giovedì 9 ottobre 2014

CONCLUSIONE QUINTA GIORNATA -INTRODUZIONE SESTA GIORNATA

QUINTA GIORNATA – CONCLUSIONE


Finita la novella di Dioneo, le donne risero poco ,per vergogna, anche se la storia era piaciuta.
La regina, visto che il racconto era finito, si tolse la corona d’alloro e la pose sul capo di Elissa, alla quale toccava di comandare.
Elissa, ricevuto l’incarico, fece come coloro che l’avevano preceduta.
Diede ordine al siniscalco di predisporre ciò che serviva per il periodo della sua signoria, con soddisfazione della brigata.
Comunicò ,poi, che il giorno seguente si sarebbe trattato di chi, provocato da una battuta, si era difeso con una pronta risposta, evitando un danno o un pericolo o uno scorno.
Dopo vari commenti dei presenti, la regina, alzatasi, licenziò tutti fino all’ora di cena.
Dopo che le cicale smisero di cantare, richiamati, andarono tutti a cena.
Per volere della regina, Emilia già aveva cominciato a danzare, mentre  Dioneo ebbe l’ordine di cantare una canzone. Egli comincio “Monna Aldruda ,levate la coda, ché buone novelle vi reco”.
Tutte le donne cominciarono a ridere, soprattutto la regina che ordinò di lasciare quella e di dirne un’altra.
 E Dioneo ne propose molte altre che non furono gradite alle donne, finché la regina gli intimò di smettere di scherzare e di dirne una bella, altrimenti si sarebbe adirata.
Il giovane, allora ,lasciate stare le sciocchezze, cominciò a cantare che egli era schiavo d’amore e degli occhi belli della sua donna. La fiamma d’amore, passando dagli occhi di lei ai suoi, lo aveva reso seguace e servo d’Amore. Ormai egli si consumava d’amore e si disfaceva a poco a poco. Perciò chiedeva ad Amore di intercedere con lei in suo favore.
Dioneo, finita la canzone, tacque.
Dopo diversi commenti, essendo ormai notte inoltrata, la regina, sentendo che il caldo del giorno era vinto dalla freschezza della notte, comandò a tutti di andare a riposare fino al giorno seguente.























































Finisce qui la Quinta Giornata del Decameron: incomincia la Sesta, nella quale, mentre è regina Elissa, si ragiona di chi, provocato da un leggiadro motto, si sia difeso e con una pronta risposta o considerazione abbia evitato un danno o un pericolo o uno scorno.


























SESTA GIORNATA . INTRODUZIONE

Era quasi giorno, la luna aveva perduto la sua luce, mentre il cielo si schiariva da ogni parte, quando la regina, alzatasi, fece chiamare tutta la compagnia.
Poi, tutti insieme, camminando lentamente sull’erba bagnata dalla rugiada, si allontanarono un po’ dal palazzo, discutendo della bellezza delle novelle raccontate.
Frattanto il sole si era alzato e l’aria si cominciava a riscaldare, perciò a tutti parve opportuno ritornare verso casa, dove erano già state apparecchiate le tavole per ordine della regina ,e tutti si misero a mangiare.
Dopo aver pranzato ed aver cantato delle belle canzonette, alcuni se ne andarono a dormire, altri a giocare a scacchi o a tavole. Dioneo insieme a Lauretta cominciò a cantare.
Giunta l’ora di riunirsi, al richiamo della regina, tutti, come erano soliti fare, si sedettero intorno alla fonte.
Mentre la regina stava per ordinare l’inizio della prima novella, avvenne una cosa che non era mai avvenuta prima. Si udì un gran rumore, provocato dai servitori e dai familiari in cucina.
Il siniscalco, interrogato, rispose che il rumore era provocato da Licisca e da Tindaro, ma non ne conosceva il motivo.La regina, fatti chiamare i due, cominciò ad interrogarli.
Mentre Tindaro si accingeva a rispondere, la Licisca, che era anzianotta e piuttosto superba e riscaldata, voltandosi verso di lui, con viso adirato, intimò a quella bestia di uomo di non permettersi di parlare prima di lei e di lasciarle la parola.
Disse, rivolta alla regina, che Tindaro voleva farle conoscere la moglie di Sicofante, come se ella non la conoscesse bene. Aggiunse che Tindaro le voleva far credere che la prima notte in cui Sicofante era giaciuto con la moglie messer Mazza fosse entrato in Monte Nero con la forza e con spargimento di sangue.
Lisisca sosteneva che non era vero, anzi il Mazza entrò pacificamente e con gran piacere di quelli che erano dentro. Era ben stupido Tindaro se credeva che le giovani fossero così sciocche e stessero a perder tempo aspettando che il padre o i fratelli le maritassero. Invece esse si davano da fare molto prima. Sarebbero state fresche se avessero aspettato che il padre o i fratelli le maritassero. Sulla fede di Cristo, poteva giurare che non conosceva fanciulla che non avesse beffato il promesso sposo e anche le maritate ne avevano fatte di tutti i colori ai mariti. E quel pecorone di Tindaro le voleva insegnare come erano fatte le femmine, come se fosse appena nata.
Mentre Lisisca parlava ,le donne si facevano grandi risate, senza riuscire a fermarsi.
La regina, faticosamente, riuscì ad imporre il silenzio ,e ,rivolta a Dioneo, ridendo, gli chiese di dare il suo parere.Dioneo subito rispose che Lisisca aveva ragione e Tindaro era una bestia.
Udendo ciò, Lisisca cominciò a ridere e, rivolgendosi a Tindaro, gli disse che andasse con Dio, stupido che non era altro, egli che, essendo ancora un ragazzino, pensava di saperne più di lei, che, perbacco, non era vissuta invano. E avrebbe continuato ancora a gridare se la regina non le avesse imposto il silenzio, minacciando di frustarla.
Mandati via i due, la regina ordinò a Filomena di dare inizio alle novelle.





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