giovedì 12 marzo 2015

SETTIMA GIORNATA - CONCLUSIONE

SETTIMA GIORNATA – CONCLUSIONE

Si era alzato uno Zefiro perché si era ormai al tramonto, quando il re ,finita la sua novella, toltosi la corona dalla testa, la pose sul capo della Lauretta, incoronandola regina della brigata.
La Lauretta, divenuta regina, fece chiamare il siniscalco e gli ordinò di mettere al più presto le tavole nella piacevole valle, affinchè potessero, poi, tornare con calma al palazzo.
Gli spiegò, ancora, cosa dovesse fare durante il suo regno.
Quindi disse che Dioneo, il giorno precedente, aveva stabilito che in quella giornata si ragionasse delle beffe che le donne facevano ai mariti. Ella, se non avesse temuto di sembrare un cagnolino che si voleva vendicare, avrebbe proposto che il giorno dopo si ragionasse delle beffe che gli uomini facevano alle proprie mogli.
Ma, tralasciando la vendetta, stabiliva che ciascuno pensasse a dire delle beffe che, continuamente, o donna a uomo ,o uomo a donna, o un uomo ad un altro uomo si facevano.
Era sicura che il raccontare sarebbe stato molto piacevole.
Detto ciò, si alzò e licenziò tutta la brigata fino a cena.
Alzatisi tutti, alcuni, a piedi scalzi, andarono nell’acqua, altri passeggiavano sotto gli alberi.
Dioneo e Fiammetta, cantarono insieme di Arcita e Palemone e, così, tutti passarono il tempo piacevolmente fino all’ora di cena.
Giunta l’ora, postisi a tavola intorno al laghetto, cenarono con allegria al canto degli uccelli, rinfrescati da un dolce venticello che spirava tra quelle colline.
Tolte le tavole, dopo aver girato un po’ per la valle, essendoci ancora il sole, così come piacque alla regina, con passo lento ripresero il cammino verso la dimora. Chiacchierando e scherzando ,giunsero al bel palazzo che era quasi notte; lì cacciarono la fatica del breve cammino con freschissimi vini e con dolciumi.
Intorno alla bella fontana subito alcuni si misero a danzare al suono della cornamusa di Tindaro, altri a cantare, accompagnati da altri strumenti. Alla fine la regina comandò a Filomena di cantare una canzone.
E Filomena cominciò a cantare un canto che ricordava la sua triste partenza dal luogo dove si trovava il suo innamorato. Sperava di ritornare presto colà e di ritrovarvi il suo signore, che l’aveva infiammata, il cui ricordo non le dava pace né giorno, né notte.Quella speranza dava conforto al suo animo dolente e le faceva ritrovare il suo equilibrio, al momento smarrito. Chiedeva al suo caro bene di dirle quando sarebbe giunto da lei. Il suo ritorno doveva essere immediato ed egli si doveva trattenere a lungo con lei, ferita da Amore. Ella l’avrebbe trattenuto , non l’avrebbe più fatto partire e avrebbe soddisfatto con i baci il suo desiderio. Altro non voleva dire, lo pregava di andare presto ad abbracciarla. Il solo pensiero del ritorno dell’uomo amato l’induceva a cantare.
La canzone fece pensare a tutta la brigata che Filomena avesse un nuovo amore.
Tanta era la felicità che emanava al vederla, che provocò l’invidia di alcuni dei presenti.
Finita la canzone, la regina si ricordò che il giorno seguente era venerdì. Allora disse a tutti che l’indomani era il giorno consacrato alla passione di Cristo. Per questo , seguendo l’esempio dato da Neifile quando era regina, si dovevano  astenere dal piacevole novellare, per dedicarsi alla preghiera, sia il venerdì che il sabato seguente,
ritenendo ciò utile per la salute delle loro anime.
Il devoto discorso della regina piacque a tutti che ,congedati, essendo già notte inoltrata, se ne andarono a riposare. 



















Finisce la Settima Giornata del Decameron ; incomincia l’Ottava ,nella quale, mentre è regina Lauretta, si ragiona di quelle beffe che ogni giorno o donna a uomo, o uomo a donna o l’uno uomo all’ altro si fanno.  








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