SESTA GIORNATA – NOVELLA N. 1
Un cavaliere dice a madonna
Oretta di portarla a cavallo raccontandole una novella: e, dicendola
disordinatamente, è da lei pregato di farla andare a piedi.
Filomena cominciò a raccontare
dicendo che come le stelle erano l’ornamento del cielo sereno e in primavera i
fiori ornavano i prati verdi e gli alberelli i colli, così i motti erano
ornamenti dei bei ragionamenti. Essi, siccome erano brevi, erano più adatti
alle donne che agli uomini, perché alle donne più che agli uomini non si
addiceva parlare molto.
A quel tempo , in verità, non
sapeva bene la ragione, o per malvagità dell’ingegno femminile o per volontà
del cielo, erano rimaste ben poche donne che, al momento opportuno, sapessero
dirne alcuno o comprenderlo, se era detto da un altro, il che era una vergogna
per tutte le donne.
Ma ella, per far comprendere la
bellezza dei motti, detti a tempo debito, avrebbe raccontato come una gentildonna
con una frase garbata aveva fatto tacere un cavaliere.
Come tutte sapevano, viveva in quel
tempo a Firenze una donna gentile, garbata e che sapeva parlar bene.
Si chiamava madonna Oretta ed era
la moglie di Geri Spina.
Ella, per caso, se ne andava a
spasso per la campagna, come stavano facendo loro, insieme con donne e
cavalieri, che il giorno aveva avuto come ospiti a pranzo. Essendo ancora lungo
il percorso per raggiungere il luogo dove avevano deciso di andare, uno dei
cavalieri della brigata disse “ Madonna Oretta, quando lo vogliate, vi porterò,
per gran parte della strada, a cavallo, raccontandovi una delle più belle fiabe
del mondo”.
La donna accettò ben volentieri.
Il cavaliere, che non era per
niente un buon cavaliere, padrone della lingua, cominciò una novella, la quale,
di per sé, era bellissima. Ma egli, ripetendo tre, quattro, cinque volte la
stessa parola, ritornando indietro, spesso sbagliando i nomi, mettendone uno al
posto dell’altro, guastava enormemente il racconto, senza tener conto delle
persone cui raccontava.
Madonna Oretta, udendolo, fu presa
da un sudore e da uno sfinimento, come se stesse per morire.
Non potendo più resistere,
accortasi che il cavaliere era entrato in confusione e non sapeva più uscirne,
allegramente disse “ Signore, questo vostro cavallo ha un trotto troppo duro,
perciò vi prego di farmi andare a piedi”.
Il cavaliere che, per fortuna, era
miglior intenditore che narratore, compreso il motto e scherzando, cominciò a
raccontare altre novelle, senza finire quella che aveva iniziato e mal narrato.
Bartolozzi studia
RispondiEliminapuppa
RispondiEliminaBartolozzi o che ti sei messo a studiare
RispondiEliminaChe bambini che siete
RispondiElimina