giovedì 6 novembre 2014

SESTA GIORNATA - NOVELLA N.5

SESTA GIORNATA  -  NOVELLA N.5

Messer Forese da Rabatta e maestro Giotto , pittore, venendo dal Mugello, l’uno punge motteggiando l’aspetto smunto dell’altro.

Come Neifile tacque ,le donne mostrarono di essersi molto divertite per la risposta di Chichibio.
Subito Panfilo ,per volere della regina, si rivolse alle donne. Disse che spesso come la Fortuna nascondeva grandissimi tesori sotto vili arti, così la Natura nascondeva sotto uomini di aspetto bruttissimo meravigliosi ingegni. Il che si vedeva chiaramente in due cittadini fiorentini dei quali Panfilo voleva parlare.
L’uno si chiamava messer Forese da Rabatta, piccolo e sformato nel corpo, col viso piatto e cagnesco, che sarebbe sembrato orribile anche per uno qualsiasi dei Baronci, ma così esperto nelle leggi che fu ritenuto da molti uomini di cultura un vero pozzo di scienze.
L’altro, di nome Giotto, fu dotato di un ingegno tanto eccellente che sapeva dipingere ogni cosa data dalla natura ,creatrice e madre, con lo stilo o la penna o il pennello del tutto simile, che anzi sembrava proprio quella, tanto che quando gli uomini vedevano le cose dipinte da lui pensavano che fossero vere.
Giotto poteva essere ritenuto, a ragione, una delle luci della gloria fiorentina.
Aveva, infatti, ridato splendore all’arte del dipingere che , per molti secoli, era rimasta sepolta sotto gli errori di alcuni, che dipingevano per dilettare gli occhi degli ignoranti e non l’intelletto dei saggi. Era ancora più meritevole perché ottenne la gloria con grandissima umiltà, sempre rifiutando di essere chiamato maestro. Tale titolo, sebbene rifiutato, risplendeva in lui, mentre era desiderato e ambito da tanti altri che sapevano meno di lui. Ma, sebbene la sua arte fosse grandissima, egli non era nel corpo e nell’aspetto più bello di messer Forese.
Panfilo proseguì dicendo che , avendo messer Forese e Giotto dei possedimenti nel Mugello, messer Forese era andato a vedere i suoi, nel periodo estivo, durante le ferie.
Per caso, mentre andava su un ronzino, incontrò Giotto, il quale, avendo visitato le sue terre, se ne tornava a Firenze. Tutti e due, mal conciati, sia per la cavalcatura che per il resto, come due vecchi se ne andavano insieme, facendosi compagnia.
All’improvviso scoppiò un temporale, per sfuggire alla pioggia, più velocemente che potevano, si rifugiarono nella casa di un contadino loro amico e conoscente.
Dopo un certo tempo, poiché non smetteva di piovere e dovevano essere in giornata a Firenze, fattisi prestare due mantellacci vecchi e due cappelli molto consumati, ché migliori non ve ne erano, cominciarono a camminare. Camminarono per un po’ e si inzupparono tutti di fango per gli schizzi che i ronzini facevano con gli zoccoli, andando nelle pozzanghere; la qual cosa non accrebbe la loro rispettabilità.
Rischiaratosi il tempo, dopo un lungo silenzio, ricominciarono a parlare.
Messer Forese, cavalcando e ascoltando Giotto, che era un ottimo conversatore, cominciò a guardare il maestro dal capo ai piedi, dappertutto. Vedendolo così brutto e malridotto, senza pensare al proprio aspetto, cominciò a ridere e disse “ Giotto, tu pensi che, se, per caso, ci venisse incontro un forestiero che non ti avesse mai visto, crederebbe che tu sei il migliore pittore del mondo, come ,in realtà,  sei?”.
E Giotto, prontamente, gli rispose “Messere, forse che egli, guardando voi, potrebbe credere che sapete l’abicì?”. Udendo ciò messer Forese riconobbe il suo errore e si vide ripagato con la stessa moneta.




18 commenti:

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