Cisti fornaio con una sola parola
fa ravvedere messer Geri Spina di una sua frase azzardata.
La frase pronunciata da madonna
Oretta fu molto lodata sia dalle donne che dagli uomini.
Subito dopo la regina ordinò a
Pampinea di proseguire; ed ella incominciò dicendo che non sapeva bene se
sbagliava più la natura, mettendo un’anima nobile in un corpo vile, o la
fortuna, dando un lavoro umile ad un uomo dotato di anima nobile.
Come era, appunto ,accaduto con
Cisti, cittadino di Firenze, e con molti altri uomini ancora.
La fortuna fece fornaio Cisti,
fornito di altissimo ingegno.
Pampinea aggiunse che certamente
avrebbe maledetto sia la natura che la fortuna, se non avesse saputo che la
natura era attentissima e la fortuna aveva mille occhi, anche se gli sciocchi
la raffiguravano cieca.
Entrambe facevano come spesso
facevano i mortali che, incerti del futuro, nascondevano le loro cose più care
nei luoghi più sporchi e abbandonati delle loro case. Di lì ,poi, le traevano
quando ne avevano bisogno, avendole conservate, in quei luoghi abbandonati
,meglio che in una bella camera. Così la natura e la fortuna, che reggevano il
mondo, spesso nascondevano le loro cose più care all’ombra dei mestieri
ritenuti più umili, in modo che, portate alla luce in caso di necessità,
apparisse più chiaro il loro splendore. Come avvenne con Cisti fornaio che con
una piccola frase fece rifletter messer Geri Spina.
A dimostrazione di ciò avrebbe
raccontato una novella molto breve, che le era ritornata alla mente, parlando
di madonna Oretta, che era la moglie di Geri Spina.
Durante il pontificato di papa
Bonifacio VIII, dal quale Geri Spina era molto stimato, il papa mandò a Firenze
alcuni suoi nobili ambasciatori per concludere degli affari.
Durate la loro permanenza in casa
di messer Geri, quasi ogni mattina, trattando i loro affari, tutti insieme
passavano davanti alla chiesa di Santa Maria Ughi, dove Cisti fornaio aveva il
suo forno ed esercitava personalmente la sua arte. Egli la esercitava così bene
che, sebbene la fortuna gli avesse dato un’arte così umile, pure era diventato
ricchissimo e, non volendola abbandonare per nessun’altra, viveva
splendidamente, avendo anche i migliori vini che si potevano trovare in Firenze
e nel contado.
Cisti, vedendo passare ogni mattina
davanti alla sua porta messer Geri e gli ambasciatori del papa, poiché faceva
molto caldo, pensò che sarebbe stata cosa molto cortese dar loro da bere un
buon bicchiere del suo vino bianco.
Considerata la sua condizione e
quella di messere Geri, non osò invitarlo ma pensò di fare in modo che il gentiluomo si invitasse da sé stesso.
Egli, avendo sempre indosso un gilè
bianchissimo e un grembiule sempre fresco di bucato, che lo facevano sembrare
più un mugnaio che un fornaio, ogni mattina, più o meno all’ora in cui erano
soliti passare messer Geri e gli ambasciatori, si poneva davanti alla sua
porta.
Si faceva portare lì una secchia
nuova, piena di acqua fresca e una piccola brocca, fatta a Bologna, piena di
buon vino bianco, con due bicchieri che parevano d’argento, tanto erano lucidi.
Postosi a sedere, quando essi passavano, dopo aver sputato un paio di volte,
cominciava a bere il suo vino, con tanto gusto che ne avrebbe fatta venir
voglia anche ai morti.
Messer Geri, vista questa scena per
due mattine, alla terza chiese al fornaio che cos’era ciò che stava bevendo e
se era buono. Cisti ,alzatosi immediatamente, offrì al signore il vino, perché
lo assaggiasse.
Messer Geri, che aveva una gran
sete , per la calura e per il desiderio di saggiare il vino che Cisti beveva
con tanto gusto, rivolgendosi agli ambasciatori, propose loro di saggiare
insieme con lui il vino affertogli e si diresse verso Cisti.
Il fornaio, fatta portare una bella
panca, li pregò di sedere. Poi, ai loro servitori, che già si facevano avanti
per lavare i bicchieri, disse di allontanarsi ,perché avrebbe servito
personalmente il vino, e di non permettersi di assaggiarne nemmeno una goccia.
Così detto, egli stesso, lavati
quattro bicchieri, si fece portare una piccola brocca di buon vino e lo versò
da bere a messer Geri e ai compagni.
A tutta la compagnia il vino sembrò
il migliore di quello che avevano bevuto da lungo tempo e, finché gli
ambasciatori si trattennero ,ogni mattina messer Geri, insieme a loro, andò a
berlo.
Dovendo costoro partire, dopo aver
concluso i loro affari, Messer Geri fece un magnifico banchetto, invitò tutti i
cittadini più onorevoli di Firenze e anche Cisti, che assolutamente non volle
andarvi.
Messer Geri ordinò, allora, ad un suo servo di
andare da Cisti con un fiasco, per farsi dare un po’ di vino , per darne, prima
del pranzo, mezzo bicchiere ad ogni uomo. I servitore, forse sdegnato perché
nei giorni precedenti
non aveva potuto saggiare il vino,
prese un fiasco molto grande.
Appena Cisti lo vide, subito disse
che non era messer Geri che lo mandava, perché quel fiasco doveva andarlo a
riempire in Arno.
Quando il servitore riferì la
risposta al suo padrone, egli volle vedere il fiasco che quello stupido servo
aveva portato da riempire al fornaio.
Comprese che Cisti aveva ragione e,
rimproverato il servo, gli fece portare un fiasco più piccolo.
Cisti, vedendolo, questa volta,
credendo che veramente l’aveva mandato messer Geri, lietamente glielo riempì.
Poi, nello stesso giorno, fece
riempire una piccola botte del suo vino, lo fece portare a casa del nobiluomo,
accompagnando egli stesso il servitore.
Trovato Messer Geri,gli disse che
non era stato spaventato dal gran fiasco che aveva mandato quella mattina. Ma,
come aveva dimostrato ogni mattina, servendo il vino in piccole brocche, aveva
temuto che messer Geri avesse
dimenticato che quello non era vino per la servitù e glielo aveva voluto
ricordare.
La botte ,che aveva fatto portare ,era
un dono tutto per lui e ne poteva fare quel che voleva.
Messer Geri gradì moltissimo il
dono e lo tenne in gran conto. Ringraziò Cisti e, da quel momento ,lo stimò suo
amico.
una bella storia di come un uomo comune in questo caso un fornaio che con furbizia e ingegno riesce a far fermare un nobile di chiesa e molto importante di firenze con l uso di acqua fresca e un buon bicchiere di vino e far in modo che col dono di una botte venga ricompensato con un rispetto e amicizia .
RispondiEliminaBella
RispondiEliminae trap
RispondiEliminaForse da qui abbiamo l'adagio "nelle botti piccole c'è il vino buono"!
RispondiEliminaHo proprio fottuto quegli idioti
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