giovedì 2 luglio 2015

NONA GIORNATA - NOVELLA N.4

NONA GIORNATA – NOVELLA N.4

Cecco di messer Fortarrigo gioca a Buonconvento ogni sua cosa e anche i denari di Cecco di messere Angiolieri; gli corre dietro in camicia e, accusandolo di averlo derubato, lo fa catturare dai contadini; si veste con i panni di lui e monta sul di lui cavallo, e andandosene, lo lascia in camicia.

Tutta la brigata aveva accolto, con molte risate, le parole che Calandrino aveva detto alla moglie.
Dopo che Filostrato tacque, come volle la regina, Neifile incominciò.
Si rivolse ,prima di tutto, alle donne dicendo che se non fosse stato più difficile agli uomini mostrare il proprio senno e la propria virtù, piuttosto che la stupidità e il vizio, molti avrebbero faticato a tenere a freno le loro parole. Ne aveva dato dimostrazione la stoltezza di Calandrino che, senza necessità, per guarire il male che la sua stupidità gli faceva credere di avere, aveva svelato pubblicamente i piaceri intimi della sua donna.
Questa cosa le aveva fatto ricordare un’altra contraria, cioè come l’astuzia di uno superasse il senno di un altro, procurandogli grave danno e vergogna. Voleva raccontare proprio di ciò.
Non molti anni prima, vivevano in Siena due uomini adulti, entrambi di nome Cecco, ma uno era figlio di messere Angiolieri, l’altro di messer Fortarrigo.
I due si somigliavano per i loro cattivi costumi ; in una parola, erano tanto simili nell’odiare i loro padri, che diventarono amici e stavano sempre insieme.
All’Angiolieri, che era un uomo bello e garbato, sembrava di vivere male in Siena con l’appannaggio che gli donava il padre. Avendo sentito che nella Marca di Ancona era andato, come legato del Papa, un cardinale che lo proteggeva, decise di voler andare da lui, credendo di migliorare la sua condizione. Lo disse al padre e gli chiese di dargli l’appannaggio di sei mesi, per potersi vestire e fornire di un cavallo, in modo da presentarsi onorevolmente. Cercò, inoltre, un servitore per portarlo con sé.
Il Fortarrigo udito ciò, si presentò all’Angiolieri e cominciò a pregarlo in tutti i modi perché lo portasse con sé, dicendo che voleva essere suo servitore e familiare, senza alcun salario, escluse le spese.
L’Angiolieri rispose che non lo voleva portare, anche se lo riteneva capace, perché aveva il vizio del gioco e spesso si ubriacava.
Il Fortarrigo giurò e spergiurò sui sacramenti che si sarebbe guardato dall’una e dall’altra cosa, aggiungendo tante preghiere che l’Angiolieri, vinto, gli disse di si.
Un mattino, messisi in cammino, entrambi se ne andarono a pranzare a Buonconvento. Colà, dopo pranzo, l’Angiolieri, poiché faceva molto caldo, si fece preparare un letto, si spogliò e, aiutato dal Fortarrigo, se ne andò a dormire, dopo avergli raccomandato di svegliarlo verso le tre.
Il Fortarrigo, mentre l’Angiolieri dormiva, si recò in una taverna e lì, dopo aver bevuto, cominciò a giocare.
In poco tempo perse i denari che aveva e gli vinsero anche i panni che aveva indosso.
Egli ,desideroso di rifarsi, in camicia, com’era rimasto, andò dove dormiva l’Angiolieri. Vedendolo dormire profondamente ,gli prese dalla borsa tutti i denari che aveva e tornò a giocare, perdendo anche quelli .
L’Angiolieri, svegliatosi, si alzò, si vestì e chiese del suo accompagnatore. Non trovandolo, pensò che era rimasto a dormire ,ubriaco, da qualche parte, come era solito fare.
Deciso a lasciarlo lì, fatta mettere la sella e la valigia sul cavallo, pensando di fornirsi di un altro servitore a Corsignano, andò dall’albergatore per pagare, ma non trovò il denaro.
Cominciò ,allora, a gridare ,mettendo in subuglio tutta la casa dell’oste, dicendo che lì dentro era stato derubato, minacciando di fare tutti prigionieri e di condurli a Siena.
Ed ecco arrivare ,in camicia, il Fortarrigo, che andava a prendersi i panni, come aveva fatto con i denari.
Come vide l’Angiolieri in procinto di salire a cavallo , gli disse “ Che è questo, Angiolieri? Ce ne vogliamo già andare ? Aspetta ancora un po’. Deve venire qui, adesso, un tale che ha in pegno il mio corpetto per 38 soldi; sono certo che ce lo renderà per 35, se lo paghiamo subito”.
Frattanto, arrivò uno che diede all’Angiolieri la certezza che i denari gli erano stati rubati dal Fortarrigo, mostrandogli la quantità dei denari che quel birbante aveva perduto.
L’Angiolieri si adirò molto e gli avrebbe fatta la pelle ,se non avesse temuto l’ira di Dio e le leggi.
Minacciando di farlo impiccare e di farlo esiliare, montò a cavallo.
Il Fortarrigo, come se l’Angiolieri non parlasse con lui ma con un altro, con una faccia di bronzo, diceva “O Angiolieri, lasciamo stare queste parole che non contano niente; pensiamo a questo, se lo riscattiamo subito, avremo il corpetto per 35 soldi, se aspettiamo a domani, quell’uomo ne vorrà 38, che sono i denari che mi prestò e mi fa questo piacere ,perché mi affidai a lui. Cerchiamo di guadagnarci questi tre soldi”.
L’Angiolieri, sentendolo parlare così, si disperava perché vedeva che tutti quelli che stavano intorno non credevano che il Fortarrigo si fosse giocato tutti i denari del suo padrone. Dunque gli rispose “ Che cosa ho a che fare con il tuo corpetto? Che tu sia impiccato, perché non solo mi hai derubato e ti sei giocato il mio denaro, ma hai anche impedito la mia partenza e ti fai beffe di me “.
Il Fortarrigo continuava, come se l’altro non dicesse niente, a chiedergli di riscattare il suo corpetto, ché , in tutta Siena non ne avrebbe potuto trovare uno che gli stesse meglio e che valeva più di 40 soldi, mentre l’aveva dato in pegno per 38, sicchè veniva danneggiato due volte.
L’ Angiolieri si addolorò molto vedendosi prima derubato e poi colpito da vane parole.
Senza più rispondergli, salì a cavallo  e si diresse verso Torrenieri.
Il Fortarrigo, con sottile astuzia, in camicia, cominciò a corrergli dietro. Andarono per circa due miglia, l’Angiolieri correndo avanti per togliersi di torno il seccatore che lo inseguiva e lo pregava che riscattasse il suo corsetto.
Il Fortarrigo vide ad un certo punto dei contadini in un campo vicino alla strada davanti all’Angiolieri, subito cominciò a gridare “Pigliatelo, pigliatelo”
I contadini, chi con la vanga, chi con la marra, si pararono sulla strada davanti all’Angiolieri, pensando che fosse lui il ladro ,che aveva derubato colui che veniva dietro in camicia ,e catturarono lo sventurato, che, inutilmente, diceva loro chi fosse e com’erano andate le cose.
Frattanto il Fortarrigo, giunto colà, adirato disse “ Non so perché non ti uccido, ladro sleale ,che fuggivi con le mie cose” e, rivolto ai contadini , disse “ Vedete, signori, come costui mi ha lasciato nell’albergo, dopo essersi giocato ogni mia cosa. Posso ben dire che, grazie a Dio e grazie a voi, ho riacquistato almeno questo”.
L’Angiolieri, benchè dicesse molte parole, non veniva ascoltato.
Alla fine, il Fortarrigo, con l’aiuto dei villani, fece scendere da cavallo il giovane, lo spogliò dei suoi panni e si rivestì.
Montato a cavallo, lasciato l’Angiolieri in camicia e a piedi, se ne tornò a Siena, dicendo che il cavallo e i panni li aveva vinti al gioco all’Angiolieri.
L’ Angiolieri, che credeva di andare ricco dal cardinale della Marca, povero e in camicia se ne andò a Buonconvento e, vergognandosi, per molto tempo non osò tornare a Siena.
In seguito gli furono prestati dei vestiti ed egli, sul ronzino che cavalcava Fortarrigo, se ne andò dai suoi parenti a Corsignano, dove rimase finchè il padre non gli dette di nuovo l’appannaggio.
Così la malizia del Fortarrigo turbò le buone intenzioni dell’Angiolieri, che , comunque, a tempo e a luogo ,la punì.






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