SETTIMA GIORNATA – CONCLUSIONE
Si era alzato uno Zefiro perché si
era ormai al tramonto, quando il re ,finita la sua novella, toltosi la corona
dalla testa, la pose sul capo della Lauretta, incoronandola regina della
brigata.
La Lauretta, divenuta regina, fece
chiamare il siniscalco e gli ordinò di mettere al più presto le tavole nella
piacevole valle, affinchè potessero, poi, tornare con calma al palazzo.
Gli spiegò, ancora, cosa dovesse
fare durante il suo regno.
Quindi disse che Dioneo, il giorno
precedente, aveva stabilito che in quella giornata si ragionasse delle beffe
che le donne facevano ai mariti. Ella, se non avesse temuto di sembrare un
cagnolino che si voleva vendicare, avrebbe proposto che il giorno dopo si
ragionasse delle beffe che gli uomini facevano alle proprie mogli.
Ma, tralasciando la vendetta,
stabiliva che ciascuno pensasse a dire delle beffe che, continuamente, o donna
a uomo ,o uomo a donna, o un uomo ad un altro uomo si facevano.
Era sicura che il raccontare
sarebbe stato molto piacevole.
Detto ciò, si alzò e licenziò tutta
la brigata fino a cena.
Alzatisi tutti, alcuni, a piedi
scalzi, andarono nell’acqua, altri passeggiavano sotto gli alberi.
Dioneo e Fiammetta, cantarono
insieme di Arcita e Palemone e, così, tutti passarono il tempo piacevolmente
fino all’ora di cena.
Giunta l’ora, postisi a tavola
intorno al laghetto, cenarono con allegria al canto degli uccelli, rinfrescati
da un dolce venticello che spirava tra quelle colline.
Tolte le tavole, dopo aver girato
un po’ per la valle, essendoci ancora il sole, così come piacque alla regina,
con passo lento ripresero il cammino verso la dimora. Chiacchierando e
scherzando ,giunsero al bel palazzo che era quasi notte; lì cacciarono la
fatica del breve cammino con freschissimi vini e con dolciumi.
Intorno alla bella fontana subito
alcuni si misero a danzare al suono della cornamusa di Tindaro, altri a
cantare, accompagnati da altri strumenti. Alla fine la regina comandò a
Filomena di cantare una canzone.
E Filomena cominciò a cantare un
canto che ricordava la sua triste partenza dal luogo dove si trovava il suo
innamorato. Sperava di ritornare presto colà e di ritrovarvi il suo signore,
che l’aveva infiammata, il cui ricordo non le dava pace né giorno, né
notte.Quella speranza dava conforto al suo animo dolente e le faceva ritrovare
il suo equilibrio, al momento smarrito. Chiedeva al suo caro bene di dirle
quando sarebbe giunto da lei. Il suo ritorno doveva essere immediato ed egli si
doveva trattenere a lungo con lei, ferita da Amore. Ella l’avrebbe trattenuto ,
non l’avrebbe più fatto partire e avrebbe soddisfatto con i baci il suo
desiderio. Altro non voleva dire, lo pregava di andare presto ad abbracciarla.
Il solo pensiero del ritorno dell’uomo amato l’induceva a cantare.
La canzone fece pensare a tutta la
brigata che Filomena avesse un nuovo amore.
Tanta era la felicità che emanava
al vederla, che provocò l’invidia di alcuni dei presenti.
Finita la canzone, la regina si
ricordò che il giorno seguente era venerdì. Allora disse a tutti che l’indomani
era il giorno consacrato alla passione di Cristo. Per questo , seguendo
l’esempio dato da Neifile quando era regina, si dovevano astenere dal piacevole novellare, per
dedicarsi alla preghiera, sia il venerdì che il sabato seguente,
ritenendo ciò utile per la salute
delle loro anime.
Il devoto discorso della regina
piacque a tutti che ,congedati, essendo già notte inoltrata, se ne andarono a
riposare.
Finisce la Settima Giornata del
Decameron ; incomincia l’Ottava ,nella quale, mentre è regina Lauretta, si
ragiona di quelle beffe che ogni giorno o donna a uomo, o uomo a donna o l’uno
uomo all’ altro si fanno.
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