mercoledì 18 marzo 2015

OTTAVA GIORNATA - NOVELLA N.1

OTTAVA GIORNATA – NOVELLA N.1

Gulfardo si fa prestare dei soldi da Guasparruolo, e essendosi accordato con la moglie di lui di giacere con lei, le dà quei soldi; poi in presenza di lei dice a Guasparruolo che li aveva dati a lei ed ella dice che è la verità.

Neifile volentieri incominciò a dire che le piaceva raccontare di una beffa fatta da un uomo ad una donna, non per biasimare ciò che l’uomo fece, ma per dimostrare che anche gli uomini sapevano beffare chi credeva in loro, come erano beffati da coloro in cui credevano.
Sicuramente ciò che stava per dire non si sarebbe dovuto ritenere una beffa, ma una cosa meritata.
Infatti riteneva che la donna avrebbe dovuto essere onestissima, ma, per la fragilità della sua natura, doveva essere degna del fuoco colei che faceva l’amore per denaro, mentre doveva meritare il perdono quella che compiva l’atto sessuale per amore. Tutti conoscevano le forze grandissime di esso, come, appunto, aveva mostrato pochi giorni prima Filostrato , raccontando di madonna Filippa in Prato.
Vi fu ,dunque, in Milano, un tempo, un soldato mercenario tedesco, di nome Gulfardo, persona degna di rispetto e assai leale con coloro di cui era al servizio, come di rado sono i tedeschi.
Egli lealmente restituiva i denari che gli erano stati prestati, per questo facilmente trovava molti mercanti che gli prestassero denari con un piccolo interesse.
Costui, dimorando a Milano, si innamorò di una donna assai bella, chiamata madonna Ambrogia, moglie di un ricco mercante ,di nome Guasparruolo Cagastraccio, che era suo buon conoscente ed amico.
Senza che il marito, né altri se ne accorgessero, un giorno le mandò a dire che era innamorato di lei, pregandola di corrispondere al suo amore; avrebbe fatto tutto ciò che ella gli comandasse.
La donna, dopo aver parlato a lungo, rispose che avrebbe fatto ciò che Gulfardo voleva se avesse ottenuto due cose : l’una che nessuno doveva sapere niente; l’altra che egli, che era un uomo ricco, doveva donarle duecento fiorini d’oro.
Gulfardo, udendo l’ingordigia della donna, sdegnato per la bassezza di lei, trasformò quasi in odio l’amore che provava e pensò di beffarla.
Le mandò a dire che, molto volentieri, avrebbe fatto quello ed ogni altra cosa da lei chiesta.
Le fece domandare quando voleva che andasse da lei, promettendo che avrebbe portato i soldi e non ne avrebbe parlato con nessuno, ad eccezione di un suo compagno, di cui si fidava molto e che lo accompagnava sempre.
La donna, anzi, la mala femmina, udendo ciò fu contenta e gli mandò a dire che Guasparruolo, il marito, dopo pochi giorni, doveva andare a Genova. Allora l’avrebbe fatto chiamare.
Gulfardo, al momento opportuno, andò da Guasparruolo e gli chiese, per un suo affare, in prestito, duecento fiorini d’oro, con l’interesse che chiedeva agli altri. Guasparruolo gli prestò i denari, poi partì per Genova, come aveva detto la donna.
Ella subito fece chiamare Gulfardo che, appena giunto, alla presenza del suo compagno, consegnò alla donna i duecento fiorini d’oro e le disse “Madonna tenete questi denari e li darete a vostro marito quando sarà tornato “.
La donna li prese, credette che Gulfardo dicesse così per non far capire al compagno che erano il prezzo da lui pagato per giacere con lei e rispose “Lo farò volentieri, ma voglio vedere quanti sono”. Li versò sulla tavola, li contò e tutta contenta li conservò.
Poi tornò dall’uomo e, condottolo nella sua camera, soddisfece ai suoi desideri non solo quella notte ma molte altre, finchè il marito non ritornò da Genova.
Al ritorno di Guasparruolo, Gulfardo andò da lui, che era insieme alla moglie ,e gli disse che i duecento fiorini d’oro, che pochi giorni prima gli aveva prestati, non gli erano più serviti per l’affare che doveva concludere. Li aveva dati a sua moglie, dunque gli chiedeva di cancellare il debito.
Guasparruolo si rivolse alla moglie e le chiese se aveva avuto i denari.
Ella, che vedeva lì il testimone, non seppe negare e disse che li aveva avuti ,ma si era dimenticata di dirglielo.
Guasparruolo rispose che era contento e che Gulfardo poteva andare con Dio, perché il debito era stato saldato.
Gulfardo partì e la donna, scornata, dovette dare al marito il prezzo della sua cattiveria : e così l’astuto amante godè dell’avara donna senza alcun costo.
                                                                                                          








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