giovedì 5 dicembre 2013

SECONDA GIORNATA - NOVELLA N.2

SECONDA GIORNATA – NOVELLA N.2


Rinaldo d’Asti, derubato, capita a Castel Guglielmo ed è ospitato da una donna vedova, risollevato dalle sventure torna sano e salvo a casa sua.


Delle sventure di Martellino, raccontate da Neifile, risero le donne e soprattutto, tra i giovani, Filostrato, al quale, poiché sedeva vicino a Neifile, la regina comandò di continuare.
Ed egli iniziò, dicendo che voleva raccontare una novella di carattere religioso. In essa si mescolavano sventure e amore e doveva essere ascoltata da coloro che si mettevano in viaggio, che dovevano tutti dire ,prima di partire, un padrenostro a San Giuliano, protettore dei viaggiatori.
Un mercante di nome Rinaldo d’Asti, al tempo di Azzo da Ferrara ( intorno al 1300), era venuto a Bologna, per fare acquisti. Tornando a casa, dopo essersi rifornito, uscito da Ferrara e andando verso Verona, incontrò alcuni mercanti che parevano ,piuttosto dei masnadieri, ai quali, imprudentemente, si aggregò.
Costoro, stimandolo ricco e ben in soldi, decisero di derubarlo, alla prima occasione, anche se con lui fingevano di essere onesti e leali e si mettevano a disposizione per ogni sua esigenza.
Mentre camminavano, discutendo del più e del meno, cominciarono a ragionare delle preghiere che gli uomini facevano a Dio. Uno dei tre chiese a Rinaldo quali orazioni era solito fare a Dio quando si metteva in viaggio.
E Rinaldo rispose che era uomo all’antica e che dava poca importanza a queste cose, tuttavia aveva sempre avuto l’abitudine di dire, al mattino, quando usciva dall’albergo, un padrenostro e un’Ave Maria all’anima del padre e della madre di San Giuliano. Poi, pregava Dio e San Giuliano che gli dessero un buon alloggio per la notte seguente.
E, molte volte, viaggiando, aveva affrontato gravi pericoli ai quali era scampato, trovando un buon rifugio per la notte. Per questo rispettava la credenza che San Giuliano proteggeva i viaggiatori e non avrebbe mai più viaggiato tranquillo, se al mattino, prima di partire, non avesse rivolto la preghiera al Santo.
E i tre domandarono se quella mattina l’aveva detta. Rinaldo assentì..
Allora uno disse tra sé “ E a buon motivo ti servirà, perché ,se il nostro proposito non fallisce, stanotte tu alloggerai malissimo” e poi disse, rivolto a Rinaldo “Io, che pure, come te ,ho molto viaggiato, non l’ho mai detta, anche se ne ho sentito parlare da molti, eppure ho sempre albergato bene. Questa sera, per caso, vedremo chi alloggerà meglio, se tu che hai pregato o io che non ho pregato. Al posto del padrenostro io, di solito, dissi il “dirupisti” o il “ deprofundi” che mia nonna diceva che erano molto validi”.
Così conversando, procedevano, aspettando il momento opportuno per attuare il loro piano malvagio.
Giunti nelle vicinanze di Castel Guglielmo (nel Polesine), nell’attraversare un fiume, a notte inoltrata,assalirono Rinaldo e lo derubarono.
Allontanandosi, dopo averlo spogliato di tutto, lasciandolo solo con la camicia, gli dissero “Vattene e vedi se il tuo San Giuliano stanotte ti darà buon albergo, a noi il nostro ,sicuramente, lo darà buono”.
Il servitore di Rinaldo, vedendolo assalire, non si preoccupò di aiutarlo, ma, vigliaccamente, voltato il cavallo si diresse di corsa a Castel Guglielmo, dove, senza preoccuparsi, trovò ricovero.
Rinaldo, scalzo e in camicia, facendo molto freddo e nevicando, essendo già notte fonda, cominciò a cercare un rifugio per la notte, ma non ne trovò alcuno. Infatti, in quella zona c’era stata la guerra ed ogni cosa era stata bruciata. Spinto dal freddo si diresse verso Castel Guglielmo, per cercare soccorso.
Giunse al castello a notte fonda, quando le porte erano state chiuse e il ponte era stato alzato, perciò non potè entrare.
Cercando, affannosamente, un riparo dalla neve e dal gelo, vide una casa ,che sporgeva un po’ in fuori dalle mura del castello, subito decise di ripararsi lì fino all’alba. L’uscio era chiuso, ma, davanti ad esso ,il tetto sporgeva appena, raccolta un po’ di paglia che era lì vicino, si sistemò, lamentandosi che San Giuliano non si era comportato bene con lui. Ma San Giuliano, intervenendo rapidamente, gli preparò un buon alloggio.
Viveva in quel paese una vedova, bellissima come nessun’altra, che il marchese Azzo amava e teneva a sua disposizione. La donna abitava nella casa, sotto il cui tetto ,Rinaldo si era riparato.
Il giorno prima, il marchese, volendo la notte giacere con lei, nella casa aveva fatto preparare un bagno e un’ottima cena.
Era tutto pronto e la donna aspettava soltanto l’arrivo del marchese. Purtroppo arrivò un servo a cavallo, per avvisare la donna che il marchese era dovuto improvvisamente partire per cui non doveva più attenderlo.
 La donna, amareggiata, non sapendo cosa fare, decise di entrare nel bagno preparato per il signore, poi cenare ed, infine, andare a letto. Rapidamente entrò nel bagno, che era sistemato vicino alla porta, accanto alla quale si era rifugiato il meschino Rinaldo. Sentì il pianto ed il battito di denti, simile a quello di una cicogna, che faceva lo sventurato; chiamata la domestica, le disse di andare fuori a vedere chi c’era e che cosa faceva.
La fantesca andò , vide l’uomo semicongelato e gli domandò chi era.
Rinaldo le raccontò le sue disavventure e la pregò di non lasciarlo morire di freddo.
Udito il racconto, la vedova, presa la chiave che serviva per far entrare soltanto il marchese, disse alla domestica di aprire e di far entrare l’uomo ,che poteva mangiare, visto che la cena era pronta , e poteva essere ospitato senza problemi perché c’era molto spazio.
La fantesca, obbedendo all’ordine della padrona, lo fece entrare e, vedendo che era quasi assiderato, lo fece immergere nel bagno che era ancora caldo.
L’uomo fece tutto di buon grado e, riconfortato dal calore, gli parve di essere resuscitato.
La donna gli fece portare gli abiti del marito che era morto da poco, che gli andavano a pennello.
Il mercante, aspettando gli ordini della donna, cominciò a ringraziare Dio e San Giuliano che lo avevano salvato e gli avevano preparato un buon albergo per la notte.
La padrona, frattanto, chiese come stava l’uomo alla fantesca che, astutamente, rispose che si era rivestito e sembrava un bell’uomo e una persona per bene. Sentito ciò la donna lo fece invitare a cena, visto che non aveva cenato. Rinaldo ,entrato nella sala, ammirò la bellezza della dama e ringraziò per l’aiuto datogli.
La vedova, condividendo il giudizio della domestica, lo fece sedere familiarmente vicino al fuoco e si fece raccontare quello che gli era capitato. Confrontandolo con quanto aveva sentito dire in paese  riferito dal servo del mercante, gli credette completamente e gli disse ciò che sapeva del suo inserviente ,promettendo che  l’avrebbe fatto chiamare l’indomani.
 Poi, imbandita la tavola, dopo essersi lavate le mani, insieme si misero a cenare.
Rinaldo era alto, bello, di aspetto e di modi gentili, di mezza età (circa 35 anni). La donna cominciò a guardarlo con interesse e pensò che, poiché il marchese l’aveva lasciata sola quella notte, dopo aver destato in lei il desiderio d’amore, poteva usare quel bene che la fortuna le aveva mandato.
Dopo cena, alzatasi da tavola, chiese consiglio alla domestica che, conoscendo il suo desiderio, l’assecondò.
Tornata, dunque, vicino al fuoco, guardò amorosamente il giovane e gli disse “ Rinaldo, non siate così pensieroso, non pensate di poter recuperare il cavallo e gli abiti che avete perduto? Confortatevi, siete a casa vostra. Anzi ,vedendovi indossare i panni di mio marito morto, sembrando che siate proprio lui, mi è presa una gran voglia di abbracciarvi e di baciarvi, cosa che avrei certamente fatto se non avessi temuto di dispiacervi”.
Rinaldo ,udendo queste parole e vedendo la luce d’amore negli occhi di lei, le andò incontro a braccia aperte, dicendo “Signora, farò tutto quello che volete, perché vi sono grato di avermi salvato e, pensando alle cortesia che mi avete usato, vi accontenterò in tutto e se voi desiderate abbracciarmi e baciarmi, vi abbraccerò e bacerò più che volentieri”.
Non ci furono più parole. Dopo molti baci, ella, che ardeva di amoroso desiderio, lo condusse nella sua camera, e più volte si accoppiarono, come entrambi desideravano.
Sul far dell’alba, la donna , svegliatasi, perché non si potesse sospettare nulla, gli diede dei vecchi abiti, gli riempì la borsa di denari e, pregandolo di tener nascosto l’accaduto, lo fece uscire da dove era entrato.
Egli, fattosi giorno, entrò nel castello, ritrovò il servo e si rivestì con gli abiti che erano nella sua valigia.
Venne , poi, a sapere che i tre masnadieri che lo avevano derubato, per un altro furto che avevano fatto, erano stati catturati ed avevano confessato. Gli furono, dunque, restituiti il cavallo, i panni e i denari, perdette soltanto dei lacci per le scarpe che i ladroni avevano buttato.
Rinaldo, ringraziando Dio e San Giuliano, montò a cavallo e ritornò sano e salvo a casa sua, mentre i tre masnadieri furono impiccati.
              







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