sabato 6 aprile 2024

 



            L'AGRICOLTURA nella STORIA

           "ITALIA FELIX" e CURIOSITA'

                      Dodicesima puntata

Della sua ricca produzione letteraria ci parla il nipote PLINIO IL GIOVANE, che, frattanto, si è avvicinato a noi e partecipa alla conversazione. Ci dice che è nato a Como, nel 61, da una ricca famiglia equestre. E' rimasto orfano di padre a soli nove anni. E' stato adottato dallo zio Plinio il Vecchio, al quale è rimasto molto legato. Venuto a Roma, ha ricoperto molte cariche pubbliche, finché è giunto al consolato. Delle opere di PLINIO la principale è L'EPISTOLARIO, che consta di 10 libri, dei quali i primi nove sono costituiti da lettere agli amici, il decimo contiene la corrispondenza con Traiano, durante il governo di Plinio nella Bitinia.

 Plinio ci racconta un episodio che fa parte dell'Epistolario e merita di essere conosciuto per la sua originalità e perché riguarda l'amore per la natura marina. " IL DELFINO d'IPPONA"- C. Plinio al caro Caninio. <<C'è, in Africa, la colonia d'Ippona, vicino al mare. Si stende vicino ad essa un lago navigabile: da questo, a guisa di un fiume, esce un canale, il quale, alternativamente, a seconda che la marea lo frena o lo sospinge, ora si versa in mare, ora ritorna nel lago. Qui, gente di ogni età è presa dal desiderio di pescare, di navigare e, anche, di nuotare, soprattutto i ragazzi. Per costoro è vanto e merito inoltrarsi, quanto più possibile, in alto mare; vince colui che lascia il più dietro possibile sia il lido, sia i compagni di nuoto. In questa gara un fanciullo, più coraggioso degli altri, cercava di spingersi più avanti. Gli venne incontro un delfino, ed ora precedeva il fanciullo, ora lo seguiva, ora gli girava intorno, infine lo prendeva in groppa, lo metteva giù, lo prendeva di nuovo e lo portava tremante prima in alto mare, poi, si volge alla spiaggia e restituisce il fanciullo alla terraferma e ai suoi compagni. La nuova si sparge per la colonia: tutti accorrevano, guardavano il fanciullo stesso come una cosa strana, lo interrogavano, lo ascoltavano, raccontavano ad altri. Il giorno dopo affollano la spiaggia, guardano il mare e ciò che ha parvenza di mare. I ragazzi si mettono a nuotare, tra costoro vi è quello, ma avanza con maggior cautela. Il delfino, alla stessa ora, va di nuovo dal fanciullo. Egli fugge con tutti gli altri. Il delfino, come se lo invitasse, lo richiamasse, balza fuori, s'immerge, fa e disfa' diverse giravolte. E ciò al secondo giorno, al terzo, per più giorni, finché la vergogna della paura subentrò in quella gente, cresciuta in mare. Gli si accostano, giocano insieme, lo chiamano, lo toccano persino, lo accarezzano mentre si offriva loro. Provando e riprovando, cresce il loro coraggio. Specialmente il fanciullo ,che per primo lo provò, nuota accanto a lui, che nuota, gli salta sul dorso, è portato e riportato indietro, crede di essere da lui riconosciuto, di essere benvoluto, egli stesso gli vuole bene; nessuno dei due ha paura, nessuno dei due fa paura: aumenta la fiducia di questo, la dimestichezza di quello. Ed anche gli altri fanciulli, a destra e a sinistra, vanno insieme dando avvisi e incoraggiamenti. Andava insieme, (anche questo è strano), un altro delfino, ma solamente come spettatore e compagno. infatti non faceva né si lasciava fare niente di simile, ma accompagnava e riaccompagnava indietro quell'altro, come gli altri fanciulli accompagnavano e riaccompagnavano quel fanciullo. E' tuttavia tanto vero quanto i fatti precedenti, che quel delfino che portava i ragazzi e giocava con loro, era anche solito venire sulla spiaggia e, asciugatosi con la sabbia, appena si era riscaldato, si rituffava. Costa che Ottaviano Avito, luogotenente del proconsole, per una sciocca superstizione, versò un unguento sopra il delfino uscito sulla spiaggia e che esso fuggì il suo insolito odore immergendosi in alto mare, né fu più visto se non dopo molti giorni, languido e mesto, e che ritornategli le forze, ripigliò la precedente gaiezza e i soliti gesti. Accorrevano allo spettacolo tutti i magistrati, per la cui venuta e permanenza il piccolo Comune era rovinato dalle nuove spese. infine, il luogo stesso veniva a perdere la sua tranquillità e solitudine. Fu deciso di uccidere di nascosto l'animale, al quale tutti accorrevano> (epist. IX, 33).( F.Villa, C.Piazzino. Maiorum Sermo. V.II Ed. Paravia).                               

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