giovedì 1 ottobre 2015

NONA GIORNATA - NOVELLA N.10

NONA GIORNATA – NOVELLA N.10

Don Gianni, su richiesta di compare Pietro, fa un incantesimo per far diventare la moglie una cavalla; quando va ad attaccare la coda, compare Pietro, dicendo che non voleva la coda, guasta tutto l’incantesimo.

La novella raccontata dalla regina fece mormorare le donne e ridere i giovani.
Quando finirono le risate, Dioneo cominciò a parlare. Egli disse che, come tra tante colombe bianche aggiungeva maggiore bellezza un nero corvo piuttosto che un candido cigno, così tra molti saggi accresceva bellezza alla loro saggezza un uomo poco saggio, portando divertimento e allegria. Perciò, essendo tutte loro molto discrete e attente, egli, che si sentiva alquanto scemo, faceva risplendere la loro virtù molto più che se fosse stato molto sapiente.Di conseguenza aveva grande libertà di dimostrare la sua stupidità e doveva essere sostenuto da loro, in quello che stava per dire, molto più che se fosse stato saggio.
Avrebbe raccontato una novella non troppo lunga, dalla quale avrebbero compreso come bisognava osservare diligentemente le cose imposte da coloro che facevano gli incantesimi e come ogni piccolo errore commesso guastasse ogni cosa fatta dall’incantatore.
L’anno precedente c’era stato a Barletta un prete, chiamato don Gianni di Bardo,il quale, poiché aveva una chiesa povera, per sostenersi, con una cavalla ,cominciò a portare mercanzia di qua e di là per le fiere della Puglia e a comprare e a vendere.
Nel suo andare diventò amico di un tale, che si chiamava Pietro da Tresanti, che con un asino faceva il suo stesso mestiere. Lo chiamava compare Pietro in segno di amicizia, alla maniera pugliese.
Tutte le volte che arrivava a Barletta, lo conduceva alla sua chiesa, lo ospitava e lo onorava come poteva.
Compare Pietro, dal canto suo, pur essendo poverissimo e avendo una piccola casetta a Tresanti, appena sufficiente per lui, la sua bella e giovane moglie e il suo asino, ogni volta che don Gianni capitava in paese, lo conduceva a casa sua e lo onorava, per ricambiare l’ospitalità che riceveva a Barletta.
Purtroppo non poteva ospitarlo come avrebbe voluto perché aveva solo un lettino, nel quale dormiva con la moglie. Aveva, però ,una stalletta dove veniva alloggiata, accanto all’asino ,la cavalla di don Gianni, il quale, a fianco a lei, giaceva sopra un po’ di paglia.
La moglie, sapendo dell’ospitalità che il prete offriva al marito a Barletta, spesse volte, quando il religioso andava da loro, voleva andarsene a dormire da una sua vicina, di nome Zita Carapresa di Giudice Leo, perché il prete dormisse con il marito nel letto. L’aveva detto tante volte a don Gianni, ma egli non aveva mai voluto.
Una volta il prete le disse “ Comare Gemmata, non ti preoccupare per me,perché io sto bene. Infatti, quando mi piace, faccio diventare questa cavalla una bella fanciulla e sto con lei, poi, quando voglio la faccio diventare nuovamente cavalla; per questo non mi allontanerei mai da lei”.
La donna si meravigliò ma ci credette e lo disse al marito. Aggiunse “ Se egli è amico tuo, come dici, perché non ti fai insegnare questo incantesimo, in modo da far diventare me cavalla e fare il tuo lavoro con l’asino e la cavalla?  guadagneremo il doppio e poi, quando ritorneremo a casa, mi potresti far ridiventare femmina, come sono”.
Compare Pietro, che era un sempliciotto, le credette, fu d’accordo e , come meglio seppe, cominciò a chiedere a Don Gianni di insegnargli quella cosa.
Don Gianni cercò di allontanare il compare da quella sciocchezza, ma, non riuscendovi, disse “ Visto che voi insistete, domani mattina ci alzeremo, come facciamo di solito, prima del giorno, e vi mostrerò come si fa.
La cosa più difficile in questo incantesimo è attaccare la coda, come tu vedrai”.
Compare Pietro e comare Gemmata dormirono appena, tale era l’ansia con cui aspettavano questo fatto.
Come il giorno fu vicino, si alzarono e chiamarono don Gianni, il quale, ancora in camicia, andò nella cameretta di compar Pietro e disse “ Non c’è nessuna persona al mondo per cui farei ciò se non per voi, ma visto che a voi piace, io lo farò. Dovete, però, fare tutto ciò che vi dirò, se volete che l’incantesimo avvenga ”.
Essi promisero che avrebbero fatto tutto ciò che egli diceva.
Dunque, don Gianni, preso il lume, lo pose in mano a compar Pietro e gli disse “ Guarda bene come farò e tieni bene a mente come dirò; guardati bene, se non vuoi guastare ogni cosa, dal dire una sola parola, qualunque cosa tu veda o oda. E prega Dio che la coda si attacchi bene”.
Il sempliciotto, preso il lume, promise che così avrebbe fatto.
Poco dopo, don Gianni fece spogliare nuda comare Gemmata e la fece stare con le mani e i piedi per terra, come stavano le cavalle, ammaestrandola, come aveva fatto col marito, che non dicesse una sola parola, qualunque cosa avvenisse.
Poi, toccandole con le mani il viso e la testa, cominciò a dire “ Questa sia una bella testa di cavalla” e, poi, toccandole i capelli ,disse “ Questi siano bei crini di cavalla” e, poi, toccandole le braccia, disse “  Questi siano belle gambe e bei piedi di cavalla” e ,poi, toccandole il petto e trovandolo sodo e tondo, ebbe un’erezione ( si svegliò il pene senza essere chiamato) non prevista, si alzò e disse “ E questo sia bel petto di cavalla”. E così fece alla schiena e al ventre e alle natiche e alle cosce e alle gambe.
Infine non gli restava da fare altro che la coda.Si levò la camicia e preso il piuolo col quale si piantavano gli uomini, subito lo mise nel solco fatto per quel motivo e disse “ E questa è una bella coda di cavalla”.
Compar Pietro, che aveva, fino ad allora, guardato attentamente ogni cosa, vedendo quell’ultima e non sembrandogli fatta bene, disse “ O don Gianni, io non voglio la coda,io non voglio la coda”.
Era già fuoriuscito il liquido che fa attecchire tutte le piante, quando don Gianni, tirato indietro il piuolo, disse  “Oimè, compar Pietro, che hai fatto? Non ti dissi di non proferir parola ,qualunque cosa vedessi? La cavalla stava per esser fatta, ma tu parlando hai rovinato ogni cosa, e ormai non si potrà fare mai più”.
Compare Pietro di rimando “ Mi sta bene, io non volevo quella coda lì. La stavate attaccando troppo bassa”.
Don Gianni rispose “ Perché tu, per la prima volta, non l’avresti saputa appiccicare come me”.
La giovane, udendo quelle parole, si alzò in piedi e, ingenuamente, disse al marito “ Bestia che sei, perché hai guastato i fatti tuoi e miei? Quale cavalla vedesti mai senza coda? Se Dio mi aiuta, tu sei povero, ma dovresti esserlo ancora di più”.
Non essendo più possibile farla diventare cavalla, per le parole che aveva detto compare Pietro, ella addolorata e malinconica, si rivestì . Compare Pietro continuò a fare il suo mestiere, come al solito, con il suo asino.
Con don Gianni andò alla fiera di Bitonto e non gli chiese mai più di fargli un tale incantesimo. 







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