giovedì 29 ottobre 2015

DECIMA GIORNATA - NOVELLA N.3

DECIMA GIORNATA – NOVELLA N.3

Mitridanes, invidioso della cortesia di Natan, va da lui per ucciderlo. Senza conoscerlo si imbatte in lui e, informato dallo stesso Natan sul modo, lo trova in un boschetto, come aveva stabilito; riconoscendolo si vergogna e diviene suo amico.

A tutti sembrò di aver udito una cosa simile ad un miracolo e cioè che un religioso avesse compiuto una cosa con magnificenza.
Terminati i ragionamenti delle donne, il re comandò a Filostrato che continuasse.
Il giovane, prontamente, incominciò dicendo che grande era stata la magnificenza del re di Spagna e, cosa mai udita prima, quella dell’abate di Cluny. Ma non meno meraviglioso sarebbe sembrato loro udire che un uomo , per liberalità, dispose di offrire il proprio sangue, anzi il proprio respiro ad un altro, che lo desiderava, e l’avrebbe fatto se l’altro l’avesse voluto, così come il narratore intendeva dimostrare con la sua favoletta.
Era certissimo, se si prestava fede ad alcuni genovesi che erano stati in quei luoghi, che nel Catai ci fu, un tempo, un uomo di origini nobili, ricchissimo, chiamato Natan. Dimorava vicino a una strada per la quale necessariamente dovevano passare sia quelli che da Ponente volevano andare verso Levante, sia quelli che andavano da Levante verso Ponente.
Poichè era di animo grande e liberale e desiderava essere conosciuto per le sue azioni, avendo presso di sé molti artigiani, fece costruire, in pochissimo tempo, uno dei più belli e ricchi palazzi che si fossero mai visti.
In esso fece porre tutte le cose utili per ricevere e onorare i gentiluomini. E accoglieva e onorava cortesemente, con il suo numeroso seguito, con garbo e con feste, chiunque passava di lì.
E seguì quella abitudine per molto tempo, tanto che divenne famoso non solamente al Levante, ma in quasi tutto il Ponente.
Egli era già pieno di anni, ma non si era ancora stancato di fare cortesie, quando la sua fama giunse alle orecchie di un giovane chiamato Mitridanes, di un paese non lontano dal suo.
Il giovane si sentiva non meno ricco di Natan ed era diventato invidioso della fama e della virtù del vecchio.
Si propose, perciò, di annullare o di offuscare con la sua liberalità quella di Natan.
Fece costruire, dunque, un palazzo simile a quello di Natan, cominciò a fare cortesie a chiunque passava di lì ed in poco tempo divenne molto famoso.
Un giorno, mentre se ne stava tutto solo nella corte del suo palazzo, una femminetta, entrata da una delle porte del palazzo, gli chiese l’elemosina e la ebbe; ritornò per una seconda porta e la ebbe; continuò ad andare ed ancora l’ebbe, finchè non giunse alla dodicesima porta.
Quando tornò per la tredicesima volta, Mitridanes le disse “ Buona donna, tu sei molto zelante nella tua richiesta”. Nonostante ciò fece l’elemosina.
La vecchierella, udite quelle parole, disse “ O liberalità di Natan, quanto sei meravigliosa ! Per le trentadue porte che ha il suo palazzo, così come questo, io sono entrata per chiedergli l’elemosina.  Egli non dimostrò mai di avermi riconosciuta e sempre me la diede. Qui sono venuta solo per tredici volte e mi hai riconosciuta e rimproverata”. Così dicendo partì e non ritornò più.
Mitridanes, udite le parole della vecchia, ritenne che ogni elogio rivolto alla fama di Natan sminuisse la sua. Preso dall’ira cominciò a chiedersi quali grandi cose potesse fare per superare la liberalità di Natan, se non gli si poteva avvicinare neppure nelle piccole. Pensò che l’unico modo era di toglierlo dalla terra.
Visto che la vecchiaia non se lo portava via, doveva provvedere personalmente, con le sue stesse mani, senza indugiare.
Presa questa decisione, senza comunicarla a nessuno, montato a cavallo con pochi uomini, dopo tre giorni giunse dove abitava Natan.
Ordinò ai compagni di stabilirsi lì fino a nuovo ordine e di fingere di non conoscerlo.
Poi, rimasto solo, sul far della sera, giunse vicino al bel palazzo e trovò Natan, tutto solo, che, vestito modestamente, se ne andava a passeggio. A lui ,non conoscendolo, chiese dove abitava Natan.
Natan, lietamente,rispose che ,in quella zona, nessuno lo sapeva meglio di lui, perciò ce l’avrebbe subito condotto.
Il giovane lo ringraziò, precisando che non voleva esser visto, né conosciuto da Natan.
L’uomo lo rassicurò che così avrebbe fatto, se gli piaceva.
Smontato il giovane da cavallo, entrambi se ne andarono fino al bel palazzo di Natan, conversando molto piacevolmente.
Ivi giunti ,Natan fece prendere da un suo servitore il cavalli di Mitridanes, gli si accostò all’orecchio e gli ordinò di non svelare al giovane la sua identità. Tale ordine fu dato a tutti gli abitanti del palazzo.
Entrati nel palazzo, alloggiò Mitridanes in una bellissima camera, servito da pochi, dove nessuno lo vedeva, lo fece onorare ed egli stesso gli tenne compagnia.
Mentre stavano insieme, il giovane, con la reverenza dovuta a un padre, gli domandò chi egli fosse.
Il vecchio rispose che era un umile servitore di Natan, che era stato al servizio di lui fin dalla fanciullezza ed era invecchiato con lui,né il padrone lo aveva mai fatto salire di grado; perciò se ogni altro uomo lo poteva lodare, egli non lo poteva fare.
Le parole da lui dette fecero nascere in Mitridanes la speranza di poter avere un consiglio e un aiuto per attuare la sua intenzione.
A lui, cortesemente, Natan domandò chi fosse e per quale motivo fosse andato fin lì. Gli promise di aiutarlo per quanto potesse.
Mitridanes indugiò un po’ a rispondergli, infine decise di fidarsi di lui e con un lungo giro di parole chiese la sua fiducia, il suo consiglio e il suo aiuto.
Poi gli disse chi era,perché era venuto ed, infine, gli svelò ogni cosa.
Natan, udendo i ragionamenti e le crudeli intenzioni del giovane, impallidì, ma, senza indugio, con coraggio e con fermezza ,gli rispose “ Mitridanes, tuo padre fu un nobile uomo, dal quale tu non ti discosti, volendo compiere una così alta impresa, cioè di essere generoso e liberale con tutti.
Molto apprezzo l’invidia che provi per la virtù di Natan, perché se ci fossero molte invidie del genere nel mondo, che è miserissimo, esso diventerebbe molto migliore.
Terrò nascosto a tutti quello che intendi fare, ma ti posso dare un consiglio molto utile, che è questo. Puoi vedere, a circa mezzo miglio da qui, un boschetto, nel quale Natan si reca quasi tutte le mattine ,da solo, per passeggiare a lungo, quindi è cosa facile per te trovarlo e fare quello che vuoi.
Se lo uccidi, perché tu possa ritornare a casa tua senza difficoltà, devi andare non per la via dalla quale venisti, ma per quella che vedi uscir fuori dal bosco a sinistra. Quella, infatti, è un po’ meno selvaggia, più vicina a casa tua e per te più sicura”.
Mitridanes, ricevuta l’informazione ed essendosi Natan allontanato, mandò a dire, cautamente, ai suoi compagni dove lo dovessero aspettare il giorno seguente.
Quando giunse il nuovo giorno, dal canto suo, Natan, non avendo mutato il consiglio dato al giovane, se ne andò al boschetto per morire.
Mitridanes, presi l’arco e la spada, montato a cavallo, andò al boschetto e vide Natan che passeggiava, solo soletto. Decise di volerlo vedere e sentir parlare, prima di ucciderlo. Corse verso di lui, lo prese per la benda che aveva sul capo e disse “ Vegliardo ,sei morto”.
Natan rispose soltanto “ Dunque l’ho meritato”.
Il giovane, udita la voce, lo guardò e subito riconobbe che era colui che l’aveva accompagnato familiarmente e fedelmente consigliato. Perciò la sua ira e il suo furore caddero e si convertirono in vergogna.
Gettò la spada, che aveva sguainato per ferirlo, smontò da cavallo e, piangendo, si gettò ai piedi di Natan e disse “Riconosco, carissimo padre, la vostra liberarità, considerando con quanta prudenza siete venuto a darmi il vostro spirito che io, senza alcuna ragione, desideravo avere.
Ma Dio, più attento al mio bene che io stesso,al momento opportuno ,mi ha aperto gli occhi, che la misera invidia mi aveva serrati. Quanto più considero che voi siete stato pronto a compiacermi, tanto più mi riconosco debitore della penitenza per il mio errore.
Dunque, prendete su di me la vendetta che considerate giusta per il mio peccato”.
Natan lo fece alzare in piedi, teneramente lo abbracciò e baciò e gli disse “ Figlio mio, la tua impresa ,che vuoi chiamare malvagia o altrimenti, non deve essere perdonata, perché la volevi attuare non per odio ma per essere ritenuto migliore. Vivi ,dunque, sicuro del mio affetto e sappi con certezza che non vive nessun uomo che ti ami quanto ti amo io. Ho riguardo per la nobiltà del tuo animo, il quale si è dedicato non nell’ammassar denari, come fanno i miseri, ma a spendere quelli ammassati.
Non ti vergognare di aver desiderato di uccidermi per divenire famoso e non pensare che mi meravigli.
Gli imperatori e i re non hanno quasi altra arte ( compito) che uccidere, non un solo uomo,come volevi tu, ma infiniti, ed ardere paesi e abbattere città, per ampliare i loro regni e, di conseguenza, la loro fama.
Perciò, se, per diventare famoso, volevi uccidere un solo uomo, non facevi una cosa straordinaria, né nuova, ma una cosa fatta molto spesso”.
Mitridanes ,non scusando il suo perverso desiderio, ma apprezzando la scusa trovata dal saggio per esso, alla fine aggiunse che si meravigliava molto che Natan fosse disposto a morire e gli avesse consigliato come fare per ucciderlo.
E Natan rispose “Mitridanes, non voglio che ti meravigli della mia libera decisione di aiutarti a fare quello che avevi deciso. Nessuno capitò mai a casa mia che non fosse accontentato da me nelle sue richieste.
Venisti tu, desideroso della mia vita, ed io , sentendotela chiedere, decisi di donartela, affinchè tu non fossi l’unico ad allontanarti senza aver ottenuto ciò che chiedevi. Perciò ti diedi il consiglio utile a prendere la mia vita e a non perdere la tua.
Ancora adesso ti dico e ti prego di prenderla, se ti piace. Io non so come spenderla meglio. L’ho adoperata già per ottanta anni e l’ho usata nelle cose che mi piacevano e mi davano consolazione.
So bene che, seguendo il corso della natura, come avviene per gli uomini e per le altre cose, essa mi può essere lasciata, ormai, per poco tempo. Ritengo, dunque, preferibile donarla a te, come ho sempre donato e speso tutti i miei tesori, che conservarla fino a quando, contro la mia volontà, mi mi sarà tolta dalla natura.
E’ un piccolo dono donare cento anni, ancora più piccolo donarne sette o otto, che possa ancora avere.
Prendila, se ti piace, te ne prego. Mentre sono vissuto, non ho mai trovato nessuno che la desiderasse, e non so quando potrò trovare un altro, se non la prendi tu che me la chiedi. Seppure dovessi trovare qualcuno che me la chieda, quanto più tempo  passa, tanto più essa perderà di valore. Perciò, prima che divenga più vile, prendila tu, te ne prego”.
Mitridanes , vergognandosi, gli rispose che solo Dio poteva togliere a Natan una cosa così cara com’era la sua vita, che egli non desiderava più come prima.Aggiunse che , se avesse potuto, avrebbe aggiunto gli anni di Natan ai suoi.
Subito Natan disse “ Vuoi veramente aggiungere i miei anni ai tuoi? E vuoi permettere a me di prendere le tue cose, il che, cioè prendere le cose altrui, io non feci mai? “.
Immediatamente Mitridanes rispose di si.
“ Dunque” disse Natan “ farai come ti dico. Tu, giovane come sei, resterai qui, nella mia casa e ti chiamerai Natan, io me ne andrò nella tua e mi farò chiamare Mitridanes”.
Allora il giovane rispose “ Se io sapessi operare bene come voi fate e avete fatto, prenderei, senza pensarci troppo, quello che mi offrite. Ma temo che le mie opere potrebbero diminuire la fama di Natan ed io non voglio guastare negli altri ciò che non so aggiustare in me. Dunque non accetterò”.   
Dopo aver molto piacevolmente discusso, ritornarono al palazzo.
Lì Natan ospitò con grandi onori ,per molti giorni, Mitridanes, spingendolo col suo ingegno e il suo sapere verso nobili obiettivi.
Alla fine ,Mitridanes ,ormai consapevole che non avrebbe mai potuto superare Natan in liberalità, decise di ritornare a casa.

      
 



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