellezza, ed ebbe
l’impressione di averla già conosciuta.
La bella donna, come vide Antigono, ricordò di averlo visto
al servizio di suo padre, lo fece chiamare e gli chiese se era Antigono di
Famagosta. Al suo assenso, gli buttò le braccia al collo e domandò se l’aveva
mai vista ad Alessandria.
Immediatamente il vecchio riconobbe che era Alatiel, figlia
del Sultano, che tutti credevano morta in mare., promise di aiutarla ,di
ricondurla al padre e si fece raccontare tutte le sue disavventure.
Udito il racconto escogitò un piano per ricondurla al padre
e darla in moglie al re del Garbo, come inizialmente era stato disposto.
Ritornato a Famagosta, si presentò al re (di Cipro) e gli promise che se
l’avesse assecondato, ne avrebbero entrambi tratto gran vantaggio.
Al re che gli chiedeva in che modo, il furbacchione( il
volpone) riferì che a Baffa aveva ritrovato la bella giovane figlia del sultano
che tutti credevano annegata, la quale per conservare la sua onestà aveva molto
sofferto, e ora, povera e triste, voleva ritornare dal padre.
Egli chiedeva una scorta per riportare la figlia al padre,
di che il sultano gli sarebbe stato ,certamente, grato.
Il re ,con la regina, accolse molto onorevolmente la donna a
Famagosta e dopo pochi giorni ,con una scorta, la rimandò al padre che
l’accolse con grande gioia.
Quando si fu riposata, il padre si fece raccontare che cosa
era successo in tutto quel tempo.
Ella rispose seguendo i consigli di Antigono e disse “ Padre
mio, dopo venti giorni dalla mia partenza, una tempesta buttò la nave su una
spiaggia chiamata Aguamorta (Aguies Mortes in Provenza), tutti gli uomini
scomparvero ed io rimasi sola con due mie donne, mentre i paesani rubarono
tutto quello che c’era.
Le donne fuggirono inseguite da alcuni giovani. Due giovani
mi presero e ,tirandomi per i capelli, cercarono di portarmi in un bosco. Per
fortuna, passarono di lì quattro uomini a cavallo che, vista la scena, fecero
fuggire gli assalitori. Dopo avermi liberata, ascoltata la mia storia, mi
condussero ad un monastero di suore, dalle quali fui ricevuta con benevolenza e
con onori, e con loro rimasi nel monastero di San Cresci in Valcava.
Quando ebbi appreso la loro lingua, le suore mi domandarono
chi ero e da dove venivo.
Temendo di essere cacciata via perché nemica della loro
religione, dissi che che ero figlia di un gentiluomo di Cipro, che mi aveva
mandato a Creta per maritarmi, ma ero stata sbattuta lì da una tempesta. La
badessa, pietosa, per rimandarmi a Cipro, da mio padre, mi affidò a certi buoni
uomini francesi, suoi parenti, che con le loro donne, andavano a Gerusalemme a
visitare il Santo Sepolcro. Saliti, dunque, sulla nave, dopo alcuni giorni
giungemmo a Boffa, dove, per grazia di Dio, sulla spiaggia, trovai Antigono,
che subito riconobbi, perchè parlavo la sua lingua,al quale narrai la mia
storia.
Egli, ringraziando ed onorando i francesi e le loro donne,
mi condusse dal re di Cipro che mi rimandò a te.
Se c’è altro da dire te lo racconterà Antigono, che sa
tutto”.
E Antigono continuò dicendo che le donne e gli uomini
francesi ,che gliel’avevano affidata, avevano molto lodato l’onestà e la virtù
della fanciulla, che per molto tempo aveva vissuto con le monache, e l’avevano
tanto elogiata che non sarebbero bastati un giorno e una notte per elencare
tutti i suoi meriti.
Il Sultano ringraziò Iddio e ricompensò generosamente il re
di Cipro, inviando Antigono con ricchi doni.
Poi, per concludere il matrimonio programmato, scrisse al re
del Garbo che, se lo desiderava, gli avrebbe mandato la figlia in sposa. Il re
del Garbo accettò e la ricevette con grandi onori.
E così la donna, che aveva giaciuto con otto uomini, forse
diecimila volte, fu accolta come una verginella e tale fu creduta e visse a
lungo lietamente con lui come regina, e , perciò, si disse “bocca baciata non
perde fortuna, ma si rinnova come fa la luna”.
A. O. L. culo
RispondiEliminaE. B. vi osserva
RispondiEliminaÈ n'a troia
RispondiEliminaBAIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
RispondiEliminaVicenda esagerata e paradossale, tuttavia indicativa della società mercantile dell'epoca, che considerava la donna alla stregua di un prezioso oggetto di piacere. Infatti gli uomini se la rubano continuamente uno all'altro.
RispondiElimina