giovedì 16 ottobre 2014

SESTA GIORNATA - NOVELLA N.2

Cisti fornaio con una sola parola fa ravvedere messer Geri Spina di una sua frase azzardata.

La frase pronunciata da madonna Oretta fu molto lodata sia dalle donne che dagli uomini.
Subito dopo la regina ordinò a Pampinea di proseguire; ed ella incominciò dicendo che non sapeva bene se sbagliava più la natura, mettendo un’anima nobile in un corpo vile, o la fortuna, dando un lavoro umile ad un uomo dotato di anima nobile.
Come era, appunto ,accaduto con Cisti, cittadino di Firenze, e con molti altri uomini ancora.
La fortuna fece fornaio Cisti, fornito di altissimo ingegno.
Pampinea aggiunse che certamente avrebbe maledetto sia la natura che la fortuna, se non avesse saputo che la natura era attentissima e la fortuna aveva mille occhi, anche se gli sciocchi la raffiguravano cieca.
Entrambe facevano come spesso facevano i mortali che, incerti del futuro, nascondevano le loro cose più care nei luoghi più sporchi e abbandonati delle loro case. Di lì ,poi, le traevano quando ne avevano bisogno, avendole conservate, in quei luoghi abbandonati ,meglio che in una bella camera. Così la natura e la fortuna, che reggevano il mondo, spesso nascondevano le loro cose più care all’ombra dei mestieri ritenuti più umili, in modo che, portate alla luce in caso di necessità, apparisse più chiaro il loro splendore. Come avvenne con Cisti fornaio che con una piccola frase fece rifletter messer Geri Spina.
A dimostrazione di ciò avrebbe raccontato una novella molto breve, che le era ritornata alla mente, parlando di madonna Oretta, che era la moglie di Geri Spina.
Durante il pontificato di papa Bonifacio VIII, dal quale Geri Spina era molto stimato, il papa mandò a Firenze alcuni suoi nobili ambasciatori per concludere degli affari.
Durate la loro permanenza in casa di messer Geri, quasi ogni mattina, trattando i loro affari, tutti insieme passavano davanti alla chiesa di Santa Maria Ughi, dove Cisti fornaio aveva il suo forno ed esercitava personalmente la sua arte. Egli la esercitava così bene che, sebbene la fortuna gli avesse dato un’arte così umile, pure era diventato ricchissimo e, non volendola abbandonare per nessun’altra, viveva splendidamente, avendo anche i migliori vini che si potevano trovare in Firenze e nel contado.
Cisti, vedendo passare ogni mattina davanti alla sua porta messer Geri e gli ambasciatori del papa, poiché faceva molto caldo, pensò che sarebbe stata cosa molto cortese dar loro da bere un buon bicchiere del suo vino bianco.
Considerata la sua condizione e quella di messere Geri, non osò invitarlo ma pensò di fare in modo che il  gentiluomo si invitasse da sé stesso.
Egli, avendo sempre indosso un gilè bianchissimo e un grembiule sempre fresco di bucato, che lo facevano sembrare più un mugnaio che un fornaio, ogni mattina, più o meno all’ora in cui erano soliti passare messer Geri e gli ambasciatori, si poneva davanti alla sua porta.
Si faceva portare lì una secchia nuova, piena di acqua fresca e una piccola brocca, fatta a Bologna, piena di buon vino bianco, con due bicchieri che parevano d’argento, tanto erano lucidi. Postosi a sedere, quando essi passavano, dopo aver sputato un paio di volte, cominciava a bere il suo vino, con tanto gusto che ne avrebbe fatta venir voglia anche ai morti.
Messer Geri, vista questa scena per due mattine, alla terza chiese al fornaio che cos’era ciò che stava bevendo e se era buono. Cisti ,alzatosi immediatamente, offrì al signore il vino, perché lo assaggiasse.
Messer Geri, che aveva una gran sete , per la calura e per il desiderio di saggiare il vino che Cisti beveva con tanto gusto, rivolgendosi agli ambasciatori, propose loro di saggiare insieme con lui il vino affertogli e si diresse verso Cisti.
Il fornaio, fatta portare una bella panca, li pregò di sedere. Poi, ai loro servitori, che già si facevano avanti per lavare i bicchieri, disse di allontanarsi ,perché avrebbe servito personalmente il vino, e di non permettersi di assaggiarne nemmeno una goccia.
Così detto, egli stesso, lavati quattro bicchieri, si fece portare una piccola brocca di buon vino e lo versò da bere a messer Geri e ai compagni.
A tutta la compagnia il vino sembrò il migliore di quello che avevano bevuto da lungo tempo e, finché gli ambasciatori si trattennero ,ogni mattina messer Geri, insieme a loro, andò a berlo.
Dovendo costoro partire, dopo aver concluso i loro affari, Messer Geri fece un magnifico banchetto, invitò tutti i cittadini più onorevoli di Firenze e anche Cisti, che assolutamente non volle andarvi.
 Messer Geri ordinò, allora, ad un suo servo di andare da Cisti con un fiasco, per farsi dare un po’ di vino , per darne, prima del pranzo, mezzo bicchiere ad ogni uomo. I servitore, forse sdegnato perché nei giorni precedenti
non aveva potuto saggiare il vino, prese un fiasco molto grande.
Appena Cisti lo vide, subito disse che non era messer Geri che lo mandava, perché quel fiasco doveva andarlo a riempire in Arno.
Quando il servitore riferì la risposta al suo padrone, egli volle vedere il fiasco che quello stupido servo aveva portato da riempire al fornaio.
Comprese che Cisti aveva ragione e, rimproverato il servo, gli fece portare un fiasco più piccolo.
Cisti, vedendolo, questa volta, credendo che veramente l’aveva mandato messer Geri, lietamente glielo riempì.
Poi, nello stesso giorno, fece riempire una piccola botte del suo vino, lo fece portare a casa del nobiluomo, accompagnando egli stesso il servitore.
Trovato Messer Geri,gli disse che non era stato spaventato dal gran fiasco che aveva mandato quella mattina. Ma, come aveva dimostrato ogni mattina, servendo il vino in piccole brocche, aveva temuto che messer Geri  avesse dimenticato che quello non era vino per la servitù e glielo aveva voluto ricordare.
La botte ,che aveva fatto portare ,era un dono tutto per lui e ne poteva fare quel che voleva.
Messer Geri gradì moltissimo il dono e lo tenne in gran conto. Ringraziò Cisti e, da quel momento ,lo stimò suo amico.




5 commenti:

  1. una bella storia di come un uomo comune in questo caso un fornaio che con furbizia e ingegno riesce a far fermare un nobile di chiesa e molto importante di firenze con l uso di acqua fresca e un buon bicchiere di vino e far in modo che col dono di una botte venga ricompensato con un rispetto e amicizia .

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  2. Forse da qui abbiamo l'adagio "nelle botti piccole c'è il vino buono"!

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