QUARTA
GIORNATA – NOVELLA N. 8
Girolamo ama la Salvestra. Va a
Parigi, costretto dalle preghiere della madre; torna e la trova maritata; entra
nella casa di lei di nascosto e le muore a fianco; viene portato in chiesa e la
Salvestra muore accanto a lui.
Emilia aveva finito il suo
racconto, quando Neifile, per ordine del re, incominciò a dire che vi erano
uomini molto presuntuosi che provocavano grandi mali, pensando di opporsi ai
consigli degli uomini, ma facendo le cose contro natura.
Soprattutto Amore non poteva essere
contrastato ed essere portato in direzione diversa da quella dove lo portava la
natura. Aggiunse che voleva raccontare la storia di una donna che cercava di
essere più saggia di quanto poteva e, credendo di togliere dal cuore del figlio
l’amore che le stelle vi avevano messo, ne cacciò nella stessa ora l’anima e
l’amore.
Come raccontavano i vecchi, in
Firenze viveva un ricchissimo mercante, di nome Leonardo Sighieri, il quale
ebbe da una donna un figlio che chiamò Girolamo. Poco dopo la sua nascita,
sistemati i suoi affari, passò a miglior vita. La madre e i tutori curarono gli
interessi del fanciullo.
Egli, crescendo, si affezionò molto
alla figlia di un sarto, che abitava nella sua strada.
Crescendo, l’affetto si trasformò
in amore tanto appassionato che Girolamo non si sentiva bene se non la vedeva e
anch’ella non l’amava meno.
La madre del ragazzo, accortasi
della cosa, molte volte lo rimproverò e lo castigò.
La donna, non riuscendo ad
allontanare il figlio dalla fanciulla, credette che ,solo perché il figlio era
tanto ricco, ella poteva cambiare un prugno in un melarancio .Disse, dunque, ai
tutori che il figlio si era innamorato della figlia di un sarto che si chiamava
Salvestra e che se non gliela toglievano d’innanzi avrebbe finito per sposarla.
Bisognava, perciò, mandare il
ragazzo a fare dei lavori nell’azienda. In questo modo, non vedendola più, se
la sarebbe tolta dalla testa ed avrebbe sposato una giovane di origine nobile.
I tutori, ritenendo giusto quello
che diceva la donna, chiamarono il fanciullo in azienda e gli dissero che era
ormai diventato grandicello ed era ormai ora che si interessasse dei suoi
affari. Per questo era opportuno che si recasse a Parigi, dov’era gran parte
della sua ricchezza. Colà, inoltre, avrebbe appreso i costumi dei nobili,
vedendo i signori e i baroni parigini, che erano dei veri gentiluomini. Poi
poteva tornarsene a casa.
Il ragazzo rifiutò di partire, ma
la madre tanto disse e tanto fece che egli acconsentì a partire e a rimanere
lontano solo per un anno.
Andato a Parigi, sempre
innamoratissimo, per un motivo o per un altro rimase lì per due anni.
Ritornato più innamorato che mai, trovò
Salvestra maritata ad un bravo giovane che faceva le tende e ne soffrì
moltissimo. Pure, saputo dove abitava,
cominciò a passare davanti a lei, secondo l’usanza degli innamorati, credendo
che anche la donna non l’avesse dimenticato.
Invece le cose stavano in un altro
modo.
Ella dava segno di averlo
completamente dimenticato, anzi di non averlo mai conosciuto.
Di ciò si accorse il giovane che,
molto addolorato, decise di parlarle egli stesso, anche a costo di morire.
Una notte, informatosi da un vicino
della disposizione della casa, mentre Salvestra col marito era andata ad una
veglia, di nascosto, entrò nella camera e si nascose dietro un mucchio di
stoffe e di tende che erano lì.
Quando si accorse che il marito si
era addormentato, si avvicinò al letto della donna e le mise la mano sul petto,
chiedendole se era sveglia.
Salvestra non dormiva e, alla
preghiere del giovane di non gridare, lo invitò ad andarsene.
Infatti era passato il tempo della
gioventù, quando erano innamorati. Ormai era sposata e doveva accudire al
marito. Lo pregava, per amor di Dio, di andarsene, di non svegliare il marito e
di lasciarla vivere in santa pace.
I giovane, udendo quelle parole,
provò un gran dolore. Le confermò che il suo amore non era mai diminuito per la
lontananza, ma, nonostante le preghiere e le promesse, non ottenne nulla.
Alla fine, desideroso di morire, le
chiese di potersi coricare al suo fianco, per potersi riscaldare un po’, perché
era gelato, poi se ne sarebbe andato. La Salvestra, impietosita, acconsentì.
Il giovane si coricò al suo fianco
,senza toccarla, e cominciò a pensare al loro amore durato a lungo e alla
presente resistenza di lei, e, perduta la speranza, decise di non voler più
vivere. Trattenendo il fiato, senza dire una parola, al fianco di lei, morì.
Dopo un po’, la giovane, sorpresa
dal suo contegno, temendo che il marito si svegliasse, lo chiamò e lo invitò ad
andarsene. Non avendo ricevuto risposta, pensò che dormisse. Cominciò a
scuoterlo e, toccandolo, si accorse che era freddo come il ghiaccio. Soltanto
dopo averlo scosso molte volte si accorse che era morto.
La donna stette molto tempo senza
sapere cosa fare. Poi raccontò, per filo e per segno, che cosa era successo al
marito e gli chiese consiglio.
Il buon uomo, senza rancore verso
la moglie, ritenne opportuno riportare, di nascosto, in silenzio, il morto a
casa sua e di lasciarlo lì. La giovane fu dello stesso parere. Senza più
parlare, rivestito il meschino , senza perder tempo, se lo caricò sulle spalle
e lo portò davanti alla porta della sua casa.
Venuto il giorno, fu trovato il
corpo di Girolamo. La madre molto gridò e pianse. I medici, chiamati per
visitarlo, dichiararono che sul corpo non vi erano né ferite, né piaghe. Tutti
furono d’accordo nel ritenere che era morto per amore.
Il corpo fu portato in una chiesa
dove vennero a piangere la madre dolorosa e le vicine.
Mentre si faceva un grandissimo
lamento, il buon uomo disse alla Salvestra di mettersi un mantello sul capo ,di
andare alla chiesa dove era stato portato Girolamo e di mescolarsi alle altre
donne per sentire se si diceva qualcosa contro di loro.
La giovane provò, in ritardo, per
il giovane ormai morto, l’amore che non aveva provato per lui vivo (era
incredibile immaginare quanto fossero complicate le forze dell’amore).
Alla vista di Girolamo, come vide
il viso del morto, resuscitarono in lei le antiche fiamme dell’amore giovanile.
Mandato un altissimo grido, si gettò sul corpo del giovane e, prima di
toccarlo, il dolore, che aveva tolto la vita a Girolamo, la tolse anche a lei.
Le donne che erano intorno, vedendo
che non si alzava, cercarono di aiutarla, solo dopo molto tempo capirono che
era morta. Vinte dalla pietà sia per Girolamo che per Salvestra, ricominciarono
a piangere molto di più.
La notizia giunse agli uomini che
erano fuori dalla chiesa ed al marito di lei, che pianse a lungo, poi raccontò
come erano andate le cose la notte precedente..
Tutti, allora, compresero la
ragione della morte dei due e se ne addolorarono.
Ornata ,poi, la giovane morta, come
si ornano i morti, la posero accanto a Girolamo.
Infine li seppellirono nella stessa tomba. E
la morte unì, in una inseparabile compagnia, loro che l’amore non aveva potuto
unire in vita.
Nessun commento:
Posta un commento