NONA GIORNATA – NOVELLA N.5
Calandrino s’innamora di una
giovane, Bruno gli dà un biglietto con delle parole magiche, dicendogli che se
la tocca con quello, ella andrà subito con lui; scoperto dalla moglie, da lei
viene aggredito.
Finita la breve novella di Neifile,
senza che la brigata la commentasse troppo, la regina, rivolta a Fiammetta, le
comandò di continuare.
Ella,sorridente, volentieri
cominciò a dire che ,ripensando al fatto che erano lì riuniti per far festa e
stare serenamente, riteneva che bisognasse parlare di cose allegre ,che potessero
divertire.
Per questo, sebbene si fosse molte
volte parlato delle vicende piacevoli di Calandrino, pensava, come aveva fatto
poco prima Filostrato, di raccontare ancora una novella, che aveva come
protagonista proprio lui.
Per la verità, nel raccontarla,
avrebbe voluto cambiare i nomi dei personaggi, ma, sicuramente,questo avrebbe
diminuito il divertimento degli ascoltatori.
Nicola Cornacchini fu un cittadino
fiorentino molto ricco. Egli, fra i suoi possedimenti, aveva a Camerata una bella proprietà , nella quale fece
costruire una bella casa e si accordò con Bruno e Buffalmacco perché gliela
dipingessero.
Essi ,poiché il lavoro era molto,
aggiunsero anche Nello e Calandrino e cominciarono a lavorare..
Nella casa c’erano soltanto qualche
camera da letto e alcune cose adatte e vi abitava solo una vecchia, come
guardiana del luogo.
Poiché non vi era nessun altro, il
figlio di Niccolò, di nome Filippo, giovane e senza moglie, talvolta vi
conduceva qualche femmina per divertirsi; ce la teneva un giorno o due e poi la
mandava via.
Un giorno vi condusse una donna ,di
nome Niccolosa, che un delinquente, chiamato il Mangione, tenendola con sé in
casa a Camaldoli, dava a pagamento. Costei aveva un bel corpo, era ben vestita,
si presentava molto bene e non sembrava una di quelle.
Un pomeriggio, mentre era uscita
dalla camera con una sottoveste di cotone bianco, con i capelli raccolti, ed
era andata a lavarsi le mani e il viso al pozzo ,che era nel cortile della
casa, Calandrino, che era andato a bere , la vide e la salutò cordialmente.
Ella gli rispose e cominciò a
guardarlo perché le pareva un po’ strano.
Anche Calandrino la guardò
attentamente e gli sembrò bella ; poi cominciò a trovare motivi per fermarsi
,senza tornare dai suoi compagni con l’acqua ,ma ,per timidezza, non diceva
niente.
La donna, che dagli sguardi
dell’uomo si era accorta di piacergli, per prenderlo in giro, lo guardava e
ogni tanto gettava qualche sospiro.
Calandrino subito s’innamorò e non
si allontanò fino a quando la donna non fu richiamata nella camera da Filippo.
Tornato a lavorare, Calandrino non
faceva altro che sbuffare.Bruno se ne accorse e, preoccupato, gli chiese che
diavolo avesse e perché sbuffasse in quel modo.
Calandrino gli rispose che per star
bene aveva bisogno di un amico che lo aiutasse.
Alle insistenze di Bruno, il
sempliciotto gli rivelò che aveva incontrato una giovane più bella di una fata,
che si era innamorata di lui, cosa grande. Aggiunse che se ne era accorto
quando era andato a prendere l’acqua.
Bruno gli consigliò di stare
attento, ché poteva trattarsi della moglie di Filippo.
Prontamente Calandrino rispose che
non gliene fregava niente, perché l’avrebbe strappata non solo a Filippo, ma a
Cristo stesso. Bruno promise il suo aiuto, in quanto era in confidenza con lei,
ma non poteva tener celata la cosa a Buffalmacco ,che gli stava sempre vicino.
Calandrino rispose che non si
preoccupava di Buffalmacco ma di Nello, che era parente di sua moglie Tessa e
avrebbe guastato ogni cosa.
Bruno ,che sapeva bene chi era la
donna, ne parlò a Nello e a Buffalmacco e si accordarono su cosa dovessero fare
di quell’innammoramento.
Quando Calandrino ritornò, Bruno
gli chiese se aveva visto la donna, alla risposta affermativa dell’innamorato,
promise di andare a vedere se era quella che ben conosceva.
Dunque, insieme con Bruno, si
incontrò con Filippo e Niccolosa,, disse loro chi era Calandrino e che cosa
ciascuno dovesse fare e dire ,per divertirsi alle sue spalle.
Tornato dal credulone, gli disse
che era proprio la sua conoscente, moglie di Filippo; che poteva portarle un’ambasciata, se la
vedeva, ma bisognava essere molto prudenti, perché, se Filippo se ne fosse
accorto, non sarebbe bastata tutta l’acqua dell’Arno per lavare l’offesa.
Calandrino gli chiese di riferirle
che si voleva impegnare mille moggi di terreno per amor suo e che era suo
servitore ,se non voleva nulla. Bruno promise il suo aiuto.
Venne l’ora di cena e i pittori
lasciarono il lavoro e scesero nel cortile ,dove erano anche Filippo e
Niccolosa.
Calandrino cominciò a guardare la
donna e a fare i gesti più goffi del mondo, tanto che avrebbe attirato
l’attenzione anche di un cieco. Ella, dal canto suo, secondo le informazioni
ricevute da Bruno, faceva ogni cosa per farlo innamorare, divertendosi
moltissimo ai corteggiamenti grossolani del cafonaccio.
Filippo , con Buffalmacco e gli
altri, fingeva di discutere e di non accorgersi di niente.
Dopo un certo tempo si
allontanarono ,con grande rammarico di Calandrino.
Andando verso Firenze, Bruno disse
a Calandrino “ Ho visto bene ,per Dio, che tu la fai struggere come ghiaccio al
sole, e ,se le vai a fare una serenata con la ribeba , cantando le tue canzoni
d’amore, la farai gettare dalla finestra per raggiungerti”.
Calandrino gongolava dalla gioia ed
era tutto ringalluzzito perché aveva fatto innamorare così rapidamente una
donna come lei. Non avrebbero saputo fare meglio i giovani presuntuosi che se
ne andavano su e giù,vantandosi delle loro conquiste, ma che ,in mille anni,
non avrebbero concluso un accidenti. Sicuramente ,con la ribeba e la serenata
,la sua conquista era assicurata. Le avrebbe fatto vedere di che cosa era
capace nel fare l’amore e che non era vecchio, come le poteva sembrare.
E Bruno calcava la dose dicendo
“Certamente , mi par già di vederti morderle, con i tuoi denti fatti a pioli,
la sua bocca vermiglia e le sue gote, che paiono due rose, e poi mangiartela
tutta”.
A Calandrino ,udendo quelle parole,
pareva già di essere passato ai fatti; non solo non stava più nella pelle, ma
cantava e ballava , tutto felice.
Il giorno dopo, presa la ribeba,
con gran divertimento di tutta la brigata, cantò molte canzoni.
Rapidamente ,per vedere spesso la
giovane, divenne tanto svogliato che non lavorava quasi per niente, ma, mille
volte al giorno, correva ora alla porta, ora al cortile, per vederla.
La donna, molto astutamente, gliene
dava motivo, seguendo le istruzioni di Bruno.
Bruno, dal canto suo, rispondeva
alle sue ambasciate e gliene faceva altre da parte di lei.
Quando ella non c’era, gli faceva
giungere lettere di lei con cui alimentava la speranza di assecondare i suoi
desideri, dicendo che era a casa dei suoi parenti, là dove egli non la poteva
vedere.
In questo modo Bruno e Buffalmacco
, che gestivano il caso, sfruttavano la situazione, con il maggior divertimento
del mondo, facendosi dare da Calandrino una volta un pettine d’avorio, un’altra
una borsa, un’altra ancora delle sciocchezzuole, dandogli in cambio alcuni
anellini falsi ,di nessun valore, che lo scimunito riceveva con grande festa.
Oltre a ciò, avevano da lui roba da mangiare e altri piccoli favori, perché
curassero i fatti suoi.
Ora, essendo trascorsi ben due mesi
in quel modo, senza che costoro avessero fatto di più, Calandrino, vedendo che
il lavoro stava per finire, e, pensando che se non avesse fatto l’amore con la
donna prima che il lavoro fosse finito,non avrebbe potuto farlo più, cominciò a
pressare Bruno.
Il furbone, dopo essersi accordato
con Filippo e con la giovane sul da farsi, disse a Calandrino “Vedi, amico,
questa donna mi ha promesso mille volte che farà ciò che tu vorrai, poi non ne
fa niente. Mi sembra proprio che ti meni
per il naso. Perciò se non fa ciò che ti promette, noi, se tu lo vorrai, glielo
faremo fare ,che ella voglia o no”. Calandrino rispose che voleva farlo, per
l’amor di Dio.
Disse Bruno “ Avrai il coraggio di
toccarla con il biglietto magico che ti darò?”.
Calandrino assicurò di sì.
Bruno, allora,gli chiese di
portargli della carta fatta di pelle di animale, prima di nascere, e di
prendere un pipistrello. Alla fine li prese e li consegnò ,con altre cose ,a
Bruno che si ritirò in camera e scrisse su quella carta alcune stupidagini, in
caratteri magici, gliela portò e gli disse “ Calandrino, sappi che se la
toccherai con questa scritta, ella ti verrà immediatamente dietro e farà quello
che vorrai. Perciò, se Filippo oggi va
in qualche luogo, avvicinati a lei, in qualche modo, e toccala. Poi, vattene
nella capanna di paglia che è qui a lato, che è il posto più adatto, perché non
ci va mai nessuno. Vedrai che ella verrà e, quando sarà lì, tu sai bene cosa
devi fare”.
Calandrino fu l’uomo più contento
del mondo e si accinse a fare ciò che Bruno gli aveva detto.
Nello, che Calandrino temeva, si
divertiva un mondo e dava corda per beffarlo.
Come Bruno gli aveva ordinato, andò
a Firenze dalla moglie di Calandrino e le disse “ Tessa, tu sai quante botte ti
dette Calandrino, senza ragione, il giorno che ritornò con le pietre di
Mugnone, perciò voglio che tu ti vendichi; se non lo fai, non mi considerare
più né parente ,né amico. Tuo marito ,in campagna, si è innamorato di una donna
di lassù, ed ella è così briccona, che si va nascondendo spesso con lui. Poco
fa , si misero d’accordo per incontrarsi. Voglio che tu venga, lo veda e lo
castighi per bene”.
La donna subito credette a ciò che
aveva udito e, alzatasi in piedi, cominciò ad imprecare contro quel ladro
maledetto del marito, giurando che gliel’avrebbe fatta pagare.
Preso il mantello , in compagnia di
una donnetta, a passo svelto, andò in campagna insieme a Nello.
Appena Bruno li vide arrivare,
avvisò Filippo ,che, andato dove Calandrino lavorava, disse ai lavoranti che
doveva recarsi ,con urgenza ,a Firenze. Raccomandava loro di continuare a
lavorare.
Poi, fingendo di partire, si
nascose per vedere che cosa facesse Calandrino, il quale ,come credette che
Filippo era andato via, scese nel cortile, dove trovò Niccolosa ,tutta sola.
Ella, che sapeva bene che cosa doveva fare, gli si accostò un poco
confidenzialmente e Calandrino la toccò con la scritta.
Dopo che l’ebbe toccata, senza dir
nulla, si diresse verso la capanna di paglia, mentre la Niccolosa lo seguiva.
Come furono entrati, chiuso
l’uscio, abbracciò Calandrino, gli salì addosso a cavalcioni, e, tenendogli le
mani sulle spalle, senza farlo avvicinare al viso, lo guardava con grande
desiderio. Mentre lo abbracciava, gli diceva che aveva sempre desiderato di
fare l’amore con lui e di averlo sul suo seno. Aggiungeva che egli l’aveva
conquistata con la musica della ribeba e non le sembrava vero di stare con lui.
Calandrino, che a stento si poteva
muovere, non riusciva a baciarla, mentre la donna gli diceva di non aver fretta
e di lasciarsi guardare ancora un po’.
Bruno e Buffalmacco stavano insieme
a Filippo e udivano tutto.
Quando Calandrino era sul punto di
baciare la Niccolosa, giunse Nello con monna Tessa.
La moglie, proprio davanti
all’uscio , adirata, spinse da un lato Nello, entrò e vide addosso a Calandrino
la Niccolosa, la quale, immediatamente, , si alzò e fuggì dov’era Filippo.
Monna Tessa graffiò con le unghie
il viso di Calandrino, che non si era ancora alzato, lo prese per i capelli,
sbattendolo di qua e di là, e gli disse “ Sporco cane bastardo, dunque, mi fai
questo ? Vecchio pazzo, che sia maledetto il bene che ti ho voluto. Ti sembra
bello che tu ,che non ti dai tanto da fare in casa tua , ti vai innamorando in
casa d’altri? E che bell’innamorato ! non ti conosci tu? tu che se ti spremessi
tutto, non uscirebbe tanto sugo, che bastasse per una salsa. Sicuramente non
era la tua Tessa che impregnavi, ma una maledetta, che Dio la faccia dannare,
chiunque sia, ché deve essere sicuramente una donnaccia, per avere desiderio di
stare con te”.
Calandrino, vedendo venire la
moglie, rimase sbandato, né morto né vivo, né seppe difendersi da lei, in alcun
modo. Pure, così graffiato, pelato, raccolto il cappuccio,si alzò e cominciò a
pregare inutilmente la moglie di non gridare, se non voleva che fosse fatto a
pezzi ,perché la donna era la moglie del padrone di casa.
Bruno e Buffalmacco che, con
Filippo e la Niccolosa, si erano fatti un sacco di risate, come richiamati dal
rumore, giunsero lì.
Rappacificarono la donna con molte
parole e consigliarono a Calandrino di andarsene a Firenze e di non ritornare
mai più, per evitare che Filippo , saputa la cosa, potesse vendicarsi.
Così, dunque, Calandrino,
sventurato, tutto pelato e graffiato ,se ne tornò a Firenze e non ebbe più il
coraggio di tornare in campagna.
Tormentato, di giorno e di notte,
dai rimproveri della moglie, pose fine al suo ardente amore, avendo dato molto
da ridere ai suoi compagni, alla Niccolosa e a Filippo.
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