sabato 5 dicembre 2015

DECIMA GIORNATA - NOVELLA N.7.

DECIMA GIORNATA – NOVELLA N.7

Il re Pietro d’Aragona ,sentito l’ardente amore che gli porta Lisa, inferma, la conforta e poi la marita ad un gentil giovane; la bacia sulla fronte e si dice suo cavaliere.

Fiammetta aveva terminata la sua novella e tutti avevano commentato la magnificenza di re Carlo, ad eccezione di una ,che era ghibellina.
Subito dopo Pampinea, per ordine del re, cominciò a dire che nessuna persona saggia non sarebbe stata d’accordo su quanto avevano detto del buon re Carlo, ad eccezione di chi non gli fosse stato avverso per altri motivi, come la loro compagna. Ma ella aveva ricordato una cosa, ugualmente degna di attenzione, fatta da un avversario di re Carlo verso una giovane fiorentina e desiderava raccontarla.
Nel tempo in cui i francesi furono cacciati dalla Sicilia (Vespri Siciliani 1282) viveva in Palermo un fiorentino venditore di spezie, chiamato Bernardo Puccini, uomo ricchissimo, che aveva avuto da sua moglie una sola figlia bellissima, già in età da marito.
Pietro d’Aragona, che era divenuto da poco signore dell’isola, faceva a Palermo una bellissima festa con i suoi baroni. Mentre si faceva un torneo e il re armeggiava alla maniera catalana, la figlia di Bernardo, il cui nome era Lisa, da una finestra dove era con altre donne, lo vide e le piacque tanto che, dopo averlo a lungo guardato, se ne innamorò perdutamente.
Finita la festa la fanciulla, stando in casa del padre, non poteva pensare ad altro che al suo grande amore.
Quello che la turbava di più era la consapevolezza della sua umile condizione che non le lasciava alcuna speranza di un lieto fine. Ma non poteva smettere di amare il re, né osava per paura manifestare il suo amore..
Il re, dal canto suo, non si era accorto di nulla e non si curava di lei, il che le procurava un intollerabile dolore.
Aumentando l’amore e aggiungendosi un dolore all’altro, la bella giovane, non potendone più, si ammalò e ogni giorno si consumava come neve al sole.
Il padre e la madre, preoccupati, con consigli continui, con medici e con medicine, l’aiutavano come meglio potevano. Ma niente serviva perché ella, disperata per il suo amore, aveva deciso di non voler più vivere.
Un giorno le venne in mente di voler far conoscere al re, prima di morire, il suo amore e la sua intenzione, con molta prudenza. Perciò pregò il padre, pronto ad accontentarla, di far andare da lei Minuccio d’Arezzo, che era ritenuto un finissimo cantatore e suonatore ed era stimato da re Pietro.
Bernardò lo avvisò che Lisa voleva sentirlo un po’ suonare e cantare.
Minuccio, che era un uomo gentile, immediatamente andò da lei , la confortò con amorevoli parole.
Poi con la viola suonò alcune ballate e cantò alcune canzoni che fecero ardere ancora di più d’amore la giovane, invece di consolarla.
Lisa, dopo aver ascoltato, disse che voleva parlare solo con lui. Dopo che tutti si furono allontanati, ella gli disse “ Minuccio, ti ho scelto come custode di un mio segreto, che non devi svelare a nessuno, se non a colui che ti dirò; ti prego di aiutarmi con tutti i mezzi che sono in tuo potere.
Devi, dunque, sapere, Minuccio mio, che il giorno che il nostro re Pietro fece una gran festa per il suo insediamento venne visto da me, mentre torneava. L’amore di lui si accese come un fuoco nella mia anima, tanto ardente che mi ha ridotta come tu mi vedi. Ben sapendo che il mio amore non si conviene ad un re, non potendo né scacciarlo, né diminuirlo, essendo tanto pesante da sopportare, ho deciso, per soffrire meno, di morire e così farò. Proverei un gran conforto se il re lo sapesse, prima che io muoia.
Ritenendo che tu sia la persona adatta a fargli conoscere la mia decisione, ti voglio affidare questo incarico e ti prego di non rifiutarlo. Quando l’avrai portato a termine, fammelo sapere, affinchè io ,consolata, morendo mi liberi di queste pene”.
Minuccio si meravigliò della profondità del sentimento e delle intenzioni della fanciulla, addolorandosi moltissimo. Pensò subito a come poteva accontentarla e le disse “ Lisa, ti giuro sulla mia parola, che non sarai mai da me ingannata. Ti sei innamorata di un così grande re e mi hai affidato una così grande impresa. Ti offro il mio aiuto, col quale spero di poterti accontentare. Mi auguro che ,prima che passi il terzo giorno, ti possa recare notizie che ti saranno molto gradite. Per non perdere tempo, voglio andare a cominciare”.
Poi Lisa, dopo averlo molto pregato, lo licenziò.
Minuccio, allontanatosi, cercò un certo Mico da Siena, abile verseggiatore, e lo pregò di scrivere una canzonetta che diceva.
“ Muoviti, Amore, vai dal mio signore,
e raccontagli le pene che io sopporto;
digli che sto per morire,
nascondendo per timore la mia volontà.
Per pietà, Amore, ti chiedo a mani giunte,
che tu vada dove messer abita.
Digli che spesso lo desidero e lo amo,
così dolcemente mi fa innamorare;
e per il fuoco da cui tutta sono infiammata
temo di morire; e non vedo l’ora
di liberarmi da una così grande pena,
che sopporto per amor suo,
temendo e vergognandomi;
deh! Il mio male, per Dio, fagli sapere.
Quando, Amore, mi innamorai di lui,
non mi donasti l’ardire ,ma il timore
che io potessi dimostrare il mio desiderio
ad altri se non a lui, che mi fa tanto soffrire;
così morendo, il morire mi pesa!
 ma forse non gli dispiacerebbe
se egli sapesse quanta pena io sento,
se avessi l’ardire
di fargli conoscere la mia condizione.
Poiché, Amore, non ti piacque
di darmi tanto coraggio,
che potessi far conoscere a messere il mio cuore
o attraverso un messaggero o di persona,
ti chiedo, di grazia, o mio dolce signore,
che tu vada da lui e gli ricordi
del giorno ch’io lo vidi torneare ,portando
lo scudo e la lancia con gli altri cavalieri;
lo cominciai a guardare,
tanto innamorata che il mio cuore perisce”.
Minuccio accompagnò quelle parole con una musica dolce e triste come esse richiedevano. Il terzo giorno andò a corte, mentre il sovrano era a pranzo. Il re gli chiese di cantare qualcosa con la sua viola.
Il cantore cominciò a cantare e a suonare così dolcemente, che tutti coloro che erano nella sala rimasero silenziosi e incantati, il re ancora più degli altri.
Terminato il canto, il re chiese a Minuccio da dove venisse , perché gli sembrava di non averlo mai udito.
Minuccio rispose che le parole e la musica erano state fatte ,che non erano ancora passati tre giorni.
Al sovrano, che voleva sapere chi aveva scritto quelle parole, il giovane rispose che poteva rivelarlo soltanto a lui, in privato.
Il re, desideroso di sapere, finito il pranzo, lo fece andare nella sua camera, dove il cantore gli raccontò ogni cosa. Il re fu molto lusingato, lodò la fanciulla e disse che bisognava aver compassione di lei,.
Ordinò ,dunque, a Minuccio di riferire da parte sua alla giovane che quello stesso giorno, verso il vespro, sarebbe andato a salutarla.
Minuccio, felicissimo di portare a Lisa una così piacevole notizia, prese la viola e se ne andò.
Parlando con lei sola, le raccontò tutto e le cantò la sua canzone con la viola.
Grande fu la gioia di Lisa tanto che, immediatamente, cominciarono a vedersi notevoli segni di miglioramento.
Senza parlare con nessuno, cominciò ad aspettare il vespro, quando avrebbe visto il suo signore.
Il re, che era liberale e generoso, avendo pensato più volte alle cose dette da Minuccio, conoscendo bene la giovane e la sua bellezza, provò maggiormente pietà.
All’ora del vespro, montato a cavallo, fingendo di andare a passeggio, giunse dov’era la casa del venditore di spezie. Lì fu ricevuto nel bellissimo giardino. Dopo un certo tempo chiese a Bernardo dov’era la figlia e se l’aveva maritata.
Lo speziale rispose che non era maritata ed era stata ed era ancora molto malata, anche se, in verità, negli ultimi tempi pareva miracolosamente migliorata.
Il re, conoscendo bene la ragione del miglioramento, se ne rallegrò molto e disse che era venuto a visitarla.
Con due compagni e con Bernardo poco dopo andò nella camera di lei e le prese le mani, dicendo “ Madonna, che vuol dir questo? Voi siete giovane e non vi dovete abbandonare alla malattia. Vi preghiamo che, per amor nostro, guariate al più presto”.
La giovane, sentendosi toccare dalle mani dell’uomo che amava, sebbene si vergognasse, provò tanto piacere, come se fosse stata in Paradiso, e gli promise che, grazie al suo intervento, sarebbe presto guarita.
Solo il re comprendeva le parole velate di lei, l’apprezzava ancora di più e malediceva la fortuna che l’aveva fatta nascere figlia di un uomo umile. Dopo essersi trattenuto con lei per un certo tempo ed averla confortata, se ne andò.
L’atteggiamento del re e l’onore che egli aveva fatto allo speziale e alla figlia fu molto commentato.
La ragazza, felice per la visita del re, in pochi giorni guarì e diventò più bella di prima.
Dopo la sua guarigione, il re , che aveva raccontato alla regina dell’amore della giovane per lui,un giorno, montato a cavallo, insieme a molti baroni si recò a casa di Bernardo. Entrato nel giardino fece chiamare lo speziale e la figlia. Poco dopo arrivò anche la regina con molte donne; ricevuta tra loro la giovane, incominciarono una bellissima festa.
Poi il re e la regina chiamarono Lisa e il re le disse “ Valorosa giovane, col vostro amore mi avete recato grande onore; per questo noi vogliamo accontentarvi. Poiché siete in età da marito, vogliamo che prendiate il marito che vi daremo. Mentre io sarò sempre vostro cavaliere, senza volere da voi, per il vostro amore, niente altro che un bacio”.
La giovane, tutta rossa in viso per la vergogna, a bassa voce, disse che se la gente avesse saputo che si era innamorata di lui, l’avrebbe ritenuta pazza, credendo che fosse uscita di mente e che non conoscesse la sua umile condizione. Ma ben comprendeva, nel momento in cui si era innamorata, che egli era il re e lei la figlia di Bernardo speziale e che non poteva osare rivolgere così in alto il suo amore. Ma ,come egli ben sapeva, nessuno si innamorava usando la ragione, ma seguendo solo la passione e il sentimento. Perciò non poteva controllare l’amore che provava e avrebbe provato allora e per sempre.
Poiché voleva ubbidirgli, anche se non prendeva marito volentieri, avrebbe ritenuto caro quel marito che egli aveva scelto per lei e lo avrebbe onorato e rispettato. Del resto, si sarebbe gettata nel fuoco per fargli piacere. Avrebbe tenuto in giusto conto avere il re per cavaliere e il bacio che il re voleva non lo avrebbe concesso senza il permesso della regina. Iddio avrebbe reso grazie della benevolenza di lui e della regina nei suoi confronti. E, a questo punto, tacque.
Alla regina piacque molto la risposta della giovane ,che le parve saggia, come il re le aveva detto.
Il sovrano fece chiamare il padre e la madre della fanciulla. Visto che erano contenti , ordinò che fosse condotto alla sua presenza un giovane, gentile ma povero, che aveva nome Perdicone, gli donò alcuni anelli e gli propose di sposare Lisa, cosa che il giovane accettò ben volentieri.
Oltre a ciò, il re , con la regina ,donò a Lisa molti altri gioielli e a Perdicone Cefalù e Caltabellotta, due terre fertilissime, dicendo “ Ti doniamo queste terre, come dote della donna; quello, poi, che darò a te, lo vedrai in futuro”. Poi, rivolto alla giovane,le disse “ Ora vogliamo prendere quel frutto del vostro amore che dobbiamo avere”. E, presole il capo con entrambe le mani, la baciò sulla fronte.
Perdicone, il padre e la madre di Lisa ed ella stessa ,molto contenti fecero una bellissima festa di nozze e, come molti affermarono, il re diede alla giovane ancora altri doni.
Il sovrano si ritenne sempre, finchè visse, suo cavaliere e sempre, in ogni combattimento, portò l’insegna che la giovane gli aveva donato.
Così si conquistavano gli animi dei popoli assoggettati, si dava agli altri motivo di operare bene e si acquistava fama eterna, cose alle quali nel loro tempo pochi o nessuno rivolgevano l’attenzione, essendo quasi tutti i nobili divenuti crudeli e tiranni.





1 commento: