NONA GIORNATA – CONCLUSIONE
Quanto ridessero di quella novella le
donne, che l’avevano compresa meglio di quel che Dioneo voleva, si poteva
immaginare.
Ma, essendo finite le novelle e già
incominciando ad intiepidire il sole, la regina, essendo giunta la fine della
sua signoria, si alzò in piedi, si tolse la corona e la pose in testa a
Panfilo.
Rivolta al giovane,disse “ Signor mio,
ti resta un compito difficile, essendo tu l’ultimo: cioè di correggere i difetto
miei e degli altri che hanno rivestito l’incarico che tu ora ricopri. Che Dio
ti aiuti, come ha aiutato me nel farti re “.
Panfilo lietamente ricevette
l’incarico e, secondo il costume dei suoi predecessori, dispose con il
siniscalco le cose che era opportuno fare.
Poi si rivolse alle donne che
aspettavano e disse “Donne innamorate, Emilia, nostra regina, in questo giorno,
per farvi riposare, vi ha lasciato libere di novellare su ciò che più vi
piacesse. Ritengo che ora sia bene ritornare alla legge stabilita e , perciò,
voglio che domani ciascuna di voi pensi di ragionare su questo tema : e cioè di
chi liberalmente e magnificamente facesse qualcosa sia intorno a fatti d’amore
che ad altra cosa.
Sicuramente questo tema troverà i
vostri animi ben disposti ad operare con impegno. Tutto ciò ci porterà lodevole
fama, perché la vita nel corpo mortale non può che essere breve, ma essa
continuerà nella fama. Fama che deve desiderare e cercare con attenzione ognuno
che non serve soltanto al ventre, come fanno le bestie”.
Il tema piacque all’allegra
brigata.
Poi, col permesso del re, tutti si
alzarono e fecero ciò che preferivano fino all’ora di cena. Dopo cena si
dedicarono ai soliti balli e cantarono mille canzonette divertenti.
Infine, il re ordinò a Neifile di
cantare una canzone in suo onore ed ella ,con voce chiara e lieta, subito
iniziò a cantare una canzone d’amore:
“Io sono una giovinetta , e
volentieri
in primavera, sono allegra e canto,
spinta dall’amore e dai dolci pensieri.
Io me ne vò per i verdi prati,
guardando
i fiori bianchi, gialli e vermigli,
le rose con le loro spine e i
bianchi gigli,
e ,tutti quanti, li paragono
al viso di colui che amandomi
mi ha presa e terrà per sempre,
come colei
che desidera più di ogni altra.
Tra quei fiori, quando ne trovo
uno,che sia
a mio parere, bello come lui,
lo colgo, lo bacio e gli parlo;
come so fare ,gli apro la mia anima
e ciò che il cuore desidera;
poi ne faccio una ghirlandetta
e lo lego ai miei capelli biondi e
leggeri.
Il guardare il fiore, con la sua
naturale bellezza,
mi procura un piacere come quello
che proverei se vedessi la persona
che mi ha fatta ardere con il suo
amore:
la sensazione che mi provoca il suo
profumo
non la posso esprimere con le
parole,
ma ne sono testimoni i miei
sospiri.
Tali sospiri non escono mai dal mio
petto
aspri e gravi,come dal petto delle
altre donne,
ma vengono fuori caldi e soavi
e vanno al cospetto del mio amore,
il quale, come li avverte, si muove
verso di me,
proprio quando comincio a disperarmi”.
Molti furono i commenti sulla
canzone da parte del re e delle donne.Subito dopo, essendo già trascorsa buona
parte della notte, il re comandò che ciascuno andasse a riposare fino al
giorno.
Finisce la Nona giornata del
Decameron: incomincia la Decima e ultima, nella quale, mentre è re Panfilo, si
ragiona di chi operò con liberalità e magnanimità nelle imprese amorose o in
altre cose.
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