TERZA GIORNATA – NOVELLA N.1
Masetto da Lamporecchio si finge muto e diventa ortolano di un
monastero di suore ,le quali tutte sono coinvolte e giacciono con lui.
Filostrato iniziò il racconto considerando che c’erano molti
stolti che credevano che una donna ,solo perché aveva sul capo una benda bianca
e in dosso un abito nero, non era più femmina e non sentiva più gli appetiti
femminili, come se il divenire monaca l’avesse fatta divenire di pietra.
Come pure vi erano altri stolti che credevano che lavorare
la terra con zappe e con vanghe, mangiare cibi poco raffinati, sopportare i
disagi togliessero ai contadini i desideri della carne e li rendessero ottusi.
Proseguì, poi, dicendo, a conferma della premessa, che nelle
contrade toscane c’era nel passato e c’era ancora un monastero assai famoso
,che non avrebbe nominato per non diminuire la sua fama.
In esso, non era passato ancora molto tempo, c’erano otto
donne ,con una badessa, tutte giovani, e un ometto che coltivava il giardino.
Costui, non contento della paga, se ne tornò a Lamporecchio, suo paese
d’origine.
Fra coloro che l’accolsero lietamente, c’era un giovane
contadino chiamato Masetto, forte, robusto, di bell’aspetto che chiese al
buon’uomo, che si chiamava Nuto, quale lavoro facesse al monastero.
Nuto rispose che coltivava il giardino, raccoglieva legna
nel bosco e faceva altri servizi, ma lo pagavano tanto poco che non si ci
poteva comprare nemmeno le scarpe. E poi quelle monache, che erano tutte
giovani, pareva che avessero il diavolo in corpo, non erano mai contente di
niente, erano talmente seccanti che lui era andato dall’amministratore e si era
licenziato.
L ‘amministratore gli aveva chiesto di procurargli un altro
contadino , ma lui se ne sarebbe guardato bene. Sentito ciò, Masetto provò un
grande desiderio di andare da quelle monache, e, senza comunicare a Nuto la sua
intenzione, aggiunse che sarebbe stato meglio stare con i diavoli che con le
femmine, che non sapevano mai quello che volevano.
Dopo che si furono separati, Masetto, considerato che il
lavoro richiesto lo sapeva fare bene, temette di non essere accettato perché
era troppo giovane e appariscente. Pensando e ripensando , decise di fingersi
muto, tanto lì nessuno lo conosceva.
Come un pover’uomo, con la scure sul collo, si presentò al
monastero, dove trovò, per caso, l’amministratore. Facendo dei gesti come fanno
i muti per farsi capire, chiese da mangiare e si offrì di spaccare la legna.
Dopo avergli dato da mangiare, l’uomo gli dette da spaccare
dei grossi ceppi di legno, cosa che Masetto, che era forte e vigoroso, fece con
grande energia. Poi gli dette un asino e si fece portare la legna a casa , nei
giorni successivi si fece fare diversi altri servizi, dandogli ordini con i
gesti.
Un giorno la badessa lo vide e domandò chi fosse. L’amministratore
rispose che era un pover’uomo sordomuto, molto capace, che sarebbe stato adatto
a curare il giardino del monastero, anche perché, essendo sordomuto, non poteva
motteggiare le giovani monache.
La badessa fu subito d’accordo. Masetto, poco lontano, sentì
tutto e, lieto, già pensava a come avrebbe lavorato ben bene l’orto.
L’amministratore, visto che sapeva lavorare benissimo, affidò al giovane
l’incarico e se ne andò.
Man mano che passavano i giorni, le monache cominciarono a
stuzzicarlo e a prenderlo in giro, come si fa con i muti, e, non sapendo che
egli comprendeva tutto, dicevano che la badessa pensava che quello fosse senza
coda, come era senza parola.
Un giorno due monacelle, gli si avvicinarono e lo
cominciarono a guardare. Una confessò all’altra di aver fatto pensieri
peccaminosi, che forse anche lei aveva avuto, ma bisognava mantenere il segreto
e non confessarli. Disse, ancora, che aveva saputo che non c’è dolcezza più
grande al mondo di quella che la femmina provava quando giaceva con un uomo.
Aggiunse che, poiché nel monastero non vi erano altri uomini oltre
l’amministratore e il muto, aveva deciso di provare se ciò era vero con
l’ortolano. Sicuramente era l’uomo più adatto perché, se pure avesse voluto,
non avrebbe potuto parlare perché muto ed anche un po’ tonto.
La seconda monaca si preoccupava della loro verginità,
promessa a Dio, e del rischio di una gravidanza, ma la compagna ,più scaltra,
riuscì a vincere le resistenze dell’altra.
Le due misero a punto un piano. Alle tre del pomeriggio,
quando le altre monache riposavano, sarebbero scese nell’orto, avrebbero preso
per mano il giovane e l’avrebbero condotto in una capanna, dove si riparava
dalla pioggia. Mentre l’una giaceva con Masetto, l’altra avrebbe fatto da
guardia.
Considerarono che il muto era tanto sciocco che le avrebbe
accontentate.
Il giovane, che aveva sentito tutto, non aspettava altro.
Le monachelle , assicuratesi di non essere viste, si
avvicinarono e quella che aveva fatto la proposta svegliò Masetto ,lo condusse
nella capanna dove egli fece ciò che la monaca voleva ,senza farsi troppo
pregare.
Poi toccò all’altra e, prima che si allontanassero, vollero
provare più di una volta come il muto sapeva cavalcare.
Confidandosi tra loro dicevano che era proprio vero che era
la cosa più dolce del mondo e, in seguito, più volte riprovarono.
Dopo un certo tempo ,una loro compagna, visto il movimento,
ne parlò alle altre monache, si consultò con loro se era il caso di accusare le
due alla badessa.
Poi mutarono parere e si accordarono in modo che tutte , a
turno, divennero compagne dell’ortolano.
Un giorno, siccome faceva molto caldo, la badessa che non si
era accorta di nulla, girando tutta sola in giardino, trovò Masetto, che
lavorava poco di giorno perché molto aveva cavalcato di notte, addormentato
sotto un albero; il vento gli aveva tolto gli abiti di dosso ed era tutto
scoperto.
La badessa, vedendolo ,provò lo stesso desiderio che avevano
provato le sue monachine.
Svegliatolo, se lo portò nella sua camera, dove lo tenne per
molti giorni, con grandi lamenti delle altre, provando quella dolcezza che
prima soleva biasimare.
Il giovane, non potendo soddisfare tante femmine, pensò che
l’esser muto , a quel punto, lo poteva danneggiare. Una notte, mentre era con
la badessa, cominciò a parlare e disse “ Madonna, ho sentito che un gallo basta
a dieci galline, ma dieci uomini possono a fatica soddisfare una femmina,
invece ,io ne devo soddisfare nove;
dunque, non potrei durare a lungo, anzi non ce la posso proprio fare ;
perciò o mi lasciate andare o trovate voi una soluzione”.
La donna ,che lo credeva muto, si sorprese molto udendolo
parlare.
Ed egli spiegò che era diventato muto per un incidente, non
lo era di natura ,e quella era la prima notte che gli era tornata la voce.
La badessa gli credette e si fece raccontare tutto quello
che era successo. Da donna savia e prudente, con discrezione, senza lasciar
partire Masetto, per evitare che egli, parlando , potesse discreditare il
monastero, d’accordo con le altre monache e con l’approvazione dell’ortolano,
trovò la soluzione.
Essendo morto l’amministratore, diffusero la voce che, per
le loro preghiere e per i meriti del santo da cui il monastero prendeva nome,
Masetto, che era stato muto per lungo tempo, aveva riacquistato la parola.
Tutti gli abitanti del circondario ci credettero.
Il giovane fu nominato amministratore e potè distribuire le
sue fatiche in modo da poterle sopportare.
Nel convento nacquero molti monachini, ma la cosa fu gestita
con tanta discrezione che non se ne seppe niente se non dopo la morte della
badessa.
Ma ormai Masetto era vecchio, ricco e desideroso di
tornarsene a casa sua, per cui non se ne ebbe gran danno.
Così Masetto vecchio, ricco, senza preoccupazione di dover
nutrire i suoi figli, avendo speso bene la sua giovinezza, se ne tornò donde
era partito, affermando che “ Così trattava Cristo chi gli poneva le corna
sopra il cappello”.
Esilaranti anche le scene tratte dal film di Pasolini che si ispirano a questa novella.
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