OTTAVA GIORNATA – NOVELLA N.1
Gulfardo si fa prestare dei soldi
da Guasparruolo, e essendosi accordato con la moglie di lui di giacere con lei,
le dà quei soldi; poi in presenza di lei dice a Guasparruolo che li aveva dati
a lei ed ella dice che è la verità.
Neifile volentieri incominciò a
dire che le piaceva raccontare di una beffa fatta da un uomo ad una donna, non
per biasimare ciò che l’uomo fece, ma per dimostrare che anche gli uomini
sapevano beffare chi credeva in loro, come erano beffati da coloro in cui
credevano.
Sicuramente ciò che stava per dire
non si sarebbe dovuto ritenere una beffa, ma una cosa meritata.
Infatti riteneva che la donna
avrebbe dovuto essere onestissima, ma, per la fragilità della sua natura,
doveva essere degna del fuoco colei che faceva l’amore per denaro, mentre
doveva meritare il perdono quella che compiva l’atto sessuale per amore. Tutti
conoscevano le forze grandissime di esso, come, appunto, aveva mostrato pochi
giorni prima Filostrato , raccontando di madonna Filippa in Prato.
Vi fu ,dunque, in Milano, un tempo,
un soldato mercenario tedesco, di nome Gulfardo, persona degna di rispetto e
assai leale con coloro di cui era al servizio, come di rado sono i tedeschi.
Egli lealmente restituiva i denari
che gli erano stati prestati, per questo facilmente trovava molti mercanti che
gli prestassero denari con un piccolo interesse.
Costui, dimorando a Milano, si
innamorò di una donna assai bella, chiamata madonna Ambrogia, moglie di un
ricco mercante ,di nome Guasparruolo Cagastraccio, che era suo buon conoscente
ed amico.
Senza che il marito, né altri se ne
accorgessero, un giorno le mandò a dire che era innamorato di lei, pregandola
di corrispondere al suo amore; avrebbe fatto tutto ciò che ella gli comandasse.
La donna, dopo aver parlato a
lungo, rispose che avrebbe fatto ciò che Gulfardo voleva se avesse ottenuto due
cose : l’una che nessuno doveva sapere niente; l’altra che egli, che era un
uomo ricco, doveva donarle duecento fiorini d’oro.
Gulfardo, udendo l’ingordigia della
donna, sdegnato per la bassezza di lei, trasformò quasi in odio l’amore che
provava e pensò di beffarla.
Le mandò a dire che, molto
volentieri, avrebbe fatto quello ed ogni altra cosa da lei chiesta.
Le fece domandare quando voleva che
andasse da lei, promettendo che avrebbe portato i soldi e non ne avrebbe
parlato con nessuno, ad eccezione di un suo compagno, di cui si fidava molto e
che lo accompagnava sempre.
La donna, anzi, la mala femmina,
udendo ciò fu contenta e gli mandò a dire che Guasparruolo, il marito, dopo
pochi giorni, doveva andare a Genova. Allora l’avrebbe fatto chiamare.
Gulfardo, al momento opportuno,
andò da Guasparruolo e gli chiese, per un suo affare, in prestito, duecento
fiorini d’oro, con l’interesse che chiedeva agli altri. Guasparruolo gli prestò
i denari, poi partì per Genova, come aveva detto la donna.
Ella subito fece chiamare Gulfardo
che, appena giunto, alla presenza del suo compagno, consegnò alla donna i
duecento fiorini d’oro e le disse “Madonna tenete questi denari e li darete a
vostro marito quando sarà tornato “.
La donna li prese, credette che
Gulfardo dicesse così per non far capire al compagno che erano il prezzo da lui
pagato per giacere con lei e rispose “Lo farò volentieri, ma voglio vedere
quanti sono”. Li versò sulla tavola, li contò e tutta contenta li conservò.
Poi tornò dall’uomo e, condottolo
nella sua camera, soddisfece ai suoi desideri non solo quella notte ma molte
altre, finchè il marito non ritornò da Genova.
Al ritorno di Guasparruolo,
Gulfardo andò da lui, che era insieme alla moglie ,e gli disse che i duecento
fiorini d’oro, che pochi giorni prima gli aveva prestati, non gli erano più
serviti per l’affare che doveva concludere. Li aveva dati a sua moglie, dunque
gli chiedeva di cancellare il debito.
Guasparruolo si rivolse alla moglie
e le chiese se aveva avuto i denari.
Ella, che vedeva lì il testimone,
non seppe negare e disse che li aveva avuti ,ma si era dimenticata di
dirglielo.
Guasparruolo rispose che era
contento e che Gulfardo poteva andare con Dio, perché il debito era stato
saldato.
Gulfardo partì e la donna,
scornata, dovette dare al marito il prezzo della sua cattiveria : e così
l’astuto amante godè dell’avara donna senza alcun costo.
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