giovedì 28 novembre 2013

SECONDA GIORNATA - NOVELLA N.1

SECONDA GIORNATA – NOVELLA N.1


Martellino, fingendosi storpio, simula di guarire grazie al Beato Arrigo, scoperto il suo inganno, è picchiato e arrestato; corre il pericolo di essere impiccato per la gola, ma alla fine si salva.


Neifile iniziò il racconto riflettendo che ,alcune volte, chi voleva beffare gli altri, si ritrovava egli stesso beffato.E volle dimostrare ciò nel rispetto del tema fissato dalla regina.
Non molto tempo addietro, viveva in Treviso un tedesco chiamato Arrigo, santo e apprezzato da tutti, molto povero, che viveva portando pesi a pagamento.
A detta dei trevigiani, nell’ora della sua morte , tutte le campane del Duomo , senza essere tirate, si misero a suonare. Tutti gridarono al miracolo e, ritenendo Arrigo Santo, si recarono, in pellegrinaggio, alla casa dove giaceva, conducendo lì zoppi, ciechi, ammalati, tutti quelli che avevano qualche infermità e qualche difetto, sperando che miracolosamente potessero guarire toccando quel corpo.
In tale circostanza, giunsero a Treviso tre fiorentini, uno chiamato Stecchi, l’altro Martellino e il terzo Marchese. Costoro erano buffoni che giravano per le corti dei signori, travestendosi e facendo imitazioni per divertire gli spettatori. Vedendo accorrere tanta gente si meravigliarono e, udito il motivo, vollero andare a vedere.
Depositati i bagagli in albergo, pensarono a come fare per arrivare alla casa del morto.
L’impresa non era facile, perché la piazza era piena di tedeschi e la chiesa ancora di più.
Martellino ebbe un’idea. Decise di fingersi storpio, di non poter camminare e di farsi sostenere da un lato da Stecchi e dall’altro da Marchese.
L’idea piacque ai suoi amici e subito misero in atto il piano.
Martellino contrasse talmente le mani, le braccia, le gambe, la bocca, gli occhi e tutto il viso da sembrare veramente terribile e non c’era nessuno che ,vedendolo, non lo ritenesse handicappato.
Per avvicinarsi alla chiesa, i due compagni ,che lo sostenevano, chiedevano di fare spazio e tutti si scostavano, anzi, alcuni uomini li aiutarono a mettere Martellino sul corpo di Arrigo perché potesse riacquistare la salute. Martellino, mentre tutta la gente era attenta a vedere che cosa gli succedesse, piano piano, cominciò a distendere le dita, poi la mano, poi il braccio e così tutto il corpo, come sapeva fare benissimo.
La gente, vedendo ciò, subito gridò al miracolo, con grida tanto forti in onore di Santo Arrigo da uguagliare il rumore dei tuoni.
Per caso ,si trovava in quel luogo un fiorentino che conosceva bene Martellino, ma che non lo aveva riconosciuto mentre si fingeva storpio. Lo riconobbe subito ,quando si raddrizzo, cominciò a ridere e disse “ O Signore ,che gli venga un accidente! Chi non avrebbe creduto, vedendolo, che era veramente storpio?”.
Alcuni trevigiani, udendolo, ebbero dei dubbi e chiesero all’uomo chiarimenti.
Il fiorentino rispose che quel bugiardo era sano come tutti loro, ma era un buffone che amava travestirsi e giocare. Udito ciò, tutti si misero a gridare e ad accusare il simulatore di volersi beffare di Dio e dei Santi e, afferratolo, gli strapparono le vesti e lo colpirono con pugni e calci, nonostante che egli chiedesse pietà.
I due amici non osavano aiutarlo, per paura di fare la stessa fine, pure cercavano il modo per sottrarlo all’ira del popolo, che l’avrebbe sicuramente ucciso.
Marchese, allora, andò a chiamare le guardie , accusando Martellino di avergli rubato una borsa con cento fiorini d’oro. Immediatamente le guardie corsero dove lo sventurato le stava buscando e lo sottrassero alle mani della folla infuriata. Molti li seguirono e, sentendo di che cosa era accusato, pensando di fargli avere una condanna più pesante, cominciarono a dire che anche a loro era stato rubato del denaro (era stata tagliata la borsa). Udendo queste accuse ,il giudice del podestà cominciò ad interrogarlo.
Visto che l’accusato non prendeva sul serio la cosa, ma scherzava, lo fece torturare, legandolo alla corda, per, poi, farlo impiccare. Posto a terra, alle domande del giudice egli rispose “Signor mio, vi confesserò le verità. Ma fatevi dire da coloro che mi accusano quando e dove li derubai”.
Il giudice chiamò gli accusatori che riferirono che uno era stato derubato otto giorni prima, un altro sei, un altro quattro, uno lo stesso giorno. Udendo ciò ,Martellino disse “ Signor mio, costoro mentono spudoratamente, perché io sono arrivato da poco. Potete controllare chiedendo all’albergatore e all’ufficiale addetto alla registrazione dei forestieri”.
Mentre le cose stavano così, Marchese e Stecchi, che temevano di aver gettato il compagno dalla padella nel fuoco, trovato l’oste ,gli raccontarono il fatto. Egli, ridendo, li condusse da un certo Sandro Angolanti, che abitava a Treviso ed era molto amico del Signore della città e gli raccontò ogni cosa.
Anche Sandro si divertì molto e andò dal Signore ad intercedere per la salvezza di Martellino, salvezza che ottenne.
Quando andarono a prenderlo, lo trovarono in camicia, smarrito e morto di paura, davanti al giudice, che non voleva sentire ragione , che, per odio ai fiorentini, voleva impiccarlo a tutti i costi e  per nessuna ragione voleva liberarlo. Alla fine ,il giudice, suo malgrado, fu costretto a lasciarlo andare.
Quando Martellino fu al cospetto del Signore raccontò tutto quello che aveva combinato e lo pregò di lasciarlo andare perché, fino a che non fosse giunto a Firenze, si sarebbe sentito ,sempre col cappio alla gola.
Dopo moltissime risate per l’accaduto, il Signore fece donare un abito ad ognuno e tutti e tre se ne tornarono sani e salvi a Firenze, usciti dal pericolo oltre ogni speranza. 
   






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